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Il giorno 22 dicembre il Sole 24 Ore ha riportato un quadro dettagliato delle opere infrastrutturali che sarebbero state inserite nel Recovery Plan; in particolare nell’articolo si precisava: “Sono 19 le grandi opere inserite nel capitolo Infrastrutture del Recovery, la missione numero 3 della bozza di Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), messa a punto dal Governo su proposta del Comitato tecnico di valutazione (Ctv) e in coerenza con le linee guida UE.
Uno dei capitoli più stabili, che non dovrebbe essere toccato, se non marginalmente, dalle violente polemiche politiche che interessano il PNRR. Le 19 opere valgono 27,7 miliardi e comprendono interventi già previsti o in corso per 22,4 miliardi e opere con progetti di fattibilità da realizzare o da rivedere per 5,3 miliardi. Il conto è stato fatto da un documento del Centro Studi dell’ANCE”.
Ho aspettato un giorno prima di scrivere questo articolo perché ero sicuro che il giorno dopo la presentazione di queste opere e della Tabella di seguito riportata, l’ANCE avrebbe immediatamente preso le distanze da tali dati, sia nel merito dei relativi importi, sia nella elencazione delle scelte.
Mi spiace perché ho grande stima ed apprezzamento per l’ANCE e per le battaglie intraprese per evitare la distruzione irreversibile dell’intero comparto che da ben cinque anni i vari Governi che si sono succeduti hanno sistematicamente cercato di attuare ma non posso assolutamente pensare che un elenco simile possa essere frutto sia del Comitato Tecnico di Valutazione che del Centro Studi dell’ANCE.
Tra l’altro mentre per le cosiddette “Opere già previste” quanto meno ci sono le condizioni per la reale cantierabilità, per le “Opere con progetto di fattibilità da realizzare e quelle in project review” siamo in realtà di fronte ad elenchi che sicuramente saranno bocciati, che sicuramente faranno cadere nel ridicolo il nostro Paese.
C’è però una caratteristica comune che caratterizza tutti i programmi finora prodotti: l’assenza quasi totale di interventi nel Mezzogiorno; infatti le opere ferroviarie AV Napoli – Bari e Palermo – Catania erano già state supportate da Fondi PON e quindi in questa proposta ci sarebbero appena 785 milioni per nuovi interventi nel Sud.
Ritengo utile riportare quanto, pochi giorni fa, ha ribadito il Commissario europeo Gentiloni: «il Next Generation Eu non è un fondo comunitario come gli altri, non è cioè un fondo che viene erogato e può essere speso o meno; con Next Generation Eu il finanziamento è debito comune e viene erogato due volte l’anno con decisioni proposte dalla Commissione, nella misura in cui si raggiungono degli obiettivi e dei tempi, quelli inseriti nei piani che vanno approvati dal Consiglio».
Un Consiglio che sin dal primo momento ha ricordato a tutti i Paesi ed in modo particolare al nostro che le due condizioni chiave per accedere ed ottenere le risorse del Fondo, sia come fondo perduto che come prestito, sono: l’avvio concreto delle riforme e la reale capacità della spesa.
Per questo nei prossimi tre mesi, periodo che ci separa dalla presentazione del Recovery Plan, evitiamo di soffermarci nella redazione di elenchi, di proposte progettuali utili solo per un banale clientelismo pre elettorale, non ci soffermiamo su gratuiti equilibrismi per la assegnazione di risorse su iniziative o inesistenti o irrealizzabili in tempi certi, ma cerchiamo di definire una riforma che intanto isoli tutte le possibili proposte all’interno di un nuovo ambito procedurale e supporti, almeno per le opere infrastrutturali, tutte le proposte attraverso la WBS (Work Breakdown Structure) cioè attraverso un dettagliato documento da cui si evinca la correlazione tra l’avanzamento dei lavori e la reale erogazione delle risorse; non potremo sfuggire ad una simile verifica da parte del Comitato economico e finanziario della Unione Europea.
Purtroppo non vedo, nei vari atti del Governo, prevalere una simile linea strategica e mi spiace davvero che un organismo come l’ANCE sia cascato in una simile trappola, sia diventato connivente con chi ancora una volta produce fiabe.
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