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«L’economia italiana – scrive Marco Fortis su Huffington Post – sta vivendo un momento veramente favorevole. Il successo della campagna vaccinale e il progressivo ritorno alla normalità; la fiducia portata dal governo Draghi tra i nostri operatori economici, tra le famiglie e sui mercati internazionali; l’abbrivio competitivo dato al nostro sistema produttivo e all’export dalle stesse riforme degli anni scorsi; il buon momento dell’edilizia; la ripartenza del turismo e dei consumi delle famiglie (certificato anche dall’Istat, ndr); l’attesa febbrile per l’avvio del PNRR: tutti questi fattori (già oggi, senza che il PNRR sia ancora iniziato!) concorrono  – prosegue Fortis – a generare un piccolo boom e un mood positivo che non può essere liquidato, come fanno i vecchi e nuovi gufi, con la semplice parola “rimbalzo”».

Del resto chi ha ascoltato il breve saluto informale che Draghi ha rivolto ai giornalisti prima della pausa estiva (poi funestata dal dramma afghano) ha tratto la medesima impressione dell’economista. “Le cose per l’economia italiana vanno bene – disse il presidente del Consiglio – e si spera vadano ancora meglio. Perché continuino ad andar meglio però, voglio lanciare chiaramente un messaggio a tutti noi e a tutti gli italiani: vaccinatevi e rispettate le regole’’.

Draghi aveva intuito fin dal suo insediamento che occorreva liberare il più possibile il Paese dall’ossessione del covid-19 e per questi motivi aveva dato un nuovo impulso alla campagna delle vaccinazioni. Con risultati positivi. Come ricordò lo stesso Draghi nel suo indirizzo di saluto informale l’Italia è molto più avanti di altri Paesi quanto al numero dei vaccinati su 100 persone. Ma il suo principale merito è stato quello di assumersi il “rischio ragionato’’ di riaprire il più possibile (quando in tanti prefiguravano lugubri scenari) nella convinzione che questo fosse il miglior contributo per la ripresa economica.

In tale contesto venne anche la decisione di avviare a conclusione quel blocco dei licenziamenti che aveva congelato il mercato del lavoro provocando una perdita di occupati ben maggiore di quelli salvati per legge. Contenere le nuove forme della pandemia oggi non solo è possibile – grazie ai vaccini – ma anche doveroso, perché non possiamo tornare a tagliare le gambe ad un’economia che è andata in crisi perché, con le chiusure le si è impedito di lavorare, facendo crollare di ben nove punti il Pil durante i 100 giorni del primo lockdown che  ben presto si è rivelato frutto di un’analisi sbagliata della crisi sanitaria.

Dovrebbe ormai essere chiaro che non esiste, in natura, la possibilità di scacciare un virus che è entrato a far parte del nostro vivere quotidiano, anche se ci chiudessimo tutti sottoterra come i Morlock del romanzo “La macchina del tempo’’ di Herbert George Wells. Il green pass consente il rovesciamento di una prassi delirante: quella di chiudere i locali per evitare che vi entrino persone portatrici di contagio. Così permette di adottarne una più razionale: mantenere aperti i locali impedendo l’ingresso a quanti non sono vaccinati o immuni in base ad un tampone recente.

È questa la linea di condotta giusta. Non facciamoci ingannare dall’obbligo vaccinale imposto per legge a tutti i cittadini.

La triste realtà di queste settimane è la prova che i problemi più seri di rifiuto o renitenza si verificano proprio nei settori chiave (sanità e scuola) dove la vaccinazione è regolata dalla legge. Giocare preventivamente la carta del green pass è non solo una soluzione più flessibile, ma consente di mettere in campo delle forze che sarebbero paralizzate nel caso di un grande scontro politico e di piazza intorno all’obbligo vaccinale. Pensiamo a milioni di imprese che – in base alla legislazione vigente, confermata dalla giurisprudenza – precludano l’ingresso al lavoro ai dipendenti privi di certificazione. È evidente che, nel caso che sia in discussione una legge sull’obbligo, tutto si fermerebbe per mesi, con la variante Delta che invece tirerebbe diritto.

Certo, col green pass, sorgerebbero problemi con i sindacati i cui leader si stanno coprendo di vergogna. Un leader sindacale che afferma “le responsabilità se la prenda il Parlamento’’ è soltanto uno che sfugge al suo dovere di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori. Poi siamo costretti ad assistere indifesi ed esterrefatti ad una sollevazione quasi insurrezionale del popolo dei no vax, che comincia ad travalicare i limiti della legalità per sfociare nella violenza squadrista.

Ma questa situazione ce la siamo costruita per anni con le nostre mani, avallando la deriva del “dirittismo’’ (tutto è dovuto) e accettando che divenisse opinione corrente l’idea di un Paese alla canna del gas, devastato dalla disoccupazione e dalla povertà. Abbiamo creduto all’Italia che ci raccontavano in tv e non a quella che vedevamo con i nostri occhi. Tanto che le politiche del lavoro ora in discussione (le riforme degli ammortizzatori sociali e le delocalizzazioni) sono rivolte a mantenere aperte (con i lavoratori in cig) aziende che hanno deciso – a torto o a ragione – di chiudere e di lasciare il Paese, mentre non si occupano di assicurare manodopera qualificata a quelle che vanno avanti con le loro risorse materiali ed umane. 


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