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A luglio il mercato del lavoro segna una lieve battuta d’arresto: gli occupati sono 23mila in meno rispetto al mese precedente (- 0,1%), e sono soprattutto lavoratori autonomi. Ma rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, grazie alla ripresa registrata tra febbraio e giugno, il saldo resta più che positivo, segnando 440 mila posti in più (+2%).
La ripresa economica comincia riflettersi anche sul mercato del lavoro, quindi, ma siamo ancora lontani dal livello pre-Covid. Il tasso di disoccupazione scende al 9,3% (-0,1%), e segnali positivi si registrano anche per quello giovanile che cala raggiungendo il 27,7% (-1,6 punti), dopo che a inizio anno aveva sfiorato il 33%. Il tasso di occupazione resta stabile al 58,4%.
«Nonostante a luglio si registri un contenuto calo del numero di occupati e una stabilità del tasso di occupazione, la forte crescita registrata nei precedenti cinque mesi ha determinato un saldo rispetto a gennaio 2021 di 550 mila occupati in più”, annota l’Istat segnalando che, in particolare, i dipendenti a termine sono cresciuti di oltre 300 mila unità e che il tasso di occupazione è più alto di 1,6 punti percentuali».
Tuttavia, si sottolinea, non si è ancora tornati ai livelli pre-pandemia: rispetto a febbraio 2020, all’appello mancano ancora oltre 260mila posti, il tasso di occupazione e quello di disoccupazione rimangono più bassi, mentre il tasso di inattività è superiore di 0,7 punti.
L’Istat segnala poi la diminuzione del numero di persone in cerca di lavoro, che è pari a 29mila unità (-1,2%), che riguarda per la maggior parte gli uomini e i giovani tra i 15 e i 24 anni. E la crescita, tra giugno e luglio, del numero di inattivi: +28mila unità (+0,2%), un ‘aumento che coinvolge i soli uomini e tutte le classi d’età ad eccezione dei 25-34enni. Il tasso di inattività sale al 35,5% (+0,1 punti). Gli occupati restano sotto quota 23 milioni (22,9 milioni).
Dal confronto tra il trimestre maggio-luglio e quello precedente, il livello dell’occupazione risulta più elevato dell’1,4%, con un aumento di 317mila unità, una crescita associata alla diminuzione delle persone in cerca di occupazione (-5,0%, pari a -125 mila unità) e a quella degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-1,8%, pari a -249 mila unità).
La “sofferenza” degli autonomi che ha portato giù il dato di luglio, segna l’intero anno. Il dato mensile (-23mila unità) registra un calo dell’occupazione tra i lavoratori indipendenti pari allo 0,9% che si traduce in 47mila posti in meno, di fronte a un aumento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato e di quelli a termine, rispettivamente dello 0,1% e dello 0,4%, che in entrambi i casi segnano 12mila posti di lavoro in più.
Ma nel confronto annuo i valori sono decisamente più alti: nell’arco dei dodici mesi i +440mila posti sono frutto dell’aumento dei dipendenti stabili, +125mila con +0,8%, ma soprattutto di quelli a termine che segnano + 377mila ed un +14,4%. Mentre nel mercato del lavoro autonomo sono stati cancellati 62mila posti.
Rilancia l’allarme Confesercenti, parlando di «un lockdown infinito, che sta spazzando via imprenditori, artigiani, professionisti e autonomi. Nonostante i segnali di ripresa dell’economia e la stagione estiva, l’occupazione indipendente continua a soffrire: a luglio, secondo le stime Istat, si registra la scomparsa di altri 47mila posti di lavoro indipendenti rispetto a giugno, che porta il bilancio da inizio a pandemia a oltre 350mila occupati in meno».
Mentre Confocommercio sottolinea come «la mancata ripresa di questa parte del mercato del lavoro» possa «limitare le possibilità di recupero della base occupazionale complessiva».
Possibilità di ripresa, si sostiene, che «continuano ad essere limitate da livelli di attività contenuti per molte delle piccole e medie imprese, soprattutto nel settore dei servizi. Basti pensare che, nonostante il recupero, nel secondo trimestre per le attività dei servizi di alloggio e ristorazione il fatturato, al netto dei fattori stagionali, è ancora inferiore di oltre il 46% rispetto allo stesso periodo del 2019».
Dal fronte sindacale riparte il pressing sul governo per la riforma degli ammortizzatori e delle politiche attive – la riunione tra governo e parti sociali prevista per oggi è stata spostata all’8 settembre – e l’allarme per la fine del blocco dei licenziamenti che dal 31 ottobre interesserà anche le piccole imprese e il terziario. Il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, chiede al governo di accelerare con i vaccini, i progetti del Pnrr e il rilancio degli investimenti pubblici e privati «per consolidare e rafforzare la ripresa in corso» e «costruire in fretta un sistema di ammortizzatori sociali universali, solidaristici, inclusivi e fortemente collegati a politiche attive e formazione, al fine di dare supporto a quei lavoratori che ancora non sono riusciti a rientrare in attività».
Secondo il leader Uil, Pierpaolo Bombardieri, «serve una risposta precisa da parte del Mef perché con una riforma degli ammortizzatori e una sulle politiche attive a costo zero, non ci siamo. I dati Istat di oggi dicono che aumentano i contratti a tempo determinato quindi non sale la buona occupazione», dice ancora riservandosi un giudizio più compiuto tra qualche settimana quando sarà più chiaro se i dati disegnano l’avvio di una ripresa dell’occupazione o meno.
Per la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti il “flebile ottimismo” per l’incremento complessivo degli occupati su base annuale pari 440.000 unità, «si riduce se guardiamo allo stesso mese del 2019, in quanto mancano all’appello 267.000 posti».
«Siamo ancora di fronte ad un quadro preoccupante – aggiunge – e che rischia di aggravarsi ulteriormente con la fine del blocco dei licenziamenti».
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