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Il ministro dell'Economia Daniele Franco

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Le risorse del Fondo sviluppo e coesione, che il governo Conte aveva assegnato in dote al Piano nazionale di ripresa e resilienza, non devono essere computate nella definizione della “quota Sud”. Questi fondi sono già del Mezzogiorno e devono essere usati per progetti aggiuntivi sul territorio rispetto a quelli previsti nel Pnrr.

La percentuale di risorse destinate alle regioni meridionali «significativamente» superiore al 34% assicurata dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, – anche di fronte alle Camere che un impegno in questo senso avevano sollecitato nelle relazioni sul Recovery Plan – dovrà essere quindi raggiunta senza il “puntello” del Fondo di sviluppo e coesione.

Una richiesta ben precisa quella avanzata dal ministro per il Sud, Mara Carfagna, che ha rivendicato in pratica la “restituzione” del tesoretto impegnato nel Recovery dal suo predecessore, Giuseppe Provenzano, allo scopo di raggiungere il 40% degli investimenti promesso dell’esecutivo Conte al Meridione. Richiesta che l’esecutivo Draghi ha intenzione di accogliere: la quota Sud, che punta a centrare l’obiettivo del 40%, sarà raggiunta senza assorbire il Fondo di sviluppo e coesione.

Nel Piano varato a gennaio dal Consiglio dei ministri guidato da Giuseppe Conte sono stati anticipati 21,1 miliardi del Fondo di sviluppo e coesione della programmazione nazionale 2021-2027, prevedendo di utilizzarne l’80% per legge vincolati al Meridione per incrementare il volume delle risorse destinate a interventi e progetti sul territorio, e raggiungere quindi la quota garantita comunque soltanto a parole, perché – come si evidenzia anche nelle relazioni degli Uffici Studi di Camera e Senato e anche nelle Relazioni parlamentari discusse negli scorsi giorni – di fatto non è mai stata esplicitata. E che sicuramente, senza l’apporto del Fsc, non sarebbe mai arrivata al traguardo annunciato, fermandosi ben prima della percentuale assicurata dalla clausola del 34%.

Smontato l’ “artificio” finanziario, e mentre si lavora per reperire le risorse necessarie per colmare il “vuoto” lasciato dal Fsc, va prendendo corpo il pacchetto Sud nel quale si punta anche ad aumentare i fondi desinati alla sanità e alla scuola.

Mentre sembra già definita la quota destinata ai progetti sulla banda ultra larga che secondo le prime stime dovrebbe impiegare il 48% delle risorse previste nel Meridione per consentire il superamento del digital divide che la pandemia ha messo in luce in tutta la sua drammaticità, con le conseguenze sulla Dad e sullo smart working in primis.

Il ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale, Vittorio Colao, avrebbe poi chiesto dieci miliardi in più per realizzare la rivoluzione digitale affidata alla “sua” missione, anche se dal ministero non confermano la cifra. Una missione che comunque opera trasversalmente, considerando i tanti progetti nel piano che impattano sulla digitalizzazione.

Un investimento significativo, quindi, sull’infrastruttura materiale cui dovrebbe affiancarsene uno altrettanto importante su quella materiale, considerando che tra opere ferroviarie, manutenzione stradale, investimenti nei porti e nella digitalizzazione dei sistemi logistici e degli aeroporti, il Sud dovrebbe intercettare circa il 50% degli investimenti – oltre 15,5 miliardi su 31 – raggiungendo l’83 % per la “manutenzione stradale 4.0”.

Tra le opere ferroviarie in programma, coperte dal Recovery, dovrebbero rientrare anche due lotti dell’Alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria che, secondo il progetto di fattibilità tecnico-economico di Rfi, dovrebbe scorrere su un tracciato interno.

Nell’ambito della della missione relativa alla Rivoluzione verde e alla Transizione ecologica, poi, come anticipato dal ministro Carfagna, il piano sarebbe quello di destinare al Mezzogiorno il 60 % dei fondi per i progetti di sperimentazione sull’idrogeno dove trovano un territorio “fertile”; il 50 % di quelli per il trasporto urbano sostenibile, il 34 % dei finanziamenti per l’efficientamento degli edifici pubblici e il 47 % del capitolo tutela del territorio.

Nell’ambito della missione dedicata all’Inclusione e alla Coesione, poi, vengono “stanziate” 600 milioni per l’infrastrutturazione delle Zes, le Zone economiche speciali, 100 milioni verranno impegnati nella creazione di presidi sanitari di prossimità nei comuni fino a 3mila abitanti; 300 milioni per il finanziamento di opere sulla rete stradale delle aree interne; 250 milioni per il contrasto alla povertà educativa; 1,78 miliardi per le aree terremotate; 300 milioni per alla linea d’azione dei beni confiscati alla mafia; 350 milioni per gli Ecosistemi dell’innovazione da assegnare tramite bando per la realizzazione di quattro progetti nel Meridione.


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