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Un cantiere

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Parto, come prima considerazione, da un confronto tra le prime venti imprese nel 1990 e nel 2020. Intanto appare evidente la distanza della dimensione economica, cioè della capacità di fatturato; in realtà, indipendentemente dal reale potere di acquisto, siamo di fronte ad una crescita, in alcuni casi, di dieci volte del fatturato. Ma, cosa ancor più grave, questo confronto ci fa scoprire la scomparsa in trenta anni di molte società nella graduatoria delle prime venti imprese e nell’intero comparto.

Cosa è successo e quali siano state le cause della scomparsa e del cambiamento e, al tempo stesso quali siano state le motivazioni che hanno potato in realtà verso la crescita di un vero “nanismo imprenditoriale”. Penso che un primo elenco di cause sia il seguente:

  1. Nel 1992 parte la esperienza dell’alta velocità ferroviaria; una esperienza che riguarda 7 segmenti chiave come gli assi Torino – Milano, Brescia – Verona, Verona – Vicenza – Padova, Genova – Milano, Napoli – Roma, Firenze – Bologna, Bologna – Milano, una esperienza che ha garantito risorse per oltre 40 miliardi di euro.
  2. Nel 2002 si avviano i lavori della Legge Obiettivo; si avvia un Programma di opere di 332 miliardi di euro che fino al 2014 aveva avviato e in parte realizzato interventi per circa 140 miliardi di euro.
  3. Le concessionarie autostradali realizzano in 30 anni opere per un valore di 18 miliardi di euro.
  4. Gli Enti locali (Regioni e Aree Metropolitane) realizzano interventi per circa 11 miliardi di euro.

In realtà escluso i lavori promossi dagli Enti locali la maggior parte delle gare ha riguardato grandi interventi con soglie minime superiori ai 40 – 50 milioni di euro.

Questo sintetico quadro relativo, da un lato alla evoluzione imprenditoriale (in numero di società e di relativi importi) e dall’altro alla dimensione delle opere messe in gara, mette in evidenza la naturale evoluzione dell’intero comparto delle costruzioni, una evoluzione in realtà caratterizzata da una inarrestabile crescita di imprese medio – piccole e, al tempo stesso, di un’inarrestabile “nanismo”.

Un nanismo che in assenza di occasioni di lavoro, in assenza di affidamenti non ha prodotto l’aggregazione di imprese piccole e medie anche perché nel comparto delle costruzioni la sommatoria di imprese piccole o di imprese medie non dà origine ad una grande impresa; questa riteniamo sia una precisa peculiarità del comparto e ciò perché il rating di una impresa aggregandosi con altre imprese implementa solo le garanzie e le capacità organizzative per partecipare a gare di opere con importi più rilevanti ma non implementa le caratteristiche legate alle relative “iscrizioni”.

C’è da chiedersi: cosa succederà ora con l’avvio del programma definito dal PNRR; come sarà possibile per le piccole e medie imprese salire su questo treno carico di vere occasioni di rilancio dell’intero comparto. Penso che la prima condizione sia quella di chiarire una volta per tutte la procedura del sub appalto e al tempo stesso analizzare quale sia l’attuale assetto del sistema imprenditoriale.

La fotografia aggiornata del settore mostra circa 509.000 imprese nel settore delle costruzioni, per lo più operanti nei lavori di costruzione specializzati (75,6%), piuttosto che nella costruzione di edifici (23%) e nell’ingegneria civile (1,3%). Si tratta di un’offerta molto frammentata: 312mila realtà, pari al 61,4% del totale, hanno un solo addetto. Anche il giro d’affari si attesta su livelli molto contenuti (il 90% delle imprese ha un fatturato inferiore ai 500mila euro).

La forma giuridica più diffusa è quella della ditta individuale o società di persone, scelta nel 72,8% dei casi. Inoltre, per più del 60%, le imprese nel settore non hanno dipendenti. Il tessuto produttivo, nel corso degli anni ha subito un forte ridimensionamento e continua a registrare riduzioni, sebbene l’intensità si stia riducendo.

Nel 2016 il numero di imprese di costruzioni è diminuito dello 0,5% su base annua (ulteriori 2.700 imprese in meno sul mercato), alimentando il già gravissimo bilancio degli anni precedenti.

