I componenti del Governo
3 minuti per la letturaLe otto regioni del Sud sono pronte alla sommossa istituzionale contro la ripartizione dei fondi europei decisa dal Governo. La Campania suona la carica, abbraccia la battaglia intrapresa da tempo da questo giornale e riesce a riunire sotto un’unica bandiera, al di là dei colori politici, le altre regioni meridionali. Con ogni probabilità, sfidando anche la superstizione, sarà il 17 la giornata di una svolta storicamente importante. I presidenti di Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, Basilicata, Abruzzo, Molise e Sardegna si confronteranno in una riunione da remoto.
L’Europa ha assegnato le risorse all’Italia tenendo conto: della popolazione dei diversi territori, delle differenze di Prodotto Interno Lordo rispetto alla media europea e del tasso di disoccupazione. Ma alla luce di ciò, il Governo anziché destinare il 66% di risorse al Sud e il 34% al Nord, ha deciso di fare il contrario. «Nei prossimi giorni promuoveremo un incontro con le altre regioni del Sud per mettere in campo una risposta istituzionale forte e per sollecitare tutti i gruppi parlamentari ad assumere comportamenti corretti» aveva detto venerdì De Luca in una diretta Facebook. Detto, fatto. Giovedì parte il nuovo percorso del fronte comune del Sud. Dopo Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, ieri ci ha pensato il governatore della Basilicata a rincarare la dose.
«Ancora una volta il Sud è mortificato. Se all’Italia è stata attribuita la fetta più consistente delle risorse del Recovery Fund, lo si deve proprio al Meridione. Ora, invece, il governo Conte dirotta al Nord la parte più cospicua. E questo nonostante il parere contrario di tutti i presidenti della Regioni del Sud al di là degli schieramenti politici – ha detto Vito Bardi – Siamo di fronte alla più importante manovra economica dal Dopoguerra, dove si decideranno la prossima programmazione e la ripresa dopo la pandemia. Il governo inspiegabilmente ha interrotto il confronto con le Regioni, facendo da solo». «È inaccettabile che al Sud vada la quota residuale del 34 per cento stabilita dal governo e che anche su questo ci sia una chiusura da parte dell’esecutivo -rimarca Bardi – Dobbiamo pretendere che il 70% delle risorse complessive vada al Mezzogiorno così come stabilito dalla Commissione europea. La posta è alta». La Basilicata è una polveriera. In campo scendono anche i sindacati.
«L’idea di destinare alle regioni del Mezzogiorno solo il 34% delle risorse previste dal Recovery fund è non solo sbagliato sotto il piano logico, ma ingiusta dal punto di vista sociale, perché perpetua cristallizzandolo il divario Nord-Sud» spiegano i segretari lucani di Cgil, Cisl e Uil, Angelo Summa, Enrico Gambardella e Vincenzo Tortorelli. Insorge anche il segretario nazionale dell’Ugl che parla «di un inaccettabile dimezzamento dei fondi stanziati per il Mezzogiorno, scesi ad appena il 34%».
«Nella bozza del Recovery Plan presentata al Consiglio dei Ministri, dai 140 miliardi in programma per il Sud si è passati agli attuali 70 miliardi – ha spiegato Paolo Capone – L’Esecutivo riferisca immediatamente al Parlamento e alle parti sociali in merito alla gestione trasparente delle risorse e al piano industriale necessario per rilanciare il Paese». Dal centrodestra al centrosinistra, tutti (adesso) a tutela del Sud.
«Se il Recovery Fund deve rappresentare il Piano Marshall italiano, esso deve essere utilizzato inevitabilmente per recuperare il gravissimo gap tra le Regioni del Nord e quelle del Sud”» dice il deputato potentino di Fratelli d’Italia, Salvatore Caiata. Per il deputato del Pd Nicola Carè, eletto nella circoscrizione estero, «occorre utilizzare al meglio le risorse a disposizione e ridurre sensibilmente lo storico deficit infrastrutturale che separa visibilmente il Sud Italia dal Nord del Paese».
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