Folla in strada a Napoli
6 minuti per la letturaGrazie ai vaccini entro il corrente anno e forse anche prima potremo assistere ad un ritorno alla vita normale, cioè: 1. Si potrà tornare a lavorare di persona negli uffici pubblici e privati; 2. Si potrà viaggiare in Italia e all’estero; 3. Si potranno frequentare gli istituti scolastici; 4. Si potrà andare a teatro e al cinema; 5. Riapriranno gli alberghi; 6. I ristoranti saranno aperti anche la sera; 7. Si potrà andare allo stadio; 8. Si riutilizzeranno al 100% i servizi di trasporto pubblici sia all’interno delle aree urbane sia nei collegamenti di media e lunga distanza.
Tutti questi cambiamenti sono completamente indipendenti dal Recovery Plan in quanto impongono, a mio avviso, sin da ora una dettagliata e puntuale risposta, una vera predisposizione di iniziative capaci di non ritardare di un solo giorno il ritorno alla normalità, o meglio ad una prima fase normale. Il Recovery Plan è un atto programmatico, quello che invece occorre predisporre, per rispondere in modo adeguato a questo ripristino di funzioni e di attività, è un progetto organico e funzionale ricco di misurabili azioni, di verificabili impegni organizzativi.
Sembra strano ma non è sufficiente ripristinare ciò che un anno fa si era bloccato ma occorre tener conto che nei prossimi sei mesi, forse entro la fine del corrente anno, la esplosione della “domanda di servizi” sarà così elevata, e immagino imprevedibile, da dover costruire da subito una nuova offerta. Ho volutamente detto “nuova offerta” perché dovremo cimentarci con un non facile cambiamento delle abitudini di una fascia rilevante di utenti che vorranno riassaporare il senso dell’autonomia nel decidere i propri spostamenti, dell’autonomia nel gestire le proprie scelte e le varie cadenze temporali e tutto questo rischia di aumentare in modo forte la entropia della organizzazione logistica; cioè la organizzazione adeguata della offerta sia dei servizi di trasporto, sia delle varie sedi in cui si svolgono sistematicamente determinate attività (scuole, teatri, cinema, uffici pubblici e privati, ecc.)
Il turismo, ad esempio, è il settore che vivrà in modo particolare questo fenomeno, questo impatto è senza dubbio positivo ma potrebbe trasformarsi invece in una criticità se le strutture recettive o se i servizi legati ai vari collegamenti non dovessero essere efficienti e congeniali alle esigenze della “atipica nuova domanda”. Sì dobbiamo dare per scontato che per molti mesi, forse anche per alcuni anni, questa domanda turistica sarà atipica e completamente diversa dal passato, sia in termini quantitativi, sia in termini qualitativi, sia nella lunghezza dei tempi di soggiorno.
Sul traporto pubblico locale, invece, sarà bene preparare sin da ora una immediata rivisitazione del numero di mezzi di traporto su gomma e su ferro in modo da evitare una crescita folle dei mezzi di trasporto privati. Da anni i vari Governi che si sono succeduti si sono sempre impegnati a rivedere la normativa e le procedure gestionali dell’intero sistema legato al trasporto pubblico locale tuttavia ancora siamo lontani da soglie fisiologiche di utilizzo di una simile offerta, siamo cioè al rapporto tra introiti da trasporto e ripristino del disavanzo, cioè la soglia minima del 35% per i proventi da traffico e quella del 65% per il ripiano dei disavanzi; in realtà senza un introito del 35% lo Stato non assicura il ripiano del disavanzo. In realtà bisognerebbe, almeno per le aree urbane, con una soglia di abitanti superiore alle 100.000 unità, imporre soluzioni analoghe al sistema “Metrebus” vigente ormai da oltre venti anni nella capitale. In realtà grazie a tale sistema l’utente accede a tutti i servizi di trasporto dell’area metropolitana (bus, metropolitana, ferrovie locali) con un abbonamento il cui costo è pari a 250 euro. Una simile offerta oltre ad essere conveniente e quindi oltre ad incrementare l’utilizzo dei mezzi pubblici offre anche una sostanziale rimodulazione del rapporto prima ricordato tra proventi da traffico e ripristino del disavanzo ma, soprattutto, rende possibile, proprio nella prevedibile fase di crescita della domanda legata al ritorno alla normalità, una riorganizzazione funzionale dei vari gestori del trasporto.
