Carla Ruocco
3 minuti per la letturaEntro settembre si conoscerà la nuova proprietà della Banca del Sud di Napoli nata sedici anni fa nel tentativo di arginare la desertificazione creditizia del Mezzogiorno. Lo hanno annunciato i due commissari Paolo D’Alessio e Livia Casale in audizione alla Commissione Banche presieduta da Carla Ruocco.
La tempistica prevede che lunedì 21 luglio scadranno i termini per la presentazione delle offerte vincolanti da parte di partner industriali. Fino a questo momento “sono pervenute 14 manifestazioni di interesse” e a breve “avremo una short list di due o tre soggetti validi”
I successivi cinquanta giorni saranno impiegati “per individuare il partner strategico da sottoporre all’assemblea straordinaria dei soci da convocare entro fine anno” Con la tempistica indicata i commissari straordinari prevedono di rinnovare la governance della Banca del Sud gravata da un buco patrimoniale di 12,8 milioni per via di crediti deteriorati. I commissari hanno posto l’accento sulla “inadeguatezza della governance” dell’istituto che vede tra i suoi azionisti la Fondazione Banco di Napoli.
I commissari nella loro relazione hanno messo in luce la “fragilita'” dell’istituto e la necessita’ di una integrazione con altri intermediari con l’obiettivo “per quanto possibile” di preservare sia la vocazione territoriale della Banca del Sud sia i livelli occupazionali. In ogni caso – hanno precisato – la questione del personale “verra’ affrontata dopo aver individuato il partner”. Finora (2 luglio) sono pervenute “sei offerte non vincolanti – hanno puntualizzato – e altri potenziali soggetti interessati stanno effettuando la due diligence”.
Prima dell’avvio della procedura di amministrazione straordinaria – hanno ricordato i due commissari – c’erano state tre offerte risultate pero’ “stentate” se non “del tutto inadeguate”: la prima era stata esclusa dopo che Deloitte aveva riscontrato carenze sotto il profilo dell’integrità reputazionale, la seconda era giunta da un fondo straniero proponendo un aumento di capitale solo di 6 milioni di euro, e la terza proveniva da una cordata di imprenditori e professionisti mettendo sul piatto “in modo molto vago” un aumento di capitale di 20 milioni di euro di cui 9 subito e gli altri nei successivi mesi, senza precisare tempistiche, scadenze e provenienza dei fondi.
Il commissariamento era stato disposto a metà giugno. Da circa un anno il gruppo bancario, nato nel 2005 a sostegno dell’imprenditoria del Mezzogiorno, aveva visto un deterioramento della propria situazione patrimoniale e alla luce di tale situazione Bankitalia ha ordinato l’avvio della procedura, “con l’obiettivo di assicurare un adeguato presidio dell’operatività della banca e di ripristinare condizioni di sana e prudente gestione”.
L’ordine di via Nazionale era arrivato in qualche maniera inaspettato considerando che era stato disposto ad appena quaranta giorni di distanza dall’insediamento del nuovo consiglio d’amministrazione.
Non a caso le reazioni erano state molto violente. La Fondazione Banco di Napoli che accusa l’esistenza di pregiudizi e diffidenza verso gli istituti del Sud Italia. Secondo la Fondazione si è trattato di un atto di vero e proprio «depauperamento del Sud che ricorda la devastazione del Banco di Napoli e contro cui ci muoveremo in tutte le sedi competenti».
Non a caso era stato presentato anche un ricorso. al Tar che però l’aveva respinto. La Fondazione insisteva sul fatto che, nonostante le difficoltà, negli ultimi tempi si erano affacciati nuovi investitori pronti a risollevare le sorti dell’istituto. I commissari, dinanzi alla Commissione di Carla Ruocco, hanno tuttavia sostenuto che “i cavalieri bianchi” erano molto inaffidabili. Una tesi contestata dalla Fondazione secondo cui “il commissariamento della banca è un atto di pregiudizio e diffidenza”.
La banca “aveva ricevuto offerte vincolanti che consentivano di rafforzarne il capitale in termini molto significativi – e ben oltre quanto richiesto dalle norme di settore – potenzialmente idonee ad assicurare un futuro di sviluppo in vantaggio dei territori di riferimento”.
La Fondazione, rimasta orfana del più importante Banco di Napoli, non si da pace. La decisione della Banca d’Italia cade singolarmente all’indomani della convocazione dell’assemblea dei soci per la valutazione dell’offerta di rafforzamento e che impedisce così di procedere con gli strumenti naturali del mercato», sovrapponendo “agli ordinati messi dell’autonomia privata, il potere forte dell’autorità, proprio quando si era sul punto di ricreare favorevolissime condizioni di operatività per la Banca del Sud”
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