Il presidente del Consiglio Mario Draghi
4 minuti per la letturaLA SITUAZIONE economica «è in forte miglioramento» e la fiducia «sta tornando»: una miscela che fa parlare il premier Mario Draghi, nelle consuete comunicazioni alle Camere prima del Consiglio europeo che si terrà oggi e domani, di ragionevole ottimismo.
«La situazione economica europea e italiana è in forte miglioramento», ha affermato ricordando le previsioni della Commissione UE, secondo cui nel 2021 e nel 2022 l’Italia crescerà rispettivamente del 4,2% e del 4,4%. Non è escluso che si possa arrivare al 5% come anticipato pochi giorni fa dal ministro dell’economia Daniele Franco. Per sostenere la crescita «è fondamentale mantenere a livello europeo una politica di bilancio espansiva nei prossimi mesi», che permetterà anche di ridurre il rapporto tra debito e prodotto interno.
Una politica espansiva basata sulla crescita, tuttavia, potrebbe scontrarsi contro le regole Ue sospese per la pandemia, che prevedono il rispetto della regola del 3% sul deficit. Ma il Patto di stabilità, secondo Draghi, «non si ripresenterà nella stessa forma di prima» e su questo «non ci sono pericoli». «La discussione è solo agli inizi e durerà tutto il 2022 e solo nel 2023 potremmo avere una proposta condivisa da tutti», ha detto ai deputati. «Raggiungere tassi di crescita notevolmente più alti di quelli degli ultimi decenni consentirà di creare nuovi lavori, fondamentali per affrontare le transizioni, come quella digitale e quella ambientale».
A livello epidemiologico, nell’Unione Europea «più di metà della popolazione adulta ha ricevuto almeno una dose di vaccino». In Italia la quota «è quasi del 60% e circa il 30% della popolazione adulta ha completato l’intero ciclo di vaccinazione». In questo quadro, il primo ministro ha avvertito su «alcuni rischi» per l’economia a cominciare dall’inflazione che nell’area euro ha raggiunto il 2% a maggio dopo l’1,6% ad aprile. «Tuttavia – ha spiegato – c’è largo consenso che, a oggi, questo aumento sia temporaneo perché legato a un recupero della domanda e a strozzature dell’offerta». Draghi sottolinea l’essenzialità del rapporto con il Parlamento che, assicura, avrà un ruolo “fondamentale” in tutta l’attuazione del Pnrr che ha appena incassato l’ok della Commissione.
«Gli occhi dell’Europa sono sull’Italia, il successo del programma dipende in larga parte da noi», ribadisce. L’obiettivo del governo «è superare in maniera duratura e sostenibile i tassi di crescita anemici che l’Italia registrava prima della pandemia». Per farlo è essenziale che l’Europa mantenga una politica di bilancio espansiva senza però perdere d’occhio l’aumento del debito: quando la crescita sarà sostenibile bisognerà riprenderne il controllo. Ma la crisi è tutt’altro che passata, i rischi sono ancora forti soprattutto per quel che riguarda «l’emergere di varianti, che possono rallentare il programma di riaperture e frenare consumi e investimenti».
Anche per questo bisogna procedere nella campagna vaccinale «con la massima intensità», continuando a concentrarsi «senza distrazioni» sui più anziani e i più fragili. L’altro rischio è legato all’inflazione, su cui bisogna «mantenere alta l’attenzione affinché le aspettative restino ancorate al target di medio termine. E dobbiamo monitorare il rischio di una divergenza tra l’economia della zona euro e quella statunitense».
Ancora più complesso il capitolo migranti. A Bruxelles Draghi insisterà sulla necessità di una gestione «davvero europea» con un «impegno comune che serva a contenere i flussi di immigrazione illegali; a organizzare l’immigrazione legale; e aiutare questi paesi – in primis la Libia – a stabilizzarsi e a ritrovare la pace». Il pressing italiano si concentrerà sui ricollocamenti, sottolineando la necessità di «una solidarietà obbligatoria verso i Paesi di primo arrivo attraverso la presa in carico dei salvati in mare» che al momento resta “divisiva” in Europa.
«Serve un’alternativa di lungo periodo, per fare in modo che nessun Paese sia lasciato solo, assicura Draghi che vede invece i punti di convergenza sull’azione esterna dell’Unione e punta a intensificare – in tempi rapidi – partenariati e forme di collaborazione con i Paesi di origine e di transito, in particolare con i Paesi africani».
Il Patto sulla Migrazione e l’Asilo proposto il 23 settembre del 2020, evidenzia, «ha il merito di ricercare un cambio di prospettiva» ma il negoziato in corso «dimostra che c’è ancora molto lavoro da fare».
Il governo, spiega il premier, vuole che il Consiglio «promuova un’azione più incisiva sui rimpatri, anche attraverso lo strumento dei rimpatri volontari assistiti, e che favorisca un impegno comune a sostegno dei corridoi umanitari».
Ma più in generale, «serve una maggiore considerazione dal punto di vista politico e finanziario delle rotte migratorie nel Mediterraneo centrale e occidentale. Oggi è privilegiata soprattutto la rotta orientale, sul piano giuridico e finanziario».
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