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LA Pandemia presenta il conto. Salato. Un buco da 22,8 miliardi di euro nelle casse degli enti locali italiani. Un salasso fuori controllo che peserà sui bilanci per il prossimo decennio. Il prezzo più caro lo pagheranno i comuni, una cambiale in bianco da pagare. Ad avventurarsi nel rosso dei nostri enti locali è il Comitato delle Regioni dell’unione Europa che nel corso della settimana dedicata appunto agli enti locali europei ha presentato le stime del suo ultimo barometro.
L’impronta lasciata nel 2020 dal Covid sulle amministrazioni locali del nostro Paese. Un duplice effetto: le maggiori spese da sostenere per far fronte all’emergenza e le mancate entrate dovute alla crisi. Un colpo al mento e l’altro allo stomaco. Due colpi da KO che avrebbero steso un bisonte. Il resto lo hanno fatto gli sprechi di una sanità gestita in 20 diverse modalità.
EFFETTO FORBICE
Unica, se così si può dire, consolazione, c’è chi ha fatto peggio di noi. La perdita più alta in termini assoluti è infatti della Germania, dove Laender e città hanno fatto segnare un -112 miliardi.
Nel caso tedesco però va detto che il Covid ha pesato soprattutto sulle spalle delle Municipalità urbane e regionali. In gergo si chiama “‘effetto forbice”. per gli enti locali vale 180 miliardi di euro, pari alla somma delle maggiori spese dovute alla pandemia (125 miliardi) e delle mancate entrate (55 miliardi). Tutto questo, ha avvertito il presidente del Comitato, Apostolos Tzitzikostas, “potrebbe portare a tagliare i servizi pubblici, a meno che non arrivino urgentemente più risorse da fondi europei e nazionali per sostenere progetti e programmi locali”.
L’allarme riguarda tutta l’Unione europea. Se le casse delle amministrazioni italiane, che rischiano un buco di 23 miliardi di euro, hanno perso circa il 9% delle entrate, in termini relativi le perdite maggiori si sono registrate a Cipro (25%), Bulgaria e Germania (15%). Mentre le più contenute in Romania, Danimarca, Grecia, Ungheria ed Estonia (non oltre il 2%). Nel grafico della crisi, la curva più discendente riguarda l’occupazione e avrà un impatto devastante sulla dimensione sociale, colpendo in particolar modo i giovani e i lavoratori poco qualificati del nostro Mezzogiorno.
È appena il caso di ricordare che nel 2020, si è registrato un calo particolarmente marcato nell’occupazione giovanile. Tra i giovani il tasso di disoccupazione supera di 10 punti percentuali quello della popolazione generale”.
Lo studio del comitato delle regioni ha raccolto i dati degli enti locali, una panoramica completa a 30 gradi che evidenzia un calo significativo dell’occupazione a tempo determinato e in quella a tempo parziale. Le persone che già vivevano in condizioni precarie, le persone con disabilità e le persone anziane hanno visto peggiorare il loro tenore di vita, “la pandemia – si legge nella relazione – ha ulteriormente evidenziato problemi di lunga data come le disuguaglianze di genere e i rischi professionali legati al genere”.
SI SALVA SOLO IL FRIULI
L’impatto allarga la forbice del divario, le differenze già esistenti fra le regioni. In Europa e le italiane sono fra quelle che rischiano di subire gli effetti negativi maggiori sia sul breve termine che sul medio termine (nei prossimi 10 anni).
A salvarsi sul breve periodo potrebbe essere soltanto il Friuli-Venezia Giulia che, a cospetto di un’Italia tutta in rosso per le conseguenze della pandemia, resterebbe in arancione insieme all’Austria e a molte altre regioni del Nord Europa.
RISCHIO POVERTÀ
“La pandemia avrà degli effetti a lungo termine sulle strutture socio-economiche delle regioni europee”, si legge nell’analisi, in cui si spiega che sul medio termine (fino a 10 anni) l’impatto delle restrizioni diminuirà in maniera significativa e “il fatto che le conseguenze possano farsi sentire ancora a lungo dipende dalle caratteristiche strutturali di un’area e dalla velocità della ripresa dei settori più colpiti”.
Tra gli elementi considerati per stimare i rischi di breve e lungo termine dei diversi territori vi sono il turismo, l’occupazione nel settore alberghiero, dell’accoglienza e della cultura, il numero di Neet (giovani che non studiano e non cercano lavoro) con bassi livelli di educazione e un alto rischio di povertà, e la qualità dei governi. Le persone che già vivevano in condizioni precarie, con disabilità e le persone anziane hanno visto peggiorare il loro tenore di vita.
Più risorse non vuol dire sanità più efficiente. L’equazione non sempre corrisponde. Molto dipende da come è organizzata la medicina sul territorio. Altrimenti non si spiegherebbe il triste primato della Valle d’Aosta: è la regione europea con il tasso più elevato di decessi ogni 100mila abitanti (377) dall’inizio della pandemia fino al 1° giugno 2021, terza la Lombardia (335), quinto il Friuli-Venezia Giulia (314) e settima l’Emilia-Romagna (295).
Sempre in tema di Covid, il presidente Massimiliano Fedriga ha convocato per oggi pomeriggio la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome in seduta straordinaria. All’ordine del giorno l’aggiornamento delle linee-guida per la riapertura delle attività economiche e sociali. Si parlerà anche di riparto della prima quota di risorse del Pnrr, fondi destinati alle politiche del lavoro e della formazione. Dopo il Covid la principale emergenza.
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