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PER gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore pubblico la Campania e la Sardegna sono tra le regioni più attive, dietro il Lazio, la Provincia di Trento e il Friuli Venezia Giulia. La Campania è terreno fertile, seconda sola alla Lombardia, per le start up innovative: sono rispettivamente oltre 62 mila e più di 67 mila, mentre il dato italiano conta 22.600 realtà. E la provincia di Napoli è terza per la quota di attività, dopo Roma e Milano: i giovani del Sud hanno voglia di investire sul proprio territorio, quindi.
In Abruzzo l’occupazione nelle imprese innovative è superiore alla media Paese (l’indice segna 160,2 contro 138,9). La Basilicata ha inaugurato un trend positivo nello sviluppo di innovazioni di prodotto e di processo, testimoniata da alcuni casi di eccellenza che confermano la progettualità del territorio, dal punto di vista sia formativo sia produttivo.
Anche il Sud ha i suoi punti di forza e un potenziale nel campo dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione in cui mostra già un certo dinamismo che, “rafforzato” attraverso le risorse del Piano di ripresa e resilienza, può essere la chiave del rilancio del suo sistema economico come di quello del Paese.
Il Mezzogiorno, con le sue luci e le sue ombre, ha “inaugurato” ieri i lavori dell’EY Digital Summit “Racconti del futuro”. L’analisi elaborata da EY, in collaborazione con Luiss Business School, ha messo a fuoco i ritardi del territorio meridionale – sul lavoro, la sanità, le infrastrutture, giusto per citarne qualcuno – ma anche le eccellenze in un settore strategico che possono fare del Sud Italia un laboratorio di innovazione e un polo attrattivo per investimenti pubblici e privati.
Il lavoro da fare è ancora tanto. Un dato su tutti: se le performance della Campania e della Sardegna indicano una buona propensione delle Pa regionali all’innovazione, i dati sulle R&S nel settore privato isolano il Molise, l’unico con una quota elevata di investimenti, superiore alla media nazionale, le altre figurano tra le peggiori, a dimostrazione di una forte dipendenza delle regioni meridionali dal settore pubblico.
«Nonostante la pandemia, il Mezzogiorno conserva un importante potenziale di innovazione anche grazie alle risorse europee in arrivo», ha affermato Massimo Antonelli, Ceo di EY in Italia. «In termini di digitalizzazione, innovazione, infrastrutture e ricerca, nelle regioni meridionali sono sorte e si consolidano, soprattutto in prossimità di importanti poli universitari, esperienze tecnologiche certificate a livello nazionale – ha spiegato Dario Bergamo, partner EY – I fondi del Pnrr, insieme a tutte le altre risorse aggiuntive per lo sviluppo e la coesione, saranno dunque fondamentali per rafforzare questi ecosistemi».
La “ricetta” del rilancio, si sottolinea nell’analisi, deve puntare su ricerca e sviluppo, ecosistemi per l’innovazione, creazione di incubatori e acceleratori di impresa, rafforzamento e valorizzazione della dote di capitale umano altamente qualificato, mantenimento dei talenti sul territorio insieme alla promozione dell’investimento in infrastrutture digitali. «Dall’analisi che abbiamo effettuato, al Sud si rintracciano gli elementi essenziali per affrontare la sfida», ha sottolineato Bergamo.
Intanto, per poter legare tutti questi ingredienti il Sud può fare affidamento sulle risorse, i progetti e gli investimenti del Recovery Plan. «Il Mezzogiorno rappresenta la principale sfida con cui l’Italia e la stessa Europa sono chiamate a confrontarsi. Tutti gli indicatori ci dicono che dopo la pandemia l’Italia può ripartire con slancio solo se parte il Mezzogiorno», ha detto la ministra per il Sud, Mara Carfagna, sottolineando che «c’è terreno fertile per aprire un nuovo ciclo di attenzione degli investitori nei confronti del Meridione».
Gli 82 miliardi del Recovery blindati per il Sud “promettono”, come ha ribadito Carfagna, una crescita del Pil del 24% in più rispetto al valore del 2020. L’indagine pone in evidenza le potenzialità del territorio, ricordando tuttavia le condizioni di partenza: nel 2019 il Mezzogiorno rappresentava il 22% del Pil nazionale, e il Covid ha aggravato lo scenario. L’occupazione è inferiore a quella delle altre regioni, solo in Abruzzo è superiore alla media nazionale. Le donne hanno pagato un alto prezzo alla pandemia in tutto il Paese, ma al Sud l’occupazione femminile persa nella media dei primi tre trimestri 2020 è stata superiore a quella creata negli undici anni precedenti (-94 mila unità a fronte di +89 mila tra il 2008 ed il 2019) e il tasso di occupazione è rimasto intorno ai livelli del 2008 (32% nel terzo trimestre), il più basso a livello europeo.
Sono aumentati i giovani tra i 15 e i 34 anni senza istruzione, occupazione o formazione e la quota di Neet tra i 25-29 anni nel Mezzogiorno, nel 2020, è pari al 45,4% contro il 21,4% del Nord. Ancora: guardando al sistema sanitario, il monitoraggio dei Lea – i Livelli essenziali di assistenza – evidenza che la maggior parte delle aziende meridionali ha ottenuto una valutazione inferiore ai 200 punti. Da qui si riparte, e la valorizzazione e il rafforzamento dei “cluster” di eccellenza nel settore dell’innovazione tecnologica sono tra le carte da giocare nella partita del rilancio del Mezzogiorno e del Paese.
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