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IL MANCATO raggiungimento dei target quantitativi rischia di indebolire l’azione del governo nel dare piena attuazione alle leggi”: suonano come un richiamo e insieme una moral suasion le parole – nero su bianco nella quarta relazione sul monitoraggio dei decreti attuativi – con cui il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, sollecita i ministri affinché accelerino sulla tabella di marcia stabilita per snellire la mole di decreti in stand by – e con loro risorse e interventi – e recuperino l’adozione di quelli previsti per giugno e luglio. Non tutti, infatti, hanno fatto i compiti a casa e pertanto gli obiettivi prefissati non sono stati raggiunti. E lo stesso sembra potersi dire per quanto riguarada l’attuazione del Recovery Plan. Intanto la macchina dei decreti attuativi è ripartita, ma fatica ancora. La relazione dà conto dei risultati, cui ha contribuito il nuovo metodo operativo che, tra le altre cose, assegna target quantitativi mensili ad ogni ministero: dal 13 febbraio – data d’insediamento del governo Draghi – al 31 agosto ne sono stati adottati 350. La montagna è ancora alta: nel “cassetto” della legislatura in corso la targhetta “non adottati”, secondo il sistema di monitoraggio dell’Ufficio per il programma di governo, ne contrassegna ancora 584: 106 sono eredità del Conte I, 326 del Conte Bis, tra cui molti riguardano le misure emergenziali messe in campo per sostenere il sistema economico e le famiglie di fronte alla crisi scatenata dal Covid; 152 fanno capo ai provvedimenti varati dall’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce e tra questi alcuni sono essenziali per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma, oltre che sui decreti attuativi, l’accelerazione si impone anche sull’attuazione delle riforme e degli investimenti più strettamente legati al Pnrr su cui è già scattato l’allarme. E per questo nelle stanze della presidenza del Consiglio è stata già avviata una ricognizione con i vari ministeri e si pensa di replicare il modello operativo adottato per i decreti attuativi: l’occasione per fare il punto sui provvedimenti potrebbe essere la cabina di regia che il premier potrebbe convocare la prossima settimana. Ma non è escluso che il tema venga posto anche sul tavolo del Consiglio dei ministri. Su questo fronte il tempo gioca un ruolo chiave: entro il 31 dicembre il governo dovrà raggiungere tutti i 51 obiettivi (ne restano 42 da centrare), tra riforme e investimenti, “promessi” a Bruxelles, condizione cui la Commissione vincola l’erogazione della seconda tranche dei fondi del Recovery Fund. Nell’elenco, tra le altre cose, compaiono la riforma dell’amministrazione fiscale, quella universitaria, la legge per la spending review, la riforma e gli investimenti per le Zes, le Zone economiche speciali. Tornando ai decreti attuativi, lo sprint imposto dalla presidenza del Consiglio ha consentito di raggiungere a luglio il picco di 78 decreti attuativi adottati, che rappresentano però il 50,3% dell’obiettivo mensile stabilito, ovvero 155. Ai 78 vanno poi aggiunti 16 decreti “cancellati” in seguito all’abrogazione delle norme che li prevedevano ad opera dell’art. 66 del Dl Semplificazione e Governance. Pertanto il conto di luglio sale a 94. A sorpresa agosto ha superato le aspettative, con 44 decreti “smaltiti” rispetto ai 40 assegnati. Non tutte le amministrazioni hanno lavorato con lo stesso zelo: qualcuno ha anche recuperato il lavoro messo da parte a luglio. Altri hanno lasciato carta bianca i provvedimenti loro assegnati. Nel complesso tra luglio e agosto sono stati adottati 138 provvedimenti, pari al 70,8% dei 195 assegnati. Da qui il richiamo e il monito sugli impegni futuri. Tra settembre e ottobre il conteggio totale dei provvedimenti inevasi dovrebbe segnare – 261. La tabella con i compiti per il mese in corso ne conteggia 141, di questi 48 riguardano il decreto Sostegni Bis per il quale nella relazione, datata 9 settembre, risultano mancare all’appello ancora 68 (sono scesi a 58, secondo il conteggio aggiornato a ieri dell’Upg), 18 saranno inseriti nel target di ottobre, che diventa quindi 120, per gli altri due si farà in modo di rispettare la scadenza “naturale”. Intanto tra i decreti in stand by figurano alcuni importanti per l’attuazione del Pnrr. Per quanto riguarda il Fondo complementare, ad esempio, dei 5 frutto dell’iter di conversione in legge del decreto – prima era interamente autoapplicativo – ne restano da adottare 3 e riguardano, in particolare la ripartizione delle risorse destinate al rinnovo del materiale rotabile e infrastrutture per il trasporto ferroviario delle merci, per la viabilità delle aree interne e il piano di investimenti sui siti del patrimonio culturale e le aree naturali. Al decreto per il rafforzamento della Pa ne mancano 10 su i 17 previsti, tra questi quello che distribuisce i fondi per il conferimento da parte delle regioni e degli enti locali degli incarichi di collaborazione per il supporto ai procedimenti amministrativi connessi all’attuazione del Pnrr o per l’adozione di misure straordinarie per la riduzione dell’arretrato e per l’incentivazione della produttività in vista del raggiungimento degli obiettivi previsti dal Recovery. E arriviamo al dl Semplificazione e Governance che ne prevede 29 e ne ha in bianco 22. È ancora appesa, ad esempio, la nomina del commissario straordinario per le Zes, l’istituzione del Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale per l’attuazione del Pnrr. E la nomina del dei componenti del Comitato speciale costituito presso Consiglio superiore dei lavori pubblici che deve approvare i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
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