La ministra della Giustizia Marta Cartabia
4 minuti per la letturaL’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che ha sede a Parigi, oggi ha parlato anche dell’Italia. In realtà “Obiettivo Crescita dell’Ocse”, nella sua edizione 2021, parla delle misure e delle riforme che i 37 Paesi aderenti all’Organizzazione dovrebbero perseguire per una “vera ripresa ” dopo il dramma della pandemia.
Il rapporto e le considerazioni per l’Italia non presentano particolari elementi di novità. Anche senza guardarlo con particolare attenzione le sollecitazioni che fa sono abbastanza scontate. Come il padre che dà i consigli al giovane figlio scapestrato e gli raccomanda di studiare, di non sprecare denaro, di pensare al futuro e quindi risparmiare, di pagare i propri debitori, così l’Ocse, come spesso fa anche la Commissione Europea ci raccomanda che «produttività ed innovazione devono aumentare nelle piccole e medie imprese, in uno sforzo di allineamento alle imprese più performanti». Mi pare una ovvietà, perché altrimenti verranno messe fuori mercato, ma se non ce lo dice l’Ocse è il mercato con l’istituto del fallimento che le mette fuori lo stesso. Tra le raccomandazioni all’indirizzo dell’Italia vi sono la semplificazione delle procedure amministrative, la riforma del settore giudiziario, una maggiore efficienza ed equità del sistema di tassazione, una maggiore digitalizzazione, il miglioramento del sistema di istruzione e di formazione ed il rafforzamento dei servizi per il lavoro.
In questa ultima opportuna raccomandazione potrebbe nascondersi uno degli errori più frequenti che riguardano il mercato del lavoro. Come se il problema fosse quello dell’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. Problema che evidenziano molto gli industriali, perché qualche volta non riescono a trovare un saldatore o un elettricista.
In realtà guardare al Paese con i suoi dati medi è l’errore che fanno tutti gli organismi nazionali ed internazionali. Ed allora se in Veneto, nel quale vi é la quasi piena occupazione, in periodo di non pandemia ovviamente, capita che alcuni alberghi non trovano più camerieri si grida allo scandalo. Ma è naturale che ciò avvenga, poiché prima tale domanda di lavoro veniva coperta da meridionali. Oggi con il reddito di cittadinanza ad un ragazzo non conviene più spostarsi di 1.000 chilometri per guadagnare 1.200 euro.
Il mercato del lavoro peraltro è segmentato e ci può essere disoccupazione in un segmento malgrado nell’altro ci sia una carenza. Ed allora la vera soluzione per aumentare il tasso di occupazione è di attrarre investimenti dall’esterno dell’area. Per tale obiettivo é necessaria la lotta alla criminalità, l’infrastrutturazione, il cuneo fiscale differenziato e la tassazione più favorevole. Ma poiché è impossibile che tutto il Mezzogiorno possa avere tali condizioni si sono istituite le Zes, che ormai sono una realtà e nelle quali tali condizioni si possono realizzare.
E poi il rapporto continua con il solito capitolo sulle disparità sociali. Dalle disparità territoriali, demografiche, di genere, alle performance di produttività. Il quadro pre-Covid della Penisola era già preoccupante, con un Pil pro capite inferiore del 26% rispetto ai Paesi primi della classe, una produttività inferiore del 17% e un tasso di occupazione basso, ma se il confronto lo facessimo con i due Paesi che convivono nel nostro le differenze sarebbero drammatiche.
Infatti le disuguaglianze sociali in Italia sono maggiori rispetto alle altre economie avanzate, con un indice del Gini del 33,4 contro la media del 30,3 (più alto è l’indice, maggiori sono le disparità) e il 23,6 della Repubblica Slovacca, il Paese Ocse con l’indice più basso. Ma ricordiamo tutti che nel 1992, ormai trent’anni fa, la Slovacchia parte povera della Cecoslovacchia, si è separata dai Cechi, parte ricca.
A seguito di una decisione parlamentare del 1992 fu decisa la scissione del Paese in due entità statali separate che, dal 1º gennaio 1993, presero il nome di Repubblica Ceca e Slovacchia. I risultati raggiunti mi sembrano molto interessanti e dovrebbero far riflettere molti nel nostro Paese, visto che la Slovacchia si é ritrovata con un indice così basso di disuguaglianza. Evidentemente la separazione ha fatto bene alla parte povera. Invece in Italia il 20% più povero della popolazione guadagna solo il 6,6% del totale nazionale. E questo 20% più povero è tutto al Sud.
Penalizzante anche la situazione ambientale con oltre tre quarti della popolazione esposta a livelli dannosi di inquinamento. La maggior parte ad Augusta, Taranto, Milazzo, Priolo. «I fondi del Next Generation Ue offrono un’opportunità per la ripartenza del Paese su nuove basi, ma – sottolinea lo studio – l’elemento chiave sarà come massimizzarne gli effetti. Il successo dipenderà dalla capacità di migliorare l’attuazione, la gestione e la determinazione delle priorità in materia di investimenti pubblici di qualità», ribatte l’Ocse.
Non mi pare che il Paese stia partendo bene ne è dimostrazione l’eliminazione del ponte sullo stretto di Messina dal PNRR. Ma se non ci sarà la riunificazione infrastrutturale, sociale ed economica stavolta le conseguenze potrebbero essere fatali. Il treno ha fischiato.
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