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Il ministro al Sud e Coesione Territoriale, Mara Carfagna

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AL MEZZOGIORNO andrà il 40% delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e la quota potrà salire ulteriormente se il territorio – enti locali e imprese in primis – sarà messo nelle condizioni di poter competere ad armi pari con il resto del Paese, e riuscire quindi ad assorbire una parte maggiore delle risorse messe a bando: il ministro per il Sud, Mara Carfagna – intervenendo al question time al Senato prima e in Conferenza unificata poi – ha svelato i numeri del “capitolo Sud” del Recovery Plan da 191 miliardi che il governo Draghi dovrà presentare a Bruxelles a fine mese.

Si tratta di una percentuale costruita attraverso il lavoro di «ricognizione» missione per missione, misura per misura, che ha coinvolto tutti i ministeri, di «difesa» – e sulla difesa il ministro ha messo l’accento più volte – e «incremento degli interventi destinati al Mezzogiorno», cui si arriva al netto del “contributo” delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione (20 miliardi, di cui l’80% al Mezzogiorno) e del React Eu (oltre 8 miliardi al Mezzogiorno su una dote di 13,5) considerato nell’ultima versione del Piano redatto dall’esecutivo Conte a gennaio che su questi “puntelli” faceva affidamento per raggiungere il 40% promesso. Senza si sarebbe fermato ben prima della percentuale assicurata dalla clausola del 34%. Una percentuale “vera” quindi, con cui il Mezzogiorno può investire nella sua ricostruzione e nel recupero del divario con il resto del Paese, partendo dai diritti di cittadinanza che passano anche dall’attuazione dei Lep, i Livelli essenziali di prestazione. «In questo 2021 progettiamo gli investimenti di un decennio che può cambiare l’Italia: non solo il Pnrr ma anche il React-Eu, il nuovo ciclo di programmazione dei Fondi strutturali europei e quello del Fondo di Coesione – ha sottolineato il ministro – Le scelte dei prossimi mesi possono aprire una stagione di sviluppo straordinaria: qualcosa di simile agli anni ’60, un periodo che ha costruito benessere e sicurezza per molte generazioni di italiani. Saremo giudicati come generazione politica per i risultati che sapremo ottenere».

E su quelli raggiunti nel Mezzogiorno si gioca anche la partita del rilancio del Paese. Le risorse giocano un ruolo fondamentale. Ci sono i margini per andare anche oltre il 40% delle risorse al Sud, ha sostenuto il ministro, ma passano attraverso l’irrobustimento della efficienza amministrativa e la modifica di alcune procedure che penalizzano la ricettività da parte del Meridione di progetti nazionali: sul superbonus ad esempio il Mezzogiorno, secondo le stime, non riesce ad assorbire oltre il 9% delle risorse, arrivando a 1,72 miliardi su una budget di 18,72.

Da un lato, quindi, l’esigenza di riformare gli iter procedimentali, dall’altro di porre vincoli di destinazione al Sud in alcuni capitoli del Pnrr per evitare che le risorse si concentrino altrove. Intanto, per “curare” le inefficienze delle Pa meridionali, entro luglio arriveranno i 2.800 tecnici che aiuteranno le amministrazioni nel processo di attuazione del Recovery plan, «un primo passo», ha assicurato il ministro, cui seguiranno in sinergia con il ministero della Funzione pubblica, altri interventi per rafforzare le strutture meridionali.

Missione per missione, di fronte alla Conferenza Unificata, Carfagna ha anticipato quindi i numeri del “Recovery Sud”, dettagliati in un capito ad hoc che, ha sostenuto Carfagna, avrebbe dovuto far parte del Piano fin dalla prima versione: «Un conto è lavorare al più grande piano di ricostruzione per il Paese dal dopoguerra avendo un orizzonte temporale di un anno, un conto è farlo in due mesi. Ho dovuto lavorare sull’impostazione che ho trovato», ha affermato ricordando che nel progetto messo a punto dall’esecutivo Conte il Mezzogiorno veniva considerato, insieme alle donne e ai giovani, una priorità trasversale a tutte le missioni, rendendo ardua – come è stato evidenziato anche nelle relazioni degli Uffici studi di Camera e Senato e non solo – la stima delle risorse effettivamente destinate al Meridione.

Intanto, la Missione 3 “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” cui nel piano sono destinati 31,94 miliardi, riserva al Sud la quota più rilevante: le due componenti “Alta Velocità Ferroviaria” e “Strade Sicure e Intermodalità e Logistica Integrata” “consegnano” al Mezzogiorno il 52% delle risorse: 14,5 miliardi su 27,3. «L’alta velocità ferroviaria nel Mezzogiorno è la vera protagonista di questa missione – ha sottolineato Carfagna – con il finanziamento dei lotti funzionali delle linee Napoli-Bari, Salerno-Reggio Calabria, Palermo-Messina-Catania, Roma-Pescara, Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia». La Missione 1 “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, che vale 48,9 miliardi, destina al Mezzogiorno il 36,1% dei fondi e a questa quota, ha spiegato il ministro, si arriva in virtù di un forte contributo della componente “Digitalizzazione e innovazione PA” al Sud (il 40%) e “Digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo” (il 37,1%). In particolare, nei giorni scorsi era stata esplicitata anche la quota degli investimenti sulla banda ultra larga che il ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao, stima pari al 48% degli investimenti.

Tra i progetti finanziati nell’ambito della componente “Turismo e cultura”, troverà posto, ha anticipato Carfagna, il recupero del Real Albergo dei Poveri di Napoli per una spesa di 100 milioni. Per realizzare la “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, poi, la Missione 2 dispone di 68 miliardi: di questi, nell’ambito della componente “Impresa verde ed economia circolare”, ai territori meridionali vanno 2,8 miliardi su 5,3, il 53,22%. Per la “Transizione energetica e mobilità locale sostenibile”, 11,2 miliardi su 26,56, il 42,1%. Per la tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica 6,4 miliardi su 15, il 44,2%. Sull’ “Istruzione e ricerca” (Missione 4) il Pnrr investe 32,02 miliardi e ne indirizza al Sud 14,63 su un totale di 31,9 miliardi territorializzati, pari al 45,7%.

’“Inclusione e coesione”, la Missione 5, cui si affida proprio il compito di superare i divari a ogni livello – di genere, di latitudine, nei diritti – destina al Sud 2,48 miliardi dei 6,66 previsti per le “Politiche per il lavoro” (il 37%); per le “Infrastrutture Sociali, Famiglie, Comunità e terzo settore” su 11,53 miliardi, la quota meridionale è di 4,46, il 38,6. Nell’ambito degli “Interventi speciali per la coesione sociale” (componente 3), di diretta competenza del Ministro per il Sud, si è proceduto, ha spiegato il ministro, a una rimodulazione rispetto al piano del precedente governo, a saldi invariati, di quattro delle sei linee d’intervento privilegiando progetti capaci di un impatto più immediato sull’economia del Meridione e delle aree del Centro-Nord destinatarie degli interventi della coesione.

Vi rientrano quelli per l’infrastrutturazione delle Zes cui sono destinati 600 milioni e saranno “accompagnati” da una riforma della disciplina delle Zes, attraverso il rafforzamento della figura commissariale; 350 milioni contribuiranno alla realizzazione al Sud di Ecosistemi per l’innovazione; 300 milioni saranno investiti per la ristrutturazione di beni confiscati alle mafie; 250 milioni per il finanziamento di bandi per il contrasto alla povertà educativa al Sud.


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