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Il ministro per il Sud Mara Carfagna

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IL MEZZOGIORNO ha di fronte a sé «l’opportunità storica e irripetibile» di superare il divario che lo penalizza rispetto al Centro Nord e al resto dell’Europa. Le risorse a disposizioni sono «ingentissime»: oltre ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per invertire il trend può contare su risorse europee pari a 100 miliardi nell’arco di pochi anni. Quanto a quelle del Pnrr, verranno dettagliate in un vero e proprio “capitolo Sud” per mettere in evidenzia gli interventi che avranno ricadute nel Mezzogiorno e le relative risorse destinate ad essere assorbite dal territorio.

«Il complesso delle risorse destinate al Mezzogiorno sarà superiore alla sua quota di popolazione rispetto al totale nazionale». Sulle infrastrutture, per esempio, «tra opere ferroviarie, manutenzione stradale, investimenti nei porti e digitalizzazione, il Sud intercetta circa il 50% degli investimenti (oltre 15,5 miliardi su 31), con una punta di oltre l’83% per la manutenzione stradale».

Il ministro per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, dinanzi alle commissioni Bilancio e Affari Europei del Parlamento, ha declinato la strategia, e le risorse, con cui il governo intende garantire al Mezzogiorno un ruolo centrale, che passa anche dall’attribuzione al suo ministero di una competenza orizzontale «che assicuri “la coerenza complessiva del Piano con l’obiettivo di riduzione dei divari territoriali”», ha sottolineato ricordando le parole del titolare del Mef, Daniele Franco. L’obiettivo «è fare del Sud il motore dello sviluppo nazionale ed europeo». La svolta per il Sud può essere vicina: «Le risorse ora ci sono, le potenzialità anche, la volontà politica pure, occorre che per la politica italiana intera il Mezzogiorno sia visto per quello che è: il più grande giacimento capitale umano inesplorato del nostro Continente», è stata la sfida lanciata al Paese. Sfida «che non si esaurirà nell’arco di qualche mese. È un cammino lungo – ha detto Carfagna – che però abbiamo dovere di impostare e avviare».

E per la quale, intanto, ha chiamato cittadini, istituzioni pubbliche e privati a una due giorni di ascolto e confronto in una Consulta Pubblica sul futuro del Mezzogiorno in programma per il 23 e 24 marzo. La posta in gioco è alta e passa, ha sottolineato il ministro, per il rispetto dei tempi dettati dalla Ue, la messa a sistema delle risorse disponibili, la sinergia di tutti gli attori in campo, uno sforzo progettuale e attuativo nel segno di cambio di passo rispetto alla storica inefficienza nella spesa dei fondi comunitari. E in questo giocherà un ruolo fondamentale il piano straordinario di assunzioni, con una procedura semplificata già avviata dal ministro Brunetta, di 2.800 figure specialistiche, destinate alle amministrazioni e da mettere a servizio dei progetti del Pnrr. Un aiuto arriverà anche da Cdp con cui è in via di definizione un protocollo d’intesa per aiutare gli enti locali nella progettazione e realizzazione dei progetti europei.

LE RISORSE EUROPEE

I “numeri” che l’Europa mette a disposizione della rinascita del Mezzogiorno danno la misura della sfida e dell’impegno che attende il Paese. «Entro il 2023 il nostro Paese dovrà attuare 13,5 miliardi di interventi finanziati con React Eu, di cui oltre 8 relativi al Mezzogiorno. – ha affermato il ministro – Entro il 2026 dovranno essere spesi 191,5 miliardi di interventi previsti nel Pnrr. Entro il 2029 andranno spesi gli oltre 80 miliardi previsti per i Programmi europei per la coesione 2021-2027, mentre la programmazione dei 73 miliardi del Fondo per lo sviluppo e la coesione (nella formula “80 Sud, 20 resto del Paese”), si estende fino al 2032».

«Per il meridione, questo significa, escluso il Pnrr, circa 100 miliardi di risorse disponibili – ha sottolineato – su un orizzonte temporale di pochi anni». Saperli investire e spendere «sarà una responsabilità storica che le istituzioni si assumono nei confronti del Paese e delle generazioni future», ha rimarcato ricordando i drammatici “primati” del Sud: dalla perdita di 125 mila posti di lavoro nel 2020 e i 500mila in meno rispetto ai livelli antecedenti la crisi del 2008-2009 mai recuperati, ai 2 milioni e 246mila persone che vivono in condizioni di povertà assoluta.

