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La sede romana del Cnel

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La pandemia si è abbattuta su tutti i servizi pubblici, sia a livello centrale che locale, accentuandone le criticità e facendo emergere la “fragilità del sistema delle pubbliche amministrazioni”, come l’ha definita il presidente del Consiglio Draghi nella sua relazione programmatica. Ma ad aggravarsi sono state soprattutto le diseguaglianze territoriali già esistenti a carico del Mezzogiorno in tema di sanità, istruzione, scuola, infanzia, servizi sociali e ambientali, digitalizzazione e occupazione femminile. È questo, in sintesi, il quadro che emerge dalla “Relazione 2020 del Cnel al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Amministrazioni pubbliche centrali e locali alle imprese e i cittadini”, realizzata con il contributo di trenta enti e che sarà presentata martedì prossimo con l’intervento del ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta.

“Dal Rapporto del Cnel – afferma il presidente Tiziano Treu – si evince come l’aumento della povertà e il peggioramento delle condizioni di vita degli italiani, certificato di recente dall’Istat, ma anche la bassa crescita dell’economia, siano connesse ai livelli e alla qualità dei servizi pubblici a cittadini e imprese e dipendano dai mancati investimenti dell’ultimo ventennio nei servizi sociali e nella sanità, innanzitutto, nella scuola e università, nelle infrastrutture e nella digitalizzazione e informatizzazione, dalla mancanza di una visione a lungo termine e la conseguente programmazione soprattutto da parte dei Ministeri di riferimento. L’incremento dell’incidenza della povertà assoluta dipende anche dal valore base del livello di povertà assunto dal comune per effetto dell’appartenenza a una specifica ripartizione territoriale”. Rilievi che, indicando anche priorità e modalità di intervento, confermano i numeri della “segregazione regionale” del Sud e richiedono il ripensamento dell’azione pubblica da un punto di vista della spesa e degli investimenti, così come dell’azione amministrativa centrale e locale.

Secondo il Cnel, il risultato più drammatico del Covid è l’accentuazione del divario Nord-Sud nella speranza di vita che, mentre a livello nazionale continua ad essere la seconda più alta d’Europa, presenta difformità significative tra le città di Milano e Napoli fino a 3 anni, che aumentano a 10 se si considerano le fasce sociali più povere del Mezzogiorno e quelle più ricche dell’Italia settentrionale. Una tendenza che la pandemia ha solo accelerato: la spesa sanitaria pubblica pro capite, del resto, pari nella media nazionale a 1.838 euro annui, è molto più elevata al Nord rispetto al Sud (2.255 euro a Bolzano e 1.725 euro in Calabria).

Nella Relazione del Cnel – soprattutto riguardo il Mezzogiorno – quella degli asili nido resta poi una delle criticità maggiori nei servizi sociali e rappresenta un freno allo sviluppo. Non solo i posti disponibili, di cui il 51,6% pubblici, coprono solo il 25,5% dei potenziali utenti, ma l’eterogeneità sul territorio rimane molto ampia: in Valle d’Aosta hanno un posto disponibile nei servizi educativi 47 bambini su 100, in Campania meno di 9. L’obiettivo europeo del 33% è stato superato da alcuni anni in Valle d’Aosta, nella Provincia Autonoma di Trento, in Emilia-Romagna, Toscana e Umbria. Al Nord-est e al Centro la ricettività è molto prossima al target europeo, mentre nelle altre Regioni del Centro-nord i valori sono inferiori ma non lontani dal 30%. Nel Mezzogiorno si è ancora lontani dal raggiungimento dell’obiettivo, ad eccezione della Sardegna che ha raggiunto il 29,7% di copertura.

Crescendo per fasce d’età, il 12,3% dei ragazzi tra 6 e 17 anni non ha un computer o un tablet a casa e la quota raggiunge quasi il 20% nel Mezzogiorno (470 mila ragazzi) (Istat). Le difficoltà tecnologiche sono dunque il primo ostacolo alla DaD (Censis). Il diritto all’istruzione – ma anche alle potenzialità lavorative femminili e dunque di crescita culturale ed economica dei territori – si raggiunge anche estendendo il tempo pieno in tutte le scuole e consentendo a tutti gli studenti, specialmente al Sud, di non perdere un anno in tutto il loro ciclo formativo rispetto ai loro coetanei del Nord. E così, anche per la grave carenza di servizi all’infanzia, nel Mezzogiorno le differenze di genere continuano ad essere marcate anche quando le donne sono molto istruite: la probabilità di trovare un’occupazione fra laureati è significativamente più alta fra gli uomini che tra le donne, con una conciliazione dei tempi di vita ancora critica. Un altro dato eloquente sull’occupazione femminile riguarda la presenza delle donne tra gli occupati della PA: 63,7% nel Nord-ovest e 62,5% nel Nord-est, a fronte del 56,9% della media nazionale. Nel Sud e nelle Isole, al contrario, si registra la la minore presenza in “rosa” (50, 4% e 50,8%) ed a livello regionale si evidenzia uno scarto di oltre 17 punti percentuali tra Lombardia (65,4%) e Calabria (48%).

Le disuguaglianze territoriali, secondo il Rapporto BES dell’Istat del 2019 riportato dal Cnel, si evidenziano anche con l’11,5% degli individui a rischio di povertà nel Nord, mentre nel Centro la quota sale al 16,3% e nel Mezzogiorno raggiunge il 34,4% (in aumento, oltretutto, rispetto all’anno precedente). Non solo. Se al Nord ed al Centro si riduce la quota relativa all’indicatore di grave deprivazione materiale rispetto all’anno precedente, lo stesso indicatore rimane stabile al Sud. Differenze ampie anche per la quota di persone che vivono in famiglie dove le persone in età lavorativa sono state occupate meno del 20% del loro potenziale: nel 2018 al Sud sono il 19%, al Centro l’8,6% e al Nord il 6,4%.

E ancora: la grave deprivazione abitativa riguarda il 3,6% della popolazione del Nord ed il 5,7% nel Centro, ma sale drammaticamente al 6,5% nel Mezzogiorno. La fragilità dei sostegni all’occupazione, infine, resta di tutta evidenza. Mentre, infatti le agevolazioni fiscali per attività di ricerca e di sviluppo e la creazione di imprese orientate all’avanzamento tecnologico del Mezzogiorno produrranno un beneficio per lo sviluppo del Sud e per l’uso efficace dei fondi europei, le misure di defiscalizzazione dell’occupazione producono effetti solo laddove ci sarà effettiva ripresa. Senza contare, comunque, che la distribuzione territoriale della spesa in ricerca e sviluppo nel 2018 non ha subìto modifiche rispetto all’anno precedente: il 61,8% della R&S si è svolta nell’Italia settentrionale, il 23,7% nel Centro e solo la restante parte nel Mezzogiorno (Sud e Isole).


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