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Il presidente Macron

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L’Italia in vendita. Un anno di covid, non ancora debellato, insieme alla debolezza strutturale del nostro sistema finanziario hanno messo sul bancone del supermarket quella che, comunque resta la seconda manifattura d’Europa. A dare le cifre è Refinitiv, la gigantesca banca dati appena acquistata per 27 miliardi dal London Stock Exchange. Per finanziare l’operazione gli azionisti della City hanno venduto Piazza Affari al consorzio franco-olandese Euronext.  Dallo studio emerge che l’anno scorso c’è stato un vero e proprio assalto al sistema industriale italiano: i gruppi stranieri hanno speso 75,6 miliardi per acquistare imprese italiane con un aumento del 37% rispetto all’anno precedente. Lo shopping ha coinvolto aziende di grandi dimensioni per cui pur essendo diminuite del 23% il numero dei trasferimenti (sono 1.240 il valore più basso dal 2015) il volume degli affari è salito.

Proprio perché ricco e attrezzato il bancone dell’Italia è molto più appetibile. Non si tratta di rilevare aziende senza mercato ma di subentrare a proprietà stanche e finanziariamente provate. Il virus ha messo in crisi quel modello di “quarto capitalismo” su cui si è basato lo sviluppo del Paese dagli anni ’50 in poi. Vale a dire aziende medie e piccole. Efficienti perché la catena di comando è molto corta avendo pochissimi livelli manageriali ma finanziariamente debolissime. Poco capitale e molto debito. Niente Borsa perché avere soci è considerata una pericolosa zavorra. L’architettura ha funzionato fino a quando il cambio generazionale e l’euro non hanno imposto il salto di parametro. Il virus che non accenna a scomparire ha definitivamente rotto il meccanismo. In gioco, a questo punto, non c’è solo la titolarità dei diritti di proprietà ma la sovranità del Paese. Quando la tempesta sanitaria sarà passata e la polvere delle polemiche si sarà placata ci accorgeremo che, con tutta probabilità, i destini del Paese verranno decisi altrove. A cominciare da Bruxelles dove terranno i cordoni della Borsa del Recovery Fund.

A decidere saranno altri e, se il covid non verrà sconfitto il passaggio di mano sarà inevitabile. Più passa il tempo e più il tessuto imprenditoriale si sfilaccia. 390 imprese non riapriranno. Chi resta si guarda intorno. Nel 2020 oltre la metà delle acquisizioni è stata registrata negli ultimi tre mesi dell’anno per un valore di 38,4 miliardi di dollari. Una spesa su base trimestrale che non si registrava dal primo trimestre del 2018. In particolare, le operazioni aventi come target società italiane hanno totalizzato investimenti per complessivi 60,6 miliardi di dollari (+92%), valori che non si registravano da cinque anni, finalizzate prevalentemente da operatori francesi (per 10,6 miliardi) a conferma che l’appello lanciato a novembre dal Copasir non era immotivato. Il comitato di controllo aveva messo in guardia sull’aggressività di Parigi. Le statistiche danno consistenza all’allarme. Al secondo posto, a grande distanza (6,2 miliardi) gli Stati Uniti.

Le acquisizioni e fusioni fra aziende italiane hanno raggiunto il picco degli ultimi tredici anni, pari a 28,9 miliardi di dollari, mentre le operazioni sul territorio da parte di operatori stranieri sono triplicate fino a raggiungere i 31,7 miliardi di dollari. A fronte dell’assalto straniero si registra il rallentamento degli investimenti italiani all’estero. Solo 12,8 miliardi di dollari nel 2020, con una diminuzione del 34% rispetto al 2019. Il valore più basso degli ultimi tre anni. Il settore preferito per lo shopping, ricorda Refinitiv, è la finanza (banche, assicurazioni, industria del risparmio) che attira il 43% delle valore. Seguono telecomunicazioni (17%), industriali (8%), tecnologia (17%) e media (6%). Protagonista assoluto della stagione 2020 è il settore dei pagamenti digital. Protagonista Nexi che ha all’attivo i due maggiori affari dell’anno per un controvalore complessivo di 12,7 miliardi di dollari, pari al 16,8% del totale. Sempre sotto il segno del finance si contraddistinguono la terza e la quarta operazione per dimensione, ovvero rispettivamente l’acquisizione di Borsa Italiana da parte di Euronext e quella di Ubi da parte di Intesa SanPaolo.

Il settore delle telecomunicazioni archivia il 2020 con quattro operazioni che occupano dalla quinta all’ottava posizione della classifica per dimensione. Spiccano l’acquisizione da parte della spagnola Cellnex di torri e siti italiani per le telecomunicazioni mobili di proprietà di CK Hutchison, seguita dall’acquisizione di INwit da parte di un pool di investitori tra cui Ardian, Canson e Azimut. In settima posizione la cessione fino al 50% del capitale di Open Fiber al fondo australiano Macquarie e all’ottava l’ingresso degli americani di Kkr nel capitale di FiberCop. Nell’ambito media, oltre 2 miliardi di dollari per l’ingresso di CVC-Advent-Fsi nella media company creata per gestire e commercializzare i diritti tv della Lega Serie A. Sul versante degli advisor finanziari, Goldman Sachs conferma il primato del 2019 grazie al coinvolgimento in tutte le sei principali operazioni fatte in Italia nel 2020.


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Fabio Grandinetti

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