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Il quartier generale di Intel a Santa Clara in California

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Il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, ha deciso di far valere la propria autorevolezza nelle trattative avviate con Intel per tentare di convincere la multinazionale statunitense di microelettronica (produce dispositivi a semiconduttore, microprocessori, componenti di rete e circuiti integrati con un fatturato stimato nel 2021 di 77,7 miliardi di dollari e 106mila dipendenti) ad investire in Italia per la realizzazione di un impianto all’avanguardia nella produzione di microchip.

E ha mandato in avanscoperta il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che nei giorni scorsi si è recato in visita negli Stati Uniti e dopo aver avuto un’interlocuzione con il management del colosso di Santa Clara (California) ha rassicurato che Intel considera l’Italia una candidata potenziale dove realizzare l’impianto di assemblaggio di microchip, ma aspetta di conoscere quali potrebbero essere le contropartite sotto forma di incentivi offerti dal nostro Paese. «La trattativa c’è, abbiamo avuto una serie di incontri, ma la riservatezza aiuta in questi casi», ha detto il responsabile del Mise.

Per fare in modo che l’operazione vada in porto, il governo si prepara a mettere sul piatto un “pacchetto” di incentivi e facilities. In particolare sarebbe disponibile a finanziare una parte dell’investimento, offrendo condizioni particolarmente vantaggiose per quanto riguarda i costi del lavoro e quelli dell’energia, due fattori questi che possono rivelarsi determinanti nella decisione finale di Intel.

«Il governo sta preparando un’offerta molto dettagliata con l’obiettivo di concludere e arrivare ad un accordo entro la fine dell’anno», rivela una fonte del Mise che ha voluto mantenere il riserbo. «Le discussioni con Intel sono già in una fase avanzata. Non c’è ancora nessun accordo, ma se il governo lavora molto ha buone possibilità di portare l’impianto in Italia».

Sono due i siti potenziali in competizione per aggiudicarsi un investimento che, secondo le prime stime, ammonterebbe a quattro miliardi di euro ma potrebbe arrivare addirittura ad otto occupando direttamente 1.000 persone e alcune centinaia nell’indotto: Mirafiori, nei pressi di Torino, o Catania.

Nelle ultime ore, però, si starebbe facendo strada l’ipotesi che l’investimento, se la società americana lo confermasse, possa essere suddiviso tra le due location: lo stabilimento di assemblaggio verrebbe realizzato a Catania, mentre il centro di ricerca e sviluppo sarebbe ospitato a Torino.  

A Mirafiori opera l’industria Fiat Chrysler Automobiles – FCA (Stellantis), quarto gruppo automobilistico a livello mondiale, mentre a Catania c’è lo stabilimento della STMicroelectronics, la multinazionale italo-francese di microelettronica, “cuore” pulsante di un centro tecnologico all’avanguardia (occupa 6mila addetti, indotto compreso) che darà vita a breve ad un investimento che vale un miliardo di dollari (circa 864, 825 milioni di euro).  

Per il sindaco di Catania, Salvo Pogliese la presenza di aziende di alta qualità nel campo delle tecnologie, come la ST ed Enel Green Power, l’Università che forma ottime figure professionali, centri di ricerca, un terreno immediatamente disponibile se riconosciuto coerente con le experties dell’azienda all’interno di un’area industriale in corso di ammodernamento, fanno sì che il territorio offra oggi tutti i fattori che possono contribuire a rendere competitivo un insediamento produttivo. «La nostra amministrazione è a disposizione di chiunque sia pronto ad investire in modo serio nel nostro territorio. In 24 ore dalla richiesta il Comune è in grado di concedere il permesso di costruire. Da questo punto di vista il nostro Comune è un esempio di best practis a livello nazionale».

«Se un colosso dell’hi-tech è pronto ad investire in Italia, con un progetto ambizioso che darà impulso all’economia e all’occupazione, a decidere non può essere la solita logica che privilegia il Nord a discapito del Sud. Nel pieno della progettualità di una ripartenza, che non può certo essere a due velocità o, peggio, azzoppata sul nascere, non si può continuare con la politica assistenzialista che ha sempre mortificato il Mezzogiorno», avverte il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci.

L’investimento di Intel intende rispondere alla crescente domanda di microchip, in particolare per il settore automotive. A causa della crisi dei microchip le più importanti case di produzione automobilistica hanno dovuto ridurre la produzione e, di conseguenza, le vendite dal 2020 ad oggi: Toyota, Mercedes, Mazda, Volkswagen, Stellantis, Ford, Renault, Nissan, General Motors, sono state costrette a rallentare la produzione, in alcuni casi a fermare gli impianti per alcuni giorni o settimane, subendo gravi danni economici. Secondo quanto riportato dalla società di analisi AlixPartners, la crisi globale del settore dei veicoli leggeri comporterà una perdita pari a 210 miliardi di dollari (181, 3785 milioni di euro) con una mancata produzione di 7,7 milioni di auto.


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Stefano Mandarano

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