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In vista del Pnrr non c’è molto da sorridere: nell’ambito della programmazione europea 2007-2013, dei 56 “Grandi progetti” approvati, per un valore complessivo di 7,634 miliardi di euro, di cui 5,582 miliardi di risorse europee, al 31 dicembre 2020 solo 34 progetti “risultano ultimati e in uso”, mentre “11 interventi sono in corso di realizzazione” ed “altri 11 (spesso ridimensionati) figurano come progetti ordinari, da realizzare nel corso della programmazione attuale, o sono stati abbandonati”.
È quanto certifica la Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali della Corte dei Conti nella “Relazione speciale i grandi progetti della programmazione europea 2007-2013”. Il report della magistratura contabile conferma un male atavico italiano: non riuscire a spendere nei tempi corretti le risorse comunitarie.
Non certo un buon segnale considerano la pioggia di soldi che, a breve, arriverà dall’Europa e che dovremo spendere rapidamente. Non a caso, la Corte dei Conti ha lanciato il monito: “In prospettiva futura, nel segnalare l’opportunità di porre una maggiore attenzione, a monte degli interventi, all’interlocuzione preventiva con gli attori istituzionali”, c’è la necessità di “una radicale modifica dell’assetto istituzionale per l’impiego dei fondi, in quanto l’attuale struttura di governance risulta troppo dispersa per dare attuazione rapida agli impegni assunti in sede europea”.
A distanza di quattro anni dalla data di presentazione delle certificazioni di chiusura del periodo di programmazione 2007-2013 (fissata al 31 marzo 2017), solo i due terzi dei 2Grandi progetti” approvati risultano effettivamente entrati in funzione.
Si tratta di opere importanti, tutte di importo superiore ai 50 milioni di euro. L’indagine ha analizzato con schede individuali i 19 “Grandi progetti” completati al 31 marzo 2017, i 10 interventi da completare tra il 31 marzo 2017 e il 31 marzo 2019 (cosiddetti “non funzionanti”) e i 27 progetti la cui esecuzione, rimasta parzialmente inattuata entro la scadenza del ciclo 2007-2013, è stata posta “a cavallo” di due programmazioni.
“Accanto ad alcune importanti realizzazioni – si legge nella relazione – si registra la tendenza generalizzata a travalicare i limiti di durata di un ciclo di programmazione, rinviando nel tempo la creazione di valore per i territori interessati.
Solo 9 progetti dei 34 funzionanti, hanno, infatti, visto il proprio avvio e completamento entro un unico ciclo di programmazione. Forte è la presenza di progetti retrospettivi (in tutto 15 progetti, di cui 3 non risultano ancora in uso al 31 dicembre 2020), con un peso percentuale del 35,2% sul valore della programmazione.
Ad essi si aggiungono alcuni progetti “ereditati” dalla programmazione precedente 2000-2006, che incidono per il 10,7% in termini numerici e per l’1,9% in termini di volume finanziario”. Insomma, ritardi su ritardi, opere che si trascinano nel tempo, addirittura dal 2000. Tra gli obiettivi conseguiti la Corte segnala, ad esempio, “la riduzione dei tempi di percorrenza sulle tratte ferroviarie a lunga distanza e sulle direttrici stradali, il miglioramento della qualità del trasporto locale su ferro; la disponibilità delle infrastrutture in banda larga, lo sviluppo ecosostenibile del territorio”.
L’indagine ha permesso di individuare le criticità che hanno rallentato, e in alcuni casi ostacolato, la tempestiva attuazione delle opere: lunghe procedure burocratiche, disomogeneo livello di definizione progettuale, crisi finanziaria delle ditte appaltatrici, contenziosi prolungati. “Problematiche – sostengono i magistrati – che, sotto molti aspetti, sono lo specchio di mali più generali, che affliggono la programmazione e la realizzazione delle opere pubbliche in Italia”.
Dei 9 “Grandi progetti” che sono stati avviati e conclusi nei termini, tre sono relativi alla diffusione della banda ultra larga; due sono investimenti industriali; quattro hanno natura infrastrutturale, come la realizzazione di un People Mover tra l’aeroporto e la stazione ferroviaria di Pisa; la ricostruzione della galleria ferroviaria Coreca; ammodernamento della rete ferroviaria Ferrovie del Sud-Est in Puglia; costruzione in lotti funzionali della linea di trazione elettrica Bari-Taranto. I dati del report mostrano “con evidenza la difficoltà di realizzare un’opera infrastrutturale nell’arco temporale di un solo ciclo di programmazione, nonostante il carattere prioritario che le infrastrutture individuate rivestono per lo sviluppo del territorio cui si riferiscono (e potenzialmente dell’intero Paese)”, bacchettano i giudici contabili.
Non solo: “E’ stato anche rilevato, “a valle” degli interventi, che la fine lavori spesso non coincide con la fine amministrativa dell’opera. Anche con riferimento ad opere ormai da tempo in funzione, la fase del collaudo non risulta conclusa, e anzi si manifesta spesso lunga e accidentata”. La Corte dei Conti, per superare le criticità, invita ad “una maggiore attenzione all’interlocuzione preventiva con gli attori istituzionali, la cui opposizione risulta in più di un caso aver ostacolato la tempestiva attuazione degli interventi”.
I giudici rilevano, tra l’altro, “la necessità di ripensare la struttura di governance. Numerosi sono i soggetti coinvolti nell’attuazione delle politiche di coesione cofinanziate con i fondi Sie” e “occorre interrogarsi sui rispettivi ruoli e sui relativi poteri decisionali e di intervento dei vari soggetti, che rischiano altrimenti di sovrapporsi tra loro o di avere un quadro di competenze poco incisivo”.
Ad ogni modo, “appare evidente l’esigenza di una radicale modifica dell’assetto istituzionale per l’impiego dei fondi, l’attuale struttura di governance risultando infatti troppo dispersa per dare attuazione rapida agli impegni assunti in sede europea. Pur rimettendo al livello locale l’espressione delle progettualità di investimento, appare necessario un maggiore coordinamento centrale delle iniziative, sia in termini di programmazione che in termini di realizzazioni”, avverte la Corte dei Conti.
L’indagine condotta ha rilevato, in particolare, “la mancanza di un centro di impulso decisionale e attuativo che possa portare un progetto fuori delle secche quando questo si incagli”. Infine, sempre in vista del Pnrr, i giudici fanno notare che l’indagine “ha confermato un problema di carico amministrativo, gravante su strutture locali non dotate di sufficienti competenze tecniche e gestionali, almeno in alcuni contesti territoriali”. Come dire, Comuni e Regioni potrebbero non essere pronte.
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