IL CAPITOLO SUD

Quanto al Pnrr, il ministro ha sottolineato il passaggio dalla trasversalità del Sud concepita nel piano Conte alla definizione di una capitolo ad hoc: «La trasversalità del tema non può essere una forma di elusione del problema Mezzogiorno», ha puntualizzato sottolineando che ai diversi ministeri è stato chiesto di esplicitare le voci e l’entità del contributo per il Sud delle varie missioni. Intanto, oltre ai numeri evidenziati sul capitolo infrastrutture, nell’ambito della transizione ecologica il Sud «intercetta «il 48% in ambito agricolo (1,2 miliardi su 2,5) e il 50 % sul trasporto urbano sostenibile (3,77 miliardi su 7,55 sono dedicati al Sud).

Alla conclusione di questa opera di ricognizione, non arriveremo a una cifra finale definitiva, perché è evidente che una certa quota degli interventi del Pnrr non può essere “territorializzata” a priori, ma da questi primi dati in nostro possesso appare evidente che il complesso delle risorse destinate al Mezzogiorno, sarà superiore alla sua quota di popolazione rispetto al totale nazionale».

Nell’ambito del Pnrr verrà mantenuta la programmazione di 20 miliardi del Fondo di sviluppo e coesione, nel rispetto del riparto 80-20 a favore del Mezzogiorno, da destinare a interventi addizionali e complementari. Mentre tra le priorità cui destinare le risorse rimanenti, il ministro ha indicato gli interventi infrastrutturali strategici per il Sud il cui orizzonte temporale superi quello del Pnrr, tra cui il finanziamento dei lotti delle reti Tnt meridionali, mentre una delibera stralcio sbloccherà 3 miliardi per le regioni del Sud e uno per quelle centro-settentrionali.

Annunci che il ministro ha accompagnato con l’invito a rompere l’uso – frequente nel passato – di usare il Fsc «come una specie di bancomat o di bottino cui attingere per la copertura di spese altrimenti difficili da finanziare», distogliendolo da obiettivi coerenti con il riequilibrio territoriale. Intanto per quanto riguarda il collegamento per lo Stretto di Messina, il ministro ha detto che è in corso un’interlocuzione con il titolare del Mef, ma: «Siamo a una fase di istruttoria sui progetti in corso, consapevoli anche del fatto che c’è bisogno di occuparsi del potenziamento dell’alta velocità Salerno-Reggio Calabria altrimenti il collegamento stabile rischia di apparire come una cattedrale nel deserto. Mi riservo – ha detto – di esprimere la linea del governo quando questo dossier avrà ricevuto gli approfondimenti necessari».

RIMODULATA LA MISSIONE INCLUSIONE E COESIONE

Quanto alla messa a punto del Piano da presentare a Bruxelles entro il 30 aprile, sulla Missione 5, “Inclusione e coesione”, si è proceduto a una rimodulazione, a saldi invariati, di 4 delle 6 linee di intervento, privilegiando progetti in grado di attrarre investimenti privati e dare «uno stimolo reale allo sviluppo».

In base a questa strategia, 600 milioni verranno destinate all’infrastrutturazione delle Zes, per opere di connessione alla rete stradale e ferroviaria in modo da veicolare le merci intercettate dai porti. L’intervento è accompagnato dalla riforma della disciplina delle Zes che prevede il rafforzamento della figura commissariale, con «poteri sostanziali» tali da «favorire investimenti in tempi brevi», semplificazioni procedurali e nuovi benefici fiscali.

Cento milioni saranno impegnati nella creazione di presidi sanitari di prossimità nei comuni fino a 3mila abitanti; 300 milioni per il finanziamento di opere sulla rete stradale delle aree interne; 250 milioni per il contrasto alla povertà educativa; 1,78 miliardi per le aree terremotate; 300 milioni per alla linea d’azione dei beni confiscati alla mafia. Verranno poi rimodulati i 350 milioni per gli Ecosistemi dell’innovazione da assegnare tramite bando per la realizzazione di quattro progetti nel Meridione: niente spezzatino, ma progetti con una vocazione precisa.

Nel piano d’azione per liberare le risorse del Meridione rientra, poi, la sinergia con il ministro Cartabia per ridurre i tempi della giustizia al Sud, “importando” le buone pratiche del Nord. E per ridurre il gap, ha affermato il ministro, sarà necessario destinare al Mezzogiorno parte delle risorse previste nel Pnrr per l’innovazione organizzativa della giustizia. L’eguaglianza nei diritti di cittadinanza richiede un intervento decisivo sui Lep: «Gli ambiti dell’intervento normativo di riforma che i miei uffici hanno elaborato riguardano l’infanzia, la disabilità e la non autosufficienza», nonché la previsione «di livelli minimi per legge sia per gli asili nido che per le scuole d’infanzia», ha sottolineato Carfagna ricordando la «significativa sperequazione territoriale tra Nord e Sud sulla spesa sociale pro capite: a fronte di una media di 20 euro l’anno in Calabria, i 325 euro della Provincia Autonoma di Bolzano». Essenziale, ha ribadito, il superamento della distribuzione della spesa secondo il criterio della spesa storica.


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