Il presidente del Consiglio Mario Draghi
3 minuti per la letturaIl consiglio dei ministri ha approvato il Documento di economia e finanza (Def) lo scostamento di bilancio per altri 40 miliardi che porta il disavanzo per il 2021 all’11,9%.
La crescita è prevista al 4,5% che risulta allineata a quella formulata dal Fondo Monetario Internazionale (4,1%). È stato anche istituito un fondo da 30 miliardi da aggiungere ai 191 miliardi già previsti dal Recovery Fund portando il totale degli investimenti alla cifra record di 222 miliardi.
La disponibilità sale 237 miliardi con l’utilizzo di altri fondi della programmazione europea. «Si tratta – scrive il ministro dell’Economia Daniele Franco – di un piano di rilancio, di uno shock positivo agli investimenti pubblici e incentivi agli investimenti privati, a ricerca e sviluppo, a digitalizzazione e innovazione, senza precedenti nella storia recente».
Grazie a questo gigantesco intervento il Pil dovrebbe aumentare del 4,8% nel 2022 per poi abbassarsi al 2,6% nel 2023 e all’1,8% nel 2024. Tassi d’incremento mai visti nei vent’anni di appartenenza dell’Italia all’area euro. Resta il fatto che la caduta di Pil registrata nel 2020 sarà recuperata solo alla fine del 2022. Le stime sono ovviamente legate all’andamento della campagna di vaccinazione. Il mancato successo ridurrebbe la ripresa nel 2021 al 2,7%.
A questo proposito viene specificato che «sebbene l’andamento delle infezioni abbia rallentato ai primi di aprile, non può escludersi che nei prossimi mesi il contenimento dell’epidemia richiederà di valutare talune restrizioni alle attività che comportano maggiori rischi di contagio. Ciò causerà effetti diretti e indiretti il cui impatto deve essere alleviato allo scopo di limitare le conseguenze sul benessere delle persone, sulle dinamiche sociali e sulla sopravvivenza delle imprese più colpite».
La crescita tenderà progressivamente a normalizzare la dinamica dei conti pubblici con il rapporto fra deficit e Pil che tornerà sotto il 3% nel 2025. Il debito è stimato al 159,8% nel 2021, per poi diminuire al 156,3% nel 2022, al 155% nel 2023 e al 152,7% nel 2024.
Il tasso di disoccupazione salirà al 9,6% nel 2021 dal 9,3% dell’anno scorso per poi scendere al 9,2% nel 2022, all’8,5% nel 2023 e all’8,0% nel 2024. La lotta all’evasione fiscale ha consentito nel corso del 2020 di recuperare entrate per 12,7 miliardi.
Lo scostamento di 40 miliardi (l’ultimo, si è augurato il ministro Franco) andrà a finanziare un nuovo decreto Sostegni, previsto fra la fine di aprile e l’inizio di maggio che questa volta sarà dedicato alle imprese. Venti miliardi, infatti, andranno alle aziende e alle partite Iva. Tra le misure più attese ci sono nuovi aiuti su affitti, Imu del turismo e occupazione del suolo pubblico (esenzione fino a un anno), 6,7 miliardi per finanziare Transizione 4.0, stop selettivo di una serie di scadenze fiscali, misure per la liquidità delle imprese (proroga delle moratorie e rinvio dell’entrata in vigore del Codice delle crisi di impresa.
Dopo la frenata del primo trimestre è attesa una ripresa molto vigorosa per giugno. Per questa ragione la parte più consistente delle risorse del nuovo decreto dovrebbe andare ai contributi a fondo perduto, visto che questa volta non c’è la necessità di finanziare le misure a protezione del lavoro già previsti dal decreto da 32 miliardi varato dal governo Conte all’inizio di gennaio.
Nel pacchetto potrebbe entrare qualche misura di sostegno, anche ai contratti a termine, ma c’è una riflessione in corso visti “i tanti incentivi” alle assunzioni già in vigore per il 2021 che ancora, visto il perdurare delle chiusure anti-contagio, non hanno potuto dispiegare i loro effetti.
«I sostegni ai titolari di partite Iva e alle imprese impattate dalla crisi da Covid-19 rappresentano più di metà degli impegni previsti sul 2021 – aggiunge la relazione – saranno inoltre adottate misure per aiutare le imprese a coprire i costi fissi, sia sgravio di imposta che la copertura della quota fissa delle bollette e di parte dei canoni di locazione tramite crediti d’imposta».
In particolare «la seconda e la terza ondata dell’epidemia, e le relative fasi di contenimento, sono state più intense e prolungate di quanto previsto all’epoca della Nadef, il che – si legge nel testo – comporta un maggior rischio di danni permanenti al tessuto produttivo»; dunque per «limitare al massimo questo rischio, è necessario fornire alle imprese ulteriori sostegni in termini di accesso alla liquidità e capitalizzazione; sul fronte dell’occupazione, sarà necessario assicurare che il mercato del lavoro funzioni più efficientemente e sostenere il riallocamento dei lavoratori».
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