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Sono le imprenditrici under 35 a trainare la nascita delle nuove aziende femminili nel primo trimestre 2021. Le neo-imprese fondate dalle capitane d’azienda più giovani sono aumentate dell’8,1% rispetto ai primi tre mesi del 2020.
In generale le giovani hanno mostrato durante la pandemia una capacità di resilienza lievemente superiore rispetto alle imprenditrici più adulte, “ancora molto timorose” di fronte alla scelta di mettersi in proprio, con un tasso di neo-progettualità inferiore del 2%. Il Mezzogiorno, che si rivela fucina di imprenditorialità rosa, vede nascere oltre 8 mila imprese femminili.
Campania e Sicilia, insieme a Lombardia e Lazio sono le regioni in cui si concentra il maggior numero di imprese guidate da donne, mentre nel Molise, nella Basilicata e in Abruzzo l’imprenditorialità femminile incide in misura più significativa sul totale delle attività, risultando pari a oltre un quarto delle aziende operanti sul territorio.
La dinamica positiva che l’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere ha registrato nei primi tre mesi del 2021 sulla nascita di nuove attività femminili, nel presentare i dati ha sottolineato il peso del divario di genere con cui si scontrano i buoni risultati.
Nel primo trimestre dell’anno l’incremento percentuale delle nuove imprese maschili è stato pari al 9,5%, contro l’1% di quelle femminili. Una vecchia storia, si direbbe, su cui già in tempi pre-pandemia, due anni fa, a maggio 2019, il sesto Forum Terziario Donna della Confcommercio aveva acceso un faro.
Da quel confronto era emerso come esistessero ampi spazi da colmare per l’imprenditorialità femminile, una imprenditorialità dove per 45 donne titolari o socie si contavano cento uomini. E per 28 imprese femminili erano cento quelle maschili.
Fra i tratti caratterizzanti delle imprese femminili giovanili, oltre alla capacità di incidere di più nell’impatto rispetto a quelle maschili (12,4% contro l’8,6% per il totale economia, 13,6% contro il 10,2% per il commercio e turismo) nel 2019 era spiccata anche la tendenza a “vivere” meno anni rispetto a quelle maschili. È presto per dire se le nuove nate del primo trimestre 2021 si riveleranno in grado di superare quella vulnerabilità.
Ripresa e resilienza
Sono 26mila299 le imprese femminili nate tra gennaio e marzo scorso, contro le 26mila044 dello stesso periodo 2020. Il dato, sebbene sia il più basso dal 2015, mostra il ritorno alla vitalità imprenditoriale.
Al Sud, nel primo trimestre 2021 le neo-imprese rosa sono state 8mila 833, con i picchi della Campania- 2mila643 -, della Sicilia – mille867 aziende -, della Puglia – mille880 – e della Calabria e Sardegna, dove si contano in tutto oltre mille450 nuove imprese femminili.
Nel 2020, la tenacia ha premiato le imprenditrici under 35. Il calo delle iscrizioni delle neo imprese è stato più contenuto rispetto a quello delle aziende rosa non giovanili (-38,6% contro – 44,0% nel secondo trimestre, – 3,7 contro – 5,3% nel terzo. Tuttavia, il crollo delle iscrizioni che per tutto il 2020 ha colpito le attività sia maschili che femminili, ha penalizzato maggiormente quelle rosa. Le donne, evidenzia Unioncamere, “continuano a pagare un prezzo più alto degli uomini alla crisi indotta dalla pandemia”.
E “la crescita dell’1% rispetto a gennaio-marzo 2020 segna una prima svolta rispetto ai trimestri precedenti, anche se non assume ancora la robustezza degli anni passati”. Robustezza a cui bisogna tendere. Ad oggi, oltre un’impresa su cinque è rosa. Le imprese femminili sono 1 milione 334mila673, pari al 21,97% del totale del sistema produttivo nazionale, che conta 6 milioni 75mila510 aziende. La Campania, con la Sicilia, il Lazio e la Lombardia superano di misura le oltre 100 mila imprese femminili regionali, arrivando a rappresentarne insieme oltre 577mila200. Molise, Basilicata e Abruzzo, con tassi di femminilizzazione pari rispettivamente al 27,26%, al 26,26% e al 25,71% sono le regioni in cui le donne d’impresa “pesano” per oltre un quarto del totale delle attività sul territorio.
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