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L’Eurotower

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Carla Ruocco, la presidente pentastellata della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario, ha espresso l’auspicio che la Bce cancelli i debiti pubblici addizionali in cui sono incorsi i Paesi dell’euro a causa della pandemia in corso. La richiesta ha senso, ma, naturalmente, si scontrerebbe con i vincoli statutari del Trattato di Maastricht, oltre che con la riluttanza dei Paesi “frugali” a ogni misura che odori di lassismo finanziario.

La battaglia sarebbe durissima ed epocale e probabilmente, fra modifiche al Trattato e quant’altro, richiederebbe molto tempo. Ma c’è un altro modo di vincere la battaglia. Si tratta di un’iniziativa facile e geniale: non fare niente. John Calhoun, un parlamentare americano del primo Ottocento, disse un giorno che «la più alta saggezza è talvolta una saggia e magistrale inattività», una massima che sembra echeggiare il solito proverbio cinese: «Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico».

COSTO ZERO

Ma perché non c’è bisogno di fare niente per ottenere la remissione del debito? La riposta è semplice: già fatto. I titoli del debito pubblico acquistati dalla Bce (come dalla Federal Reserve, o dalla Bank of England, o dalla Banca centrale giapponese o…) rappresentano debiti che non saranno mai restituiti. Resteranno in pancia alla Banca centrale, a parte le misere tecnicalità della scadenza e del rinnovo. E non costeranno niente agli Stati debitori, dato che gli interessi (miseri anch’essi) che saranno pagati alle Banche centrali ritorneranno agli Stati come versamento degli utili di dette Banche.

Tanto varrebbe che gli Stati emettessero titoli irredimibili allo 0% riservati alla Banca centrale o, per far più presto, tirassero sul conto, con fido infinito, presso la Banca. Non è facile far capire che c’è la possibilità di attingere soldi senza limiti da quel pozzo di San Patrizio.

Creazione di moneta dalle banche centrali (in % del Pil)Fonte: Federal Reserve Bank of Saint Louis

Will Rogers, un opinionista americano del primo Novecento, disse che nel mondo ci sono state tre grandi invenzioni: il fuoco, la ruota e la Banca centrale. E la saggezza di quella battuta viene confermata ogni volta che, come successe con la Grande recessione e come sta succedendo adesso con la crisi da virus, l’economia cade in una spirale depressiva da cui può essere salvata solo da… – avete indovinato – dalla Banca centrale.

La crisi taglieggia i redditi e minaccia che la recessione si trasformi in depressione, lo Stato interviene con trasferimenti ai cittadini e/o con creazione diretta di domanda via spesa pubblica; e i soldi a ciò necessari vengono forniti dalla Banca centrale con moneta di nuova creazione.

MONETA E INFLAZIONE

Non è facile far capire ai benpensanti come tutto questo possa succedere senza terribili conseguenze. Come – diranno – e l’inflazione? E il debito? E la bancarotta? E i poveri nostri figli che dovranno accollarsi questi gravosi fardelli e restituire fino all’ultimo centesimo? Come già scritto su queste colonne il 31 ottobre, l’identificazione del debito con la colpa (la parola tedesca Schuld significa ambedue le cose) non è solo un’ossessione teutonica: alberga nel conscio e nell’inconscio di noi tutti. E si possono capire le esitazioni del buonsenso davanti a questa semplice soluzione: c’è una crisi? Niente paura: date soldi a fondi perduto (i famosi “soldi dall’elicottero”) e via!

Ma come la mettiamo con la condanna biblica: «Col sudore della fronte mangerai il pane» (Genesi, 3-18)? Se la gente si rende conto che la Banca centrale le può mettere soldi nel conto corrente sempre e dovunque, cosa succederà nella società? Il “sudore della fronte” non è più necessario? Si diseduca il popolo. E se la gente ci prende l’abitudine? E se in un sistema democratico – la democrazia, disse Churchill, è il peggiore di tutti i sistemi, fatta eccezione per tutti gli altri – la maggioranza vuole poi che l’esperimento continui sine die? In effetti, questa faccenda della creazione di moneta ha creato già grossi inciampi nella storia. Nel primo Settecento francese lo svilimento della moneta fiduciaria portò a un disastro. La critica del duca di Saint Simon si rivelò, col senno di poi, corretta: il potere di stampare banconote può essere abusato in una monarchia assoluta, dove la creazione di moneta è soggetta alle «necessità di guerre mal condotte, alla rapacità di ministri, favorite o amanti, alla prodigalità di un sovrano…». E tanti altri episodi lo dimostrano, dall’iperinflazione della repubblica di Weimar ai torchi sudamericani messi a servizio, negli anni Ottanta, dell’indebita appropriazione di risorse da parte dei governanti; per finire al “miliardo per cento” dell’inflazione nello Zimbabwe.

È vero, c’è qualcosa che ci disturba nel profondo su questa faccenda dello stampar soldi. Non dico che sia la stessa cosa del falsario che fa lavorare il torchio in qualche clandestina cantina, ma nondimeno lascia qualche graffiatura nel nostro sentire di quel che è giusto e quel che è sbagliato. