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Mario Draghi e Ursula Von der Leyen a Cinecittà

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Si vengono incontro come se fossero in un film – del resto la location è la migliore: siamo o no a Cinecittà? – lei con le braccia aperte a livello dei gomiti, lui più compostamente con andatura decisa e compassata.

Quando si incontrano non si abbracciano ma si porgono i pugni chiusi in segno di saluto e di compenetrazione. Oggi è il giorno giusto, il giorno in cui Italia e Europa sono più vicini e solidali che mai; il giorno in cui il Paese con impresso lo stigma dell’inaffidabilità porge i compiti fatti e fatti bene; il giorno in cui la Ue consegna la pagella di promozione, quella che abilita all’accesso nella ristretta stanza dei decisori continentali.

È il giorno in cui la presidente della Commissione Ue e il capo del governo italiano si stringono rivolgendosi un reciproco riconoscimento. Ci sono le volontà, c’è la fiducia, ci sono le competenze e ci sono pure i soldi: 25 miliardi che arriveranno entro luglio. Alla sommità di tutto ci sono le parole che suggellano il patto. Eccole.

CINECITTÀ. È il termine linguistico che designa il luogo simbolo, come specificatamente lo identifica Mario Draghi. Non fabbrica dei sogni bensì metafora della rinascita del Paese, della voglia di riprendere in mano bandiere obbligatoriamente riposte causa Covid. La cultura, la genialità, i 300 milioni di investimenti “per nuovi studi, nuovi teatri e soprattutto la valorizzazione del patrimonio documentale”.

Cinecittà luogo dove si racconta l’Italia, ricorda Draghi, come accaduto nel dopoguerra col neorealismo e la voglia di crescere. «Oggi celebriamo l’alba della ripresa», scandisce il capo del governo. E la Von der Lyen si mette a scia: «Ricordiamo Fellini, i suoi capolavori come La Strada o La dolce vita. Sono curiosa di sapere come procederete con gli investimenti su questo fronte», dice la presidente. Fa caldo, ma un brivido corre nella schiena di tanti.

ORGOGLIO. Sì, è la giornata dell’orgoglio italiano. Draghi non fa nulla per nasconderlo e del resto perché dovrebbe? È la parola che scorre come fiume tempestoso verso il mare, il termine vessillo del successo del Pnrr. «Con l’Europa si è avviata una interlocuzione fondamentale – chiosa SuperMario – per impostare quelle riforme che sono un tentativo ambizioso e necessario di rendere il Paese più giusto e più competitivo». «È un momento speciale per l’Italia – conferma la presidente Lyen – e lo dimostra anche il successo del piano vaccinale. Il vostro Paese ha ispirato solidarietà e può rendervi il motore della crescita continentale». Niente male per chi fino a ieri era considerata una landa di zavorra debitoria. Per capire quanta (giustificata) melassa circoli, c’è perfino spazio nelle parole della von der Lyen per un riconoscimento al buon comportamento degli Azzurri agli europei di calcio. Che vogliamo di più?

ONESTÀ. Tranquilli, la parola rotola nei discorsi ufficiali ma non ha niente a che vedere col ritornello ta-ta-tà dei grillini d’antan. Piuttosto è il piatto forte che Draghi serve alla Commissaria e agli italiani: «Le risorse sono molte (191,5 miliardi di euro: alla Spagna, che segue ne vanno meno di 70 n.d.r) e il nostro compito è spendere tutto bene, in modo efficiente e con onestà».

Senza interpretazioni forzate, quella parola nella mente del presidente del Consiglio ha il senso di voler evitare sperequazioni, favoritismi, opacità. L’onestà è quella di dire agli italiani: questi sono i soldi e così intendiamo spenderli. Privilegiando la coesione sociale, altro concetto decisivo nell’azione di Draghi; l’inclusione sociale, la sostenibilità ambientale. Onesta è la politica che non solo promette ma mantiene pure. Anche per questo, insiste Draghi, è fondamentale evitare «effetti annuncio». «Ci sono due condizioni che ci soccorrono. Da un lato la volontà politica che si è manifestata nel voto largo in Parlamento sul Pnrr. Dall’altro la capacità amministrativa» che si esprime attraverso la riforma della Pubblica amministrazione. Vuol dire essere in grado di spendere i soldi che vengono stanziali. Male tricolore endemico. «L’Italia ha ispirato solidarietà – rincara von der Lyen – e adesso l’intera Ue vi sta guardando. Volete intervenire nella protezione ambientale ed è giusto: significa crescere e investire nel futuro».

RIFORME. È il presupposto di tutto, e sia Draghi che la presidente della Commissione non fanno sconti. L’elenco è dettagliato e tra le priorità c’è la riforma della giustizia. Terreno delicatissimo, ma nessuno si illuda: il cronoprogramma è quello stabilito che va da giugno fino alla fine dell’anno e più avanti ancora fin dove si può. La Ue monitorerà ogni sei mesi che lo stato di avanzamento sia quello pattuito. Fuori da questa road map c’è il mare in tempesta dell’irresponsabilità. Chi vuole solcarlo si accomodi: sulla scialuppa di Draghi e della Ue per gente così non c’è spazio. «Bisogna rispondere ai cittadini europei che pagano le tasse per finanziare il Recovery», taglia corto SuperMario: «Com’è noto, le riforme provocano cambiamenti e talvolta anche crisi. E i cambiamenti saranno assai profondi con la transizione ecologica e la digitalizzazione». Ma quei cambiamenti non sono un optional: sono gli effetti benefici delle riforme. Che vanno fatte, ora o mai più.

MAKE IT REAL. Nessuna concessione anglicista. È lo slogan che accompagna la cerimonia di Cinecittà. Ed è anche il nocciolo del Pnrr e dello sforzo governativo di Draghi. Fare in modo che tutto quel che viene impostato diventi concreto. «Abbiamo di fronte un’occasione che capita una volta nella vita», scandisce von der Lyen. Sprecarla sarebbe puro masochismo. Per la generazione attuale e soprattutto per le prossime. Donne e giovani sono il core business del Recovery. Impossibile sottovalutarlo o, peggio ancora, dimenticarlo.


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Stefano Mandarano

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