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Oltre 200 miliardi per rilanciare il Paese, sanare le ferite che il Covid ha inferto al suo tessuto economico e sociale, aggredire le sue debolezze strutturali. E far ripartire il processo di convergenza – per usare le parole del premier Mario Draghi – tra il Nord e il Sud, con l’impiego del 40% delle risorse in campo per investimenti nel Meridione: 82 miliardi, al netto del “contributo” delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione (20 miliardi, di cui l’80% al Mezzogiorno) e del React Eu (oltre 8 miliardi al Sud su una dote di 13,5).
E sembra che la quota Sud sia destinata ad andare ben oltre il l 40% man mano che il lavoro di limatura e sistematizzazione degli interventi procede. Il Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) può contare sui 191,5 del Recovery fund, un Fondo complementare finanziato in deficit e un piano annesso per 40 miliardi in totale, e 10 miliardi sono per l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria. Un enorme quantità di denaro che considerando anche altre risorse europee porta il Piano a sfiorare i 250 miliardi.
Il Pnrr targato Draghi sarà oggi sul tavolo del Consiglio dei ministri per un primo esame al testo, mentre l’ok definitivo dovrebbe arrivare da un secondo Cdm previsto tra il 28 e il 29 aprile. Lunedì e martedì verrà presentato in Parlamento ed entro il 30 aprile alla Commissione europea cui ieri, anticipando tutti, il Portogallo ha consegnato il suo progetto definitivo. La prima tranche di aiuti, che per l’Italia vale circa 23-24 miliardi (13%), dovrebbe arrivare entro la fine di luglio.
IL CAPITOLO SUD
Nel piano trova posto un capitolo Sud che, missione per missione, raggruppa gli interventi e le risorse destinate al Mezzogiorno. In particolare, la missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” destina al Mezzogiorno 14,58 miliardi, il 36,1% delle risorse; 23 miliardi, il 34,3%, la “Rivoluzione verde e transizione ecologica”; 14,53 miliardi, il 53,2%, le “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”; 14,63 miliardi, il 45,7%, l’“Istruzione e ricerca”; 8,81 miliardi, il 39,4%, l’“Inclusione e Coesione”; e circa 6 miliardi (il 35/37%) la missione “Salute”.
Come emerge da uno stralcio del capitolo che ministro Mara Carfagna illustrerà in Consiglio dei ministri, gli oltre 14 miliardi per le infrastrutture verranno impiegati per l’alta velocità, porti, strade con una ricaduta importante sull’occupazione legata alla logistica. Il 50% dei fondi territorializzati per l’intermodalità e la logistica, poi, puntano al Mezzogiorno, vi si affiancano i 600 milioni previsti per l’infrastrutturazione delle Zes (Zone economiche speciali) previsti nella missione 5. Per l’istruzione e la ricerca, temi al centro della missione 4, le regioni meridionali posso contare su circa 15 miliardi per finanziare gli asili e le scuole d’infanzia, l’edilizia scolastica, il contrasto dell’abbandono scolastico e la povertà educativa. L’obiettivo finale è la garanzia per tutti dei livelli essenziali di prestazione (Lep).
La missione 5, Inclusione e coesione, destina al Meridione oltre il 39% delle risorse per rafforzare i servizi essenziali e colmare il gap di connettività e digitalizzazione nelle aree marginali, creando opportunità di lavoro e migliorando l’attrattività del territorio. Per le aree interne il Piano destina 1,125 miliardi, di cui 300 – previsti nel fondo complementare per la manutenzione delle strade 100 per la creazione di presidi sanitari nei piccoli comuni.
INVESTIMENTI E RIFORME
Sei le missioni del Pnrr, articolate su 16 componenti, per un piano di investimenti per un piano di investimenti da 221,5 miliardi per il periodo 2021-2026: 191,5 miliardi le risorse europee del Recovery fund – 138,5 per nuovi progetti e 53 per sostituire la copertura di progetti in essere – e 30,04 miliardi coperti con il Fondo complementare alimentato in deficit destinato al finanziamento dei progetti “esclusi” dal Recovery Plan. Fondi di finanziamento diverse, ma uguali procedure, obiettivi intermedi e target. Unica differenza: gli interventi finanziati con le risorse del nazionale non dovranno essere rendicontati a Bruxelles e non hanno il 2026 come tempo limite per la realizzazione. Ad accompagnare il Piano un pacchetto di riforme che si definisce “ambizioso” e investono la pubblica amministrazione e la giustizia accanto, tra le altre cose, a interventi sul codice degli appalti, per la semplificazione e sul contratto di programma per le Ferrovie. Tre i “problemi” da affrontare in maniera prioritaria: la diseguaglianza di genere, l’inclusione giovanile e i divari territoriali.
