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Mario Draghi

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Mario Draghi, pur nella sintesi delle sue esternazioni, ha dedicato un interesse particolare alla riforma del fisco. C’è da dire che questa materia è fortemente influenzata dalla politica, nel senso che i governi tendono a modellare il sistema fiscale secondo il loro disegno politico.

Nella XVI legislatura divennero tutti “federalisti’’ (ad eccezione della sola Udc). Anche allora ci fu una legge delega in tal senso (il governo Berlusconi sentiva sul collo il fiato della Lega), furono varati dei decreti legislativi che poi restarono appesi ad un attaccapanni perché il governo e le regioni non si misero d’accordo su come spartire le risorse (una coda di questa strategia la si ritrova a stralcio nei progetti dell’autonomia differenziata).

Nella legislatura successiva ci furono interventi spot sul costo del lavoro ai fini di incentivare l’occupazione, mentre nell’attuale, la XVIII, si è perso tempo, per fortuna inutilmente, a baloccarsi con la suggestione della flat tax. Draghi per ora ha affrontato il tema sul piano metodologico. “Nel caso del fisco, per fare un esempio, non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all’altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta.

Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di pressione riescano a spingere il governo ad adottare misure scritte per trarne dei vantaggi’’; ed aveva concluso che “una riforma fiscale segna in ogni Paese un passaggio decisivo’’ indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio.

Nei prossimi giorni, il governo dovrebbe mettere le carte in tavola. Questa volta ha a disposizione un saldo punto di riferimento: il documento varato dalle Commissioni Finanze e Tesoro della Camera e del Senato, riunite sotto la presieduta di Luigi Marattin e presentato lo scorso 30 giugno che il governo stesso considera un indirizzo per i successivi passi del cammino di una riforma fiscale organica e strutturale, che comprenda – come indicato da Pnrr – anche un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale.

Il documento delle Commissioni segue indirizzi precisi proponendo, sul piano della semplificazione, il varo di Testi Unici per le diverse tipologie di imposta, la soppressione di piccole imposte e il riconoscimento di maggiori diritti ai contribuenti. Il documento abbraccia il complesso del sistema fiscale ma, per quanto riguarda la struttura dell’Irpef, vadano adottati i seguenti obiettivi specifici:

1) l’abbassamento dell’aliquota media effettiva con particolare riferimento ai contribuenti nella fascia di reddito 28.000- 55.000;

2) la modifica della dinamica delle aliquote marginali effettive, eliminando le discontinuità più brusche.

Le Commissioni concordano poi che la modalità attraverso cui raggiungere questi obiettivi sia da individuare in un deciso intervento semplificatore sul combinato disposto di scaglioni, aliquote e detrazioni per tipologia di reddito, incluso l’assorbimento degli interventi del 2014 e del 2020 riguardanti il lavoro dipendente; una opzione alternativa, meno preferita, è l’adozione di un sistema ad aliquota continua con particolare riferimento alle fasce di reddito medie. Inoltre dovrebbe essere prevista l’introduzione di un minimo esente senza obbligo di dichiarazione per i contribuenti che si collochino sotto la relativa soglia.

Tale minimo esente dovrebbe preferenzialmente essere inteso come una maxi-deduzione a valere su tutta la distribuzione dei redditi (o su parte di essa) adeguando corrispondentemente il livello delle aliquote; in tal caso, le Commissioni convengono che questo livello di minimo esente sia maggiorato in caso di lavoratori di età inferiore ai 35 anni. In subordine, qualora il costo di questo intervento dovesse risultare incompatibile con gli equilibri di finanza pubblica, dovrebbe essere introdotto con la sola finalità di ridurre il carico burocratico sui contribuenti; in tal caso, il vantaggio fiscale nei confronti dei lavoratori under 35 può assumere la forma di una maggiorazione della deduzione in forma fissa per lavoro dipendente, che dovrebbe sostituire l’attuale decrescente detrazione. Va altresì tenuto adeguato conto delle casistiche imposte dai trattati internazionali contro le doppie imposizioni. Per quanto concerne le spese fiscali relative al consumo di particolari beni o servizi, le Commissioni ritengono indispensabile che il disegno di legge delega contenga le necessarie premesse per una azione volta al raggiungimento dei seguenti obiettivi: a) una riduzione della loro numerosità; b) una semplificazione del sistema.

Le modalità attraverso cui raggiungere i sopra citati obiettivi sono così individuate: a) l’eliminazione di quelle spese fiscali il cui beneficio pro-capite medio (ovvero il numero di beneficiari) sia inferiore ad una soglia appositamente determinata; b) il passaggio (completo o parziale) del complesso delle agevolazioni sul lato delle uscite pubbliche, istituendo un meccanismo volontario di erogazione diretta del beneficio – a fronte del pagamento con strumenti tracciabili – con l’ausilio degli strumenti tecnologici a disposizione.

Per quanto concerne la fiscalità locale le Commissioni giudicano opportuno non archiviare un’aspirazione riformatrice più completa, in grado di rivedere strutturalmente la legge delega n. 42 del 5 maggio 2009 sul federalismo fiscale, al fine sia di adeguarne i principi ispiratori ai pilastri di autonomia e responsabilità, che di prevederne una completa attuazione, con particolare riferimento all’applicazione dei fabbisogni standard, della capacità fiscale e dei livelli essenziali delle prestazioni.

Le Commissioni ritengono opportuno che il sistema fiscale italiano conservi un regime agevolato e semplificato per le piccolissime imprese ed i lavoratori autonomi a un livello di fatturato di 65.000 euro all’anno e aliquota proporzionale al 15%, tranne per i primi cinque anni ad aliquota al 5%.

In particolare si raccomanda, per il caso in cui il contribuente, in un determinato periodo di imposta, consegua un ammontare di ricavi o compensi superiore all’attuale soglia di 65.000 euro ma inferiore ad un tetto opportunamente individuato, l’introduzione di un regime opzionale – con scelta irrevocabile da parte del soggetto passivo di imposta – per la continuazione del regime forfettario nei due periodi d’imposta successivi, a condizione che in ciascuno di detti periodi d’imposta il contribuente dichiari un volume d’affari incrementato di almeno il 10% rispetto a quello di ciascun anno precedente.


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