Ci sarà anche un forte incremento nella produzione e nei consumi e quindi sarà opportuno rendere davvero fluidi ed efficienti i nodi logistici, cioè porti, interporti, piastre logistiche e consentire interazioni funzionali tra tali HUB e le reti stradali e ferroviarie; sicuramente assisteremo, almeno per i primi mesi ad una vera reinvenzione della supply chain, cioè di tutti i processi legati all’accumulo ed alla distribuzione delle varie filiere merceologiche. Non definire sin da ora un vero programma di efficienza logistica nella fase iniziale significa perdere gli enormi vantaggi generati sul Prodotto Interno Lordo proprio da questa interessante fase di avvio.
Un altro impegno non facile è invece quello legato alla definizione del Documento di Economia e Finanza (DEF); le difficoltà in realtà sono legate alla copertura delle scelte in conto capitale inserite nella Legge 178/2020 (Legge di Stabilità 2021); in tale Legge all’articolo 1 comma 1037 si dice che “Per l’attuazione del Programma Next Generation EU è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze quale anticipazione rispetto ai contributi provenienti dall’Unione Europea, il Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation EU – Italia, con una dotazione di 32.766,6 milioni di euro per l’anno 2021, di 40.307,4 milioni di euro per l’anno 2022 e di 44.573 milioni di euro per l’anno 2023”. In realtà nel migliore dei casi disporremo forse entro il 2021 solo del 13% di circa 191 miliardi di euro, cioè di circa 25 miliardi di euro e quindi sarà necessario ricalibrare, nell’assestamento di bilancio, da effettuare entro il 31 giugno 2021, l’intera Legge di Stabilità 2021. Altro riferimento che sicuramente sarà opportuno affrontare nel DEF è quello legato alla definizione di un calendario che, a partire dal 2023, consenta l’avvio di un processo di ridimensionamento del nostro indebitamento. Ho ipotizzato il 2023 perché in questa fase, come d’altra parte ribadito dal Presidente Draghi, non è igienico chiedere sacrifici ai cittadini, non ha senso incentivare il carico fiscale. Nella redazione del DEF altro elemento delicato sarà quello relativo all’utilizzo delle risorse di cui al Programma 2014 – 2020 del Fondo di Coesione e Sviluppo, mi riferisco sia ai circa 30 miliardi di euro da utilizzare entro il 31 dicembre 2023, sia ai circa 50 miliardi del Programma 2021 – 2027 sempre del Fondo di Coesione e Sviluppo nel rispetto delle nuove condizioni. Appare evidente che sarebbe davvero corretto se il DEF contenesse integralmente il Recovery Plan; il nostro Paese in tal modo darebbe un grande segnale di strategicità tecnico – economica e, soprattutto, come fatto già nella maggior parte dei Paesi della Unione Europea, darebbe organicità sia alla proposta di Recovery Plan, sia al quadro programmatico del triennio 2022 – 2024 che necessariamente disegnerà una nuova realtà comunitaria; una realtà che purtroppo rischia di produrre aree forti ed aree meno forti; un rischio che l’intera Unione potrà superare se le varie tessere socio economiche che caratterizzano l’attuale assetto comunitario saranno disposte a dare attuazione ad un processo infrastrutturale organico ed efficiente, in fondo se la Unione Europea sarà disposta a ridare incisività ed organicità alle Reti TEN – T forse reinventandole.
Infine il DEF dovrebbe contenere un cambiamento nella politica del Governo nei confronti del Mezzogiorno chiarendo non quale sia la quota di risorse da destinare, né quale sia l’elenco degli interventi da realizzare; la quota delle risorse ce lo ha detto già la Unione Europea, l’elenco delle opere lo abbiamo da ben venti anni e trattasi di opere improcrastinabili, occorre invece che nel DEF sia chiaro “quando e in quanto tempo tali volontà annunciate diventeranno opere fruibili”.
I prossimi trenta giorni, come ho già detto in una mia precedente nota, possono finalmente offrire un respiro nuovo all’attuale compagine di Governo, un respiro finalmente legato al “fare” e non all’ “annunciare”, un respiro legato al pieno convincimento nell’uso di risorse in conto capitale e nell’indiscusso convincimento della rilevanza del “fattore tempo”.
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