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Tutti contenti per il Pnrr trasmesso alla commissione europea. Ursula von der Leyen per prima viene a manifestare la sua adesione al progetto, nella sede di Cinecittà, che porterà presto i primi miliardi.

Fonte di polemiche riguardanti la quantità di risorse che con questo progetto vengono destinate al Sud, in realtà forse non si è concentrata abbastanza l’attenzione su alcuni obiettivi prioritari che certamente non possono essere solo quelli del conto della serva, ovviamente fondamentale, perché è difficile fare matrimoni con i fichi secchi. Ma che devono andare oltre, perché le risorse hanno un senso se sono tante, se servono alle tante esigenze del Sud, se sono indirizzate bene, altrimenti sono solo sprechi.

 Se, inoltre, non servono ad alimentare le parrocchie dei vari capetti meridionali e se hanno un risultato consistente sui principali asset del Mezzogiorno.

I PARAMETRI BASE

Bene, per misurare tali effetti è necessario riferirsi a due parametri fondamentali: il primo è quello dell’incremento del Pil che nel piano è rilevato e calcolato, l’altro è l’incremento dell’occupazione. Anche questo incremento è stato in qualche modo calcolato sulla base di una percentuale di incremento rispetto alle posizioni ante-Covid.

Si parla di incrementi del Pil nell’ordine del 3-4%, mentre le previsioni occupazionali del Pnrr sul Mezzogiorno sono di +5,5 punti percentuali nel complesso del periodo ’21-’26.

Poiché gli occupati nel Mezzogiorno sono 6,057 milioni, l’impatto, secondo il governo, sarebbe pari a 333mila nuovi addetti, circa 10 volte meno del dato di 3 milioni che viene calcolato da molti centri di ricerca, compresa la Svimez, come l’esigenza per raggiungere il rapporto delle realtà a sviluppo compiuto.

Ma sono previsioni gonfiate, perché fatte con una matrice Sam, che quindi ha andamenti temporali potenzialmente esponenziali.

Bene, questo obiettivo, anche se raggiunto, porterebbe il dato dell’occupazione del Mezzogiorno a circa 6.400.000 occupati, compresi i sommersi, un dato assolutamente insoddisfacente che non permetterebbe di raggiungere quell’obiettivo prioritario che sta nel bloccare l’emorragia di persone formate, pari a 100.000 l’anno, che portano a una perdita di 20 miliardi per il costo di formazione dei soggetti emigranti.

RIAVVIARE LA MACCHINA

Le richieste che bisognerebbe fare al governo sono in realtà quelle relative agli effetti che la massa di risorse disponibili fino al 2026 (e che probabilmente non lo saranno più dopo quella data, perché bisognerà fare i conti con un debito pubblico sempre più dimensionalmente enorme) sposterà in termini di occupazione.

Probabilmente la richiesta deve essere fatta in modo tale che le risposte siano articolate per Regioni intanto, ma anche per branche. Cioè quanto saldo occupazionale si potrà avere nel settore della logistica per esempio, quanto nel settore del turismo, quanto nel manifatturiero, come incideranno le Zes, che tempi di attuazione dovranno avere perché si possano raggiungere i risultati.

Tutto questo è ancora nella mente di Dio, in realtà non vi è un obiettivo da raggiungere e un percorso nel quale le risorse sono strumentali rispetto allo stesso traguardo.

Il tema di fondo sembra essere rimettere in funzione la locomotiva, e operare quei cambiamenti che l’Europa ci chiede in termini di transizione digitale, di cambiamento ecologico, di ammodernamento di un sistema complessivo, che è bloccato per una giustizia lenta, per una Pubblica amministrazione inadeguata.

La speranza è che, una volta ripartita, la macchina da guerra, che dovrebbe essere la manifattura del Nord, si tiri dietro tutto il resto, sperando che alla fine si raggiunga un equilibrio che non può però che essere quello precedente al Covid, che registrava per il Sud un reddito pro capite equivalente alla metà di quello medio italiano, e due realtà totalmente diverse, una ancillare rispetto all’altra.

MINIERA INUTILIZZATA

Si ammoderneranno alcune linee ferroviarie, ma il modello di sviluppo del Paese non cambierà. Forse siamo ancora in tempo per operare una svolta in maniera tale che alcuni obiettivi quantitativi possano essere fissati, stabiliti in modo chiaro, perché da essi deriva il nuovo progetto di sviluppo del quale il Paese ha l’esigenza.

Per cui la logistica dovrebbe diventare fondamentale così come il potenziamento dei porti di Augusta e Gioia Tauro, nei quali dovrebbe svolgersi, se il movimento di container potrà diventare consistente, quei lavori dei retroporti che tanto occupazione sta portando sia a Tangermed che a Rotterdam.

 Così come un intervento determinato su un progetto di sviluppo turistico, di quella che Svimez chiamò, in un lavoro a cura di Barucci, «l’industria turistica del Mezzogiorno», in maniera tale da non lasciare quella che in questo momento è una miniera non utilizzata, alla mercé dei pochi operatori che agiscono nel Meridione e che riescono ad avere un numero di presenze pari a quelle del solo Veneto.

Credo che, piuttosto che su obiettivi generici che riguardano la crescita del capitale umano, certamente indispensabile, il miglioramento delle condizioni sociali complessive della realtà meridionale, bisognerà occuparsi di numeri e quantità.

 E su questi bisognerà chiedere conto al governo in carica e a tutti quelli che verranno fino al 2026. consci che questa è l’ultima occasione e che, se non si coglierà, il tema del ritardo del Mezzogiorno si risolverà lo stesso, ma con la diminuzione demografica della popolazione del Sud.


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