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I cittadini del Sud, vale a dire il 34,2% degli italiani, portano a casa appena il 27,8% dei trasferimenti provenienti dallo Stato centrale. Il Centro- Nord, invece, riesce ad accaparrarsi molto più di quello che l’aritmetica consentirebbe: il 65,7% della popolazione accede al 72,1% delle risorse statali. Per un cittadino del Nord lo Stato spende in media 17.506 euro all’anno; per uno del Sud appena 13.144.
Sanità, infrastrutture, istruzione, ricerca: sono i settori nei quali le disparità sono accentuate e palesi. Nell’ultimo ventennio, lo Stato ha investito più al Nord che al Sud, lasciando che l’Italia si spaccasse in due. I numeri sono sotto gli occhi di chi vuol vedere, il primo è il più macroscopico: 62,5 miliardi. Sono le risorse che solo nel 2017 sono state dirottate dall’Italia meridionale a quella del Centro-Nord.
Risorse che avrebbero potuto garantire asili nido, cure mediche dignitose, un welfare più equo. Il calcolo è messo nero su bianco dai Conti pubblici territoriali, istituto statistico facente capo all’Agenzia per la Coesione territoriale, che si occupa di misurare e analizzare i flussi finanziari di entrata e di spesa delle amministrazioni pubbliche e di tutti gli enti appartenenti alla componente allargata del settore pubblico.
Quei 62,5 miliardi rappresentano uno scarto del 6,4%, in crescita dello 0,4% rispetto al triennio precedente, fra quanto le regioni meridionali avrebbero dovuto ricevere in termini di spesa pubblica, sulla base della popolazione residente, e quanto hanno avuto in realtà.
LE DUE SANITÀ
Scendendo più nel dettaglio, ad esempio la spesa per investimenti in sanità è stata del tutto squilibrata territorialmente: dei 47 miliardi totali impegnati in 18 anni (2000-2017), oltre 27,4 sono finiti nelle casse delle regioni del Nord, 11,5 in quelle del Centro e 10,5 nel Mezzogiorno.
È questa l’analisi che emerge sempre dal sistema dei Conti Pubblici Territoriali: in termini pro-capite, significa che mentre la Valle d’Aosta ha potuto investire per i suoi ospedali 89,9 euro, l’Emilia Romagna 84,4 euro, la Toscana 77 euro, il Veneto 61,3 euro, il Friuli Venezia Giulia 49,9 euro, Piemonte 44,1, Liguria 43,9 euro e Lombardia 40,8 euro; la Calabria ha dovuto accontentarsi di appena 15,9 euro pro-capite, la Campania 22,6 euro, la Puglia 26,2 euro, il Molise 24,2 euro, il Lazio 22,3 euro, l’Abruzzo 33 euro.
Altri indicatori confermano che, ogni anno, al Nord arrivano maggiori trasferimenti da Roma destinati alla sanità: dal 2017 al 2018, ad esempio, la Lombardia ha visto aumentare la sua quota del riparto del fondo sanitario dell’1,07%, contro lo 0.75% della Calabria, lo 0,42% della Basilicata o lo 0,45% del Molise. Lo stesso Veneto nel 2018, rispetto al 2017, ha ricevuto da Roma lo 0,87% in più. Insomma, il Nord continua ad ottenere più soldi rispetto al Sud, è un dato oggettivo e certificato.
ASILI E SERVIZI PER L’INFANZIA
Per ogni bambino da 0 a 5 anni un sindaco calabrese può investire, mediamente, circa 126,8 euro per garantire i servizi per l’infanzia. In Liguria, la spesa pro capite dei Comuni per ogni bimbo della stessa età è, invece, di 1.377,9 euro, ben undici volte superiore. Se nasci al Nord, asili, assistenza, welfare, cure non ti mancheranno. Se vieni alla luce nel Mezzogiorno, beh, la strada potrebbe essere in salita se non hai la fortuna di nascere in una famiglia abbiente che non ti faccia mancare nulla.
Si perché lo Stato non ti garantirà lo stesso livello di servizi, né qualitativamente né dal punto di vista della quantità. E’ la Corte dei Conti, nella “Memoria sul bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale” a ricordare che viviamo in un Paese che viaggia a velocità diverse.
INFRASTRUTTURE
Dagli asili alle strade: è sufficiente osservare la curva degli investimenti pubblici destinati allo sviluppo infrastrutturale del Mezzogiorno per individuare la causa principale di una Italia spaccata in due. Fra il 1950 e il 1960 la dote era pari allo 0,84% del Pil; tra il 2011 e il 2015 è crollata a uno striminzito 0,15%.
Nel 2018, stima la Svimez, la spesa in conto capitale è scesa al Mezzogiorno da 10,4 a 10,3 miliardi, nello stesso periodo al Centro-Nord è salita da 22,2 a 24,3 miliardi. Nel Mezzogiorno si contano meno autostrade, a discapito di cittadini e del tessuto produttivo nazionale: nel Meridione ogni impresa può contare su poco meno di 20 chilometri di reti, la metà di quelle a disposizione nel Nord-Ovest.
A fronte di una media nazionale di 23 km ogni 1.000 kmq, nel Sud si scende a 20 km/1000 kmq, con la Basilicata ferma a 3 km/1000 kmq e il Molise a 8 km/1000 kmq. Per quel che riguarda la dotazione di linee ferroviarie, molto carente nel Mezzogiorno è lo sviluppo dell’Alta Velocità, con soli 181 chilometri di linee, pari all’11,4% dei 1.583 chilometri della rete nazionale; nel Centro-Nord la rete è di 1.402 chilometri, pari all’88,6% del totale
MENO SOLDI ALLA RICERCA NELLE UNIVERSITÀ DEL SUD
Sulla ricerca la storia non cambia: nel 2016, le università pubbliche e private italiane hanno investito circa 5,6 miliardi di euro in ricerca e sviluppo. Di questa somma, 1,3 miliardi sono stati spesi dagli Atenei delle Regioni del Sud, mentre ben 3,1 miliardi dalle ricche università del Nord.
Una differenza che ha come causa principale l’enorme scarto che c’è nella ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario: nonostante l’introduzione di un fondo perequativo che dovrebbe ridurre le storture e le diseguaglianze nella suddivisione delle risorse statali, il 42,3% dei trasferimenti finisce ancora nelle casse degli Atenei del Nord, al Sud il 21,4% (sommando anche Sicilia e Sardegna si tocca il 32,4%), il restante 25,3% al Centro.
ISTRUZIONE
Capitolo istruzione: consultando OpenCivitas, il portale di accesso alle informazioni degli enti locali, emerge che, nel 2016, per l’istruzione le Regioni del Sud hanno registrato uno scarto negativo tra spesa storica e spesa standard del 30,89%. Diversamente, il Nord ha potuto investire il 9% in più rispetto al reale fabbisogno. Se le Regioni del Mezzogiorno per l’istruzione possono spendere per ogni loro ragazzo 42 euro, quelle del Nord hanno a disposizione più del doppio: circa 92 euro pro capite.
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