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«E cosa dico ai miei concittadini di Asti?», mormorò sottovoce, come se parlasse a sé stesso, un ministro del governo Craxi, prima di votare un emendamento che introduceva la spesa di 450 miliardi per opere pubbliche a Roma.
Com’è finita lo sappiamo tutti, con una Capitale della Repubblica svuotata di poteri, di risorse e funzioni, indebitata fino al collo. Erano gli anni ’80.
Sono passati più di 40 anni ma lo schema è lo stesso. Non c’è governatore, sindaco o amministratore che prima di concedere qualcosa agli altri non rivendichi per sé una fetta del Recovery Plan. Siano pure briciole ma ci devono essere.
L’ultimo assalto di una lunga serie è partito ieri dal primo cittadino di Bologna, Virginio Merola. «Non c’è rinascita senza il coinvolgimento dei sindaci», ha detto, partecipando ad un convegno sulle autonomie, che si è tenuto ieri nella sua città. E ha lanciato l’altolà: «Questo Pnrr senza un ruolo attivo delle comunità locali non si fa!». Detto così è poco meno di una minaccia.
Perché senza una collaborazione istituzionale non si va da nessuna parte. Ma Merola, il cui mandato scadrà ad ottobre, è convinto che «lo scarto tra essere eletti direttamente dai cittadini e gli effettivi poteri dei sindaci sia un tema urgentissimo da affrontare». E forse non ha torto. La soluzione per Merola è trovare «un luogo di confronto nazionale per condividere gli investimenti di Next generation Eu». Tradotto vuol dire mettere i piedi nel piatto.
SINDACI CONTRO GOVERNATORI
Merola non è il primo non sarà l’ultimo. Prima di lui c’è stata una sfilata di governatori pronti a rivendicare un ruolo, un tavolo o semplicemente uno strapuntino in una qualsiasi commissione. Qualcuno più realista. Più federalista, più autonomista, meno statalista. E se questo vuol dire lanciare una frecciatina al suo collega di partito, Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia–Romagna, nonché fautore Dem del regionalismo differenziato, pazienza. «Il centralismo delle Regioni si è aggiunto a quello dello Stato», dice Merola. E chissà che non ce l’abbia proprio con il governatore della porta accanto.
Comuni contro le regioni e regioni contro lo Stato. Un derby in famiglia per aggiudicarsi quei fondi che non avranno un vincolo territoriale? «Ci sono circa 150 linee di intervento, la cui attivazione passerà per migliaia di progetti specifici e questo richiede un rafforzamento delle strutture tecniche e organizzative che dovranno essere “più veloci – ha ricordato proprio ieri il ministro all’Economia Daniele Franco – Tutto questo non sarà facile ma sono sicuro che tutte le amministrazioni si impegneranno con Comuni e Regioni in prima linea».
RISPUNTANO LE PROVINCE
E le Province? Vogliamo tagliare fuori proprio loro, il caro estinto mille volte tagliato abolito, soppresso ma pronto a risorgere come l’Araba fenice? «Se Comuni e Province non sono nella cabina di regia del Recovery il Paese sarà più debole nello spendere queste risorse e sarà la peggiore figura della storia della Repubblica italiana dal dopoguerra ad oggi nei confronti dell’Unione europea», è la profezia funesta di Michele De Pascale, presidente Upi, sindaco di Ravenna e presidente della Provincia di Ravenna, lanciata con furore dal palco dell’assemblea nazionale Ali (Autonomie locali italiane) ieri a Bologna.
Il numero uno delle Province italiane, nel suo intervento, ha condiviso gli affondi dei suoi colleghi, quel dito puntato contro il governo, colpevole di aver escluso gli enti locali nella programmazione del Pnrr. «Di cabine di regia in cui siamo inseriti che non contano niente potremo fare un elenco lunghissimo- si è lamentato De Pascale – ma il fatto che davanti alla nostra richiesta con Anci e Upi di entrare all’interno della cabina di regia ci sia stato risposto di ‘no’, è chiaro che c’è una volontà politica». La lobby dei campanili non si fermerà qui. Cercherà di coinvolgere il Parlamento. «Il provvedimento è all’esame parlamentare – ha chiarito infatti il presidente Upi – il Parlamento ci deve dire se condivide o meno questa impostazione, va chiesto a tutte le forze politiche se la condividono o no».
A tutto però c’è un limite e De Pascale è stato attento a non oltrepassarlo. «Il sistema delle autonomie locali nell’invocare protagonismo ha tutte le carte in regola?», ha chiesto alla platea. «Abbiamo un sistema di autonomie locali in grado di essere infrastruttura di questo cambiamento? Io dico no». Questo perché «chiamiamo Comune sia il comune di Milano, sia un comune di 200 abitanti che hanno sì la stessa dignità per la Costituzione- va avanti- ma in termini di struttura amministrativa sono due cose che non c’entrano nulla l’uno con l’altro». Così, «quando diciamo allo Stato “parlate con i sindaci” – chiarisce – i sindaci metropolitani intendono siano loro gli interlocutori, quelli dei comuni capoluogo pure, e anche il sindaco di un piccolo-medio comune pretenderebbe che si debba parlare con 8.000 sindaci».
TOMA (MOLISE): SOLO NOI POSSIAMO METTERE A TERRA GLI INVESTIMENTI
Il protagonismo invocato dai sindaci non fa difetto ai governatori. Non passa giorno che da parte dei presidenti delle regioni non si registri una levata di scudi, una richiesta di avere voce in capitolo sui fondi Ue. Ieri è stata la volta di Donato Toma. «Spesso gli squilibri che affliggono il Mezzogiorno si traducono anche in situazioni di degrado ambientale e sociale e lo stato di arretratezza infrastrutturale e di assoluta insufficienza di servizi genera sfiducia nelle istituzioni», è la premessa del presidente della Regione Molise. «ll Pnrr può finalmente dare una spallata a questo status quo rilanciando dinamiche economiche, sociali, ambientali virtuose in grado di rilanciare l’economia ed il mercato del lavoro e auspicabilmente facendo ritrovare la fiducia nelle istituzioni ai cittadini. Dobbiamo però fare attenzione – è il monito di Toma, esponente del centrodestra – perché i tempi di impegno e di spesa delle risorse previsti sono strettissimi. Per questo il ruolo delle Regioni e delle autonomie locali è fondamentale per mettere a terra gli investimenti previsti».
In questi giorni le singole amministrazioni centrali stanno incontrando le Commissioni della Conferenza Stato-Regioni per illustrare a livello tecnico i contenuti del Pnrr e condividere le misure da mettere in campo. L’obiettivo del governo è coordinare gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza con la programmazione regionale e con la programmazione del Fondo sviluppo e coesione. Evitare sovrapposizioni, ridurre tempi e sprechi. Basterà a sindaci e governatori?
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