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La sede del parlamento europeo

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«Gli Stati membri potranno beneficiare di un contributo finanziario sotto forma di un sostegno non rimborsabile. L’importo massimo per Stato membro sarà stabilito in base a un criterio di ripartizione definito. Tali importi saranno calcolati in base alla popolazione, all’inverso del prodotto interno lordo (Pil) pro capite e al relativo tasso di disoccupazione di ciascuno Stato membro».

Alle pagine 8 e 9 della proposta di regolamento, il parlamento europeo fissa i paletti sui criteri di ripartizione delle risorse a fondo perduto del Recovery Plan, sono tre gli indicatori: popolazione, tasso di disoccupazione e Pil pro capite.

Dovranno essere destinate maggiori risorse a quei territori con più residenti, con maggiore disoccupazione e prodotto interno lordo inferiore. Seguendo i criteri Ue, il governo Conte deve investire per il Nord Italia il 21,20% dei 65,4 miliardi a fondo perduto previsti dal Piano nazionale ripresa e resilienza; il 12,81% deve andare al Centro e il 65,99% al Sud, ben oltre, quindi, il 34% previsto dal piano dell’Esecutivo nazionale.

Quasi il doppio. Anziché 22,23 miliardi, quindi, al Mezzogiorno dovrebbero andare 43,15 miliardi, una differenza di 20,9 miliardi; mentre al Centro-Nord, anziché 43,16 miliardi dovrebbero essere destinati 22,24 miliardi, secondo i criteri Ue. Giovedì si riuniranno i presidenti di Regioni per discutere della ripartizione del Recovery Plan, chissà se saranno in grado di far sentire la propria voce e, soprattutto, di fare squadra per far pesare le proprie ragioni e quella dei cittadini che rappresentato. Ieri a sbattere i pugni è stato il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, che ha annunciato una lettera al presidente del Consiglio e ai presidenti delle altre Regioni meridionali, per chiedere «il rispetto degli impegni che l’Italia ha preso in Europa.

Se all’Italia è stata attribuita la fetta più consistente delle risorse del Recovery Fund, lo si deve proprio al Meridione». Sono in tutto 196 i miliardi di euro da allocare per il “Piano nazionale di ripresa e resilienza’”, la parte più cospicua andranno al capitolo “Rivoluzione verde e transizione digitale”: si tratta di 74,3 miliardi pari al 37,9% delle risorse da allocare. Seconda missione: “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” a cui la bozza prevede siano assegnati 48,7 mld pari al 24,9%. Quindi “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”: le risorse per questo capitolo, si legge nella bozza, sarebbero 27,7 mld pari al 14,1%. Ed ancora “Istruzione e ricerca”: qui sono previsti 19,2 mld pari al 9,8% delle risorse da allocare. Alla missione “Parità di genere, coesione sociale e territoriale” 17,1 mld pari all,8,7%. Infine, “Salute” con 9 mld di euro pari al 4,6% delle risorse. «Gli Stati membri – si legge ancora nel regolamento del parlamento europeo e del consiglio – devono preparare piani nazionali di ripresa e resilienza che definiscano il programma di riforme e investimenti per i quattro anni successivi.

Tali piani devono comprendere misure per l’attuazione di riforme e di progetti di investimenti pubblici mediante un pacchetto coerente. I piani devono essere coerenti con le pertinenti sfide e priorità individuate nel contesto del semestre europeo, i programmi nazionali di riforma, i piani nazionali per l’energia e il clima, i piani per una transizione giusta e gli accordi di partenariato e i programmi operativi adottati nell’ambito dei fondi dell’Unione. Essi devono includere misure volte ad affrontare le sfide cui sono confrontati gli Stati membri per quanto riguarda le transizioni verde e digitale, favorendo pertanto un percorso di ripresa sostenibile».

Stando al regolamento europeo, la dotazione finanziaria per il sostegno non rimborsabile sarà resa disponibile fino al 31 dicembre 2022 per i piani per la ripresa e la resilienza degli Stati membri. Oltre al sostegno non rimborsabile, gli Stati avranno la possibilità di chiedere un prestito. Il prestito mirerà a finanziare ulteriori riforme e investimenti. La richiesta di prestito può essere presentata insieme al piano, o in un secondo momento accompagnata da un piano rivisto. L’importo massimo del prestito per ogni Stato membro non può superare il 4,7% del suo reddito nazionale lordo.

«La Commissione – si legge – valuterà i piani in base a criteri trasparenti, in particolare: se il piano è in grado di affrontare efficacemente le sfide individuate nel semestre europeo, se contribuisce al rafforzamento del potenziale di crescita, della resilienza economica e sociale dello Stato membro e della coesione economica, sociale e territoriale; se il piano prevede misure pertinenti per le transizioni verde e digitale e se la stima dei costi fornita dallo Stato membro sia ragionevole nonché commisurata all’impatto previsto sull’economia. A tal fine è stato istituito un sistema di rating per la valutazione delle proposte».

Sono inoltre stabilite regole sui pagamenti e su altre questioni finanziarie, comprese la sospensione e l’annullamento; in particolare, lo Stato membro può presentare due richieste di pagamento su base semestrale.


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