L’impatto atteso sul Pil è di 3 punti percentuali in più rispetto allo scenario di base (ovvero senza il Pnrr), con una crescita media nel 2022-2026 di 1,4 punti più alta rispetto al 2015-19.
LE MISSIONI
Par la missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura il Recovery Plan mette in campo 42,5 miliardi (di cui 38,25 destinati a nuovi progetti); 57 per la “Rivoluzione verde e transizione ecologica” (34,58); 25,3 miliardi “Infrastrutture per la mobilità sostenibile (14,13); 31,88 per “Istruzione e ricerca” (24,10); 19,1 per “Inclusione e coesione” (14,81); 15,63 per salute (12,65) che dovrebbero arrivare a 19,7 con 1,71 in arrivo dal React Eu e 2,39 dal Fondo complementare.
Nell’ambito della prima missione (42,5 miliardi in totale), per la digitalizzazione e l’innovazione della Pa si investono rispettivamente 9,76 e 1,27 miliardi; 2,34 per riorganizzare il sistema giudiziario. Per la digitalizzazione e la competitività del sistema produttivo si prevedono 26,72 miliardi, sulla voce Transizione 4.0 e Banda larga sono appostate le maggiori risorse, rispettivamente 18,46 e 5,31 miliardi. Per le connessioni veloci oltre un miliardo, poi, compare nella tabella con gli investimenti finanziati con il Fondo complementare. Oltre il 45% degli investimenti sulla banda larga sono previsti al Sud. Per il turismo e la cultura si stanziano oltre 6 miliardi.
Per la Rivoluzione verde (57 miliardi complessivi), rispettivamente 5,46 e 24,80 miliardi sono stanziati per l’agricoltura e la mobilità sostenibile – con investimenti sul trasporto locale (tra le altre cose, per le colonnine elettriche e il rinnovo delle flotte e bus elettrici) e sull’idrogeno (per 3,19 miliardi). Oltre dieci miliardi per finanziare le misure dell’ecobonus e del sismabonus fino al 110% per l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici, altri 8,25 saranno finanziati attraverso il Fondo complementare.
Sulle infrastrutture il piano investe complessivamente 25,33 miliardi, 24,97 sono per l’alta velocità ferroviaria e la manutenzione stradale. Per l’alta velocità nel Mezzogiorno sono stanziati 4,64 miliardi, 8,57 per linee del Nord che collegano all’Europa. Restando al Sud, si prevedono 2,40 miliardi per il potenziamento, l’elettrificazione e la resilienza delle ferrovie nel Sud e 700 milioni per il miglioramento delle stazioni ferroviarie nel Meridione.
Per l’istruzione e la ricerca sono previsti 31,88 miliardi da investire per rafforzare il sistema educativo, le competenze digitali e Stem, la ricerca e il trasferimento tecnologico. Ma anche per asili nido, materne e una “scuola 4.0”, ovvero moderna e cablata e per il risanamento strutturale degli edifici scolastici.
I 19,12 miliardi per la missione Inclusione e coesione sono destinatati ad interventi per le politiche attive del lavoro, per lo sviluppo dei centri per l’impiego, per l’imprenditoria femminile, per rafforzare i servizi sociali, la rigenerazione urbana e gli investimenti (600 milioni) per le Zone economiche speciali (Zes) del Sud. Rientrano in questa missione, ma saranno finanziati attraverso il Fondo complementare, altri due investimenti con ricadute nel Mezzogiorno, l’intervento per la sicurezza delle strade nelle aree interne (300 milioni) e quello per la creazione di Ecosistemi dell’innovazione (350 milioni).
Nella missione dedicata alla Salute, con un budget di 15,63 miliardi, sono previsti interventi per il potenziamento dell’assistenza sanitaria e della rete sanitaria territoriale con un investimento di 7 miliardi; mentre 8,63 miliardi sono per l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale.
LA GOVERNANCE
Per quanto riguarda la governance, per l’attuazione si prevede una responsabilità diretta delle strutture operative coinvolte: ministeri, enti locali e territoriali per “la realizzazione di investimenti e riforme entro i tempi concordati; per la gestione regolare, corretta ed efficace delle risorse”. Il monitoraggio, la rendicontazione e la trasparenza, si legge nelle slide, sono “incentrate al ministero dell’Economia che monitora e controlla il progresso nell’attuazione di riforme e investimenti e funge da contatto unico per le comunicazioni con la Commissione europea”.
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