Tra il 2008 e il 2016 oltre 120mila le imprese di costruzioni sono scomparse dal mercato. Le perdite maggiori si sono registrate nelle realtà più strutturate determinando, così, anche un impoverimento per il settore di quelle competenze tecniche e consolidate nel tempo necessarie per una ripresa duratura.

Le imprese rimaste sul mercato sono più piccole rispetto al passato (2,6 addetti per impresa a fronte di una media di 3 addetti nel 2008) e, guardando al comparto di attività, si occupano meno di costruzioni di edifici (quota di mercato ridotta al 23% da oltre il 28% di otto anni prima)
Composizione % per classi di addetti 1 addetto 61,4% Da 2 a 9 addetti 34,8% Da 10 a 49 addetti 3,6% Oltre 50 addetti 0,2% Fino a 9 addetti 96,2% 2016. Il soggetto che si aggiudica un’opera ha superato un lungo processo, u processo ricco di filtri e di verifiche e deve trasformare la intuizione progettuale in opera. Il filtro di questa lunga fase selettiva è supportato da un dettagliato riferimento di ogni impresa all’interno di un capillare sistema di “categorie di opere generali” e di “categorie di opere speciali”.

Ed è, quindi, fisiologico, che l’intero comparto caratterizzato da distinte dimensioni, indipendentemente dalle norme vigenti, faccia ricorso al sub appalto. A tale proposito è utile accennare anche al disegno di legge “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2019-2020, approvato dalla Camera il 21 aprile scorso (AC  2670) e ancora oggi all’esame delle commissioni del Senato (AS 2169), che prevede, all’art. 8, alcune modifiche proprio della disciplina dell’istituto del subappalto per adeguarlo ad alcuni dei rilievi mossi dalla Commissione europea con la procedura di infrazione n. 2018/2273. Tuttavia anche la disciplina del subappalto nelle direttive europee è assai scarna: permeata dai principi di concorrenza, trasparenza e proporzionalità, si caratterizza per essere assolutamente favorevole alla completa ed incondizionata sub appaltabilità delle prestazioni dedotte in contratto, come conclamato dalle diverse sentenze della CGUE, emanate non solo dal 2019 ma anche in passato.

La disciplina transitoria dell’istituto del subappalto cesserà il prossimo 31 ottobre e sarà sostituita, dal 1° novembre, da una disciplina organica, in parte anticipata dallo stesso decreto al 1° giugno, che elimina i divieti di subappalto oltre certi limiti, sia in generale che per le opere così dette super specialistiche, consentendo, però, alla stazione appaltante di reintrodurli motivatamente in specifici casi con i documenti di gara. Dal 1° novembre viene introdotta la responsabilità solidale dell’appaltatore e del subappaltatore, che avvicina la disciplina dell’istituto pubblicistico a quello vigente nell’ordinamento civile.

Ma questo processo quasi fisiologico di nanismo imprenditoriale in futuro è condannato a crescere perché in fondo le imprese piccole e medie saranno quasi ben disposte a rimanere legate a dimensioni più coerenti a commesse da sub appalto; forse l’unico fatto nuovo che potrà rivedere questo istituto e questo ricorso sistematico da parte delle grandi imprese sarà proprio la responsabilità solidale dell’appaltatore e del subappaltatore.

Sarà bene alla luce di un simile cambiamento strutturale che l’ANCE produca una rilettura dell’assetto imprenditoriale che caratterizza l’intero comparto e, indipendentemente dai Codici nazionali e comunitari, articoli meglio i rapporti e le interazioni tra grande impresa e media e piccola impresa e lo faccia proprio per evitare che il margine derivante dalle commesse sia solo a vantaggio delle grandi realtà imprenditoriali.

In realtà ci sono tante altre condizioni che rendono sempre più difficile la crescita delle imprese piccole e medie e, addirittura, implementano il “nanismo” ma penso che se si riuscisse a regolare davvero il subappalto allora verrebbe meno questa grave sudditanza di una vasta area imprenditoriale da un limitatissimo gruppo di imprese. Basterebbe, ad esempio, che, nella predisposizione delle offerte per la realizzazione di grandi opere, le imprese elencassero le imprese piccole e medie a cui affidare parte dei lavori in sub appalto. Mi si obietterà che questo già esiste ma a mio avviso è fatto male.


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