Antonella Sciarrone Alibrandi
4 minuti per la lettura«Per il Mezzogiorno c’è una assoluta necessità di cogliere l’occasione che viene dalle risorse del Pnrr». Antonella Sciarrone Alibrandi, Prorettrice dell’Università Cattolica, docente di Diritto dell’Economia, ieri è stata una delle relatrici di spessore al seminario sul tema “Lo Stato di Salute del Sistema Bancario Italiano” presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.
La maggiore rischiosità nel finanziamento delle imprese meridionali è testimoniata anche dal tasso di deterioramento dei crediti che resta stabilmente superiore rispetto alla media nazionale anche nei periodi di crescita economica. E l’emergenza pandemica ha messo in luce le fragilità del Mezzogiorno in tutte le sfumature.
«Nel corso della pandemia al Sud si è fatto un utilizzo molto meno intenso delle misure straordinarie di sostegno e questo per una serie di debolezze intrinseche del territorio – ha spiegato la Prorettrice – Circostanza che rende ulteriormente necessario puntare con decisione sulle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Coesione sociale ed equità: il Pnrr è permeato da una finalità che va sopra le altre. Oggi l’Europa ci chiede di utilizzare queste risorse soprattutto per i processi di transizione digitale e ambientale ma questi processi di transizione non possono ledere coesione sociale ed equità».
Il processo di sviluppo del sistema finanziario nel Mezzogiorno potrebbe avvenire anche, e soprattutto, grazie all’utilizzo delle risorse del Pnrr. Secondo una statistica di Bankitalia, gli istituti di credito operanti nelle regioni del Mezzogiorno e nelle Isole sono 91, per un numero di sportelli pari a 5.122, particolarmente concentrati in Campania, Sicilia e Puglia.
In gran parte sono operatori bancari di piccole dimensioni, non quotati e con struttura proprietaria poco contendibile, fattori che fanno lievitare i rischi di inefficienza e impediscono lo sfruttamento di economie di scala. Ciò comprime le possibilità di sostenere adeguatamente le realtà imprenditoriali del Sud soprattutto quelle di medie dimensioni con prospettiva di crescita.
«Le banche hanno un ruolo fondamentale in questa fase – spiega Sciarrone – È fondamentale che le imprese anche piccole e piccolissime siano accompagnate dal sistema bancario lungo questo processo di transizione che avrà dei costi. Bisogna evitare che imprenditori oggi in condizione di illiquidirà ma non irreversibile vengano espulsi dal sistema perché non in grado di affrontare la transizione e i suoi costi».
Il sistema economico del Mezzogiorno è caratterizzato da servizi pubblici meno efficienti e da imprese di dimensione e produttività minori rispetto al nord Italia.
Secondo una recente audizione del Mef presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, la struttura del sistema finanziario, centrato sugli istituti di credito, è caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di operatori bancari di piccola dimensione. Inoltre, il numero degli sportelli è ridotto rispetto al centronord e le imprese meridionali hanno una maggiore dipendenza dal credito rispetto al resto del Paese.
La quota di prestiti bancari sul totale delle passività finanziarie per le aziende del territorio è del 70% rispetto al 50% del Nord. Sia per i nuclei familiari che per le imprese il costo del credito è superiore alla media nazionale, questo vale anche per i mutui destinati all’acquisto di abitazioni.
L’accesso al credito risulta più difficile e la minore dimensione delle aziende si associa spesso con la scarsa qualità delle informazioni economico-finanziarie rese disponibile ai finanziatori. Durante il seminario di Napoli, uno sguardo particolare è stato rivolto anche «all’apparente tenuta del sistema bancario italiano».
«È vero che al momento i crediti deteriorati sono cresciuti poco e le banche sono solide ma è troppo presto per tirare un sospiro di sollievo – è l’analisi delle Prorettrice della Cattolica – Sono ancora in essere moratorie e prestiti garantiti e la fase più difficile è proprio quella dell’exit. E tale fase deve essere graduale».
La difficoltà di accesso al credito ad altre fonti di finanziamento non bancarie a lungo termine limita la possibilità di finanziare investimenti privati determinando un circolo vizioso sulla crescita dell’economia meridionale. Per tale motivo, il finanziamento degli investimenti nel Sud è affidato, più che in altri aree dell’Italia, a fondi pubblici e ad attori istituzionali sia nazionali (ad esempio, Cdp) che locali (società finanziarie partecipate dalle Regioni).
«Le banche devono fare uso anche della tecnologia per selezionare le imprese che hanno le gambe per continuare a operare e che vanno sostenute rispetto a quelle che vanno accompagnate all’uscita per non sprecare risorse».
Insomma la tecnologia riveste un ruolo di assoluto rilievo. «È una sfida che non possiamo perdere – ha spiegato Antonella Sciarrone – Le banche anche piccole devono investire in tecnologia e devono essere supportate in questi investimenti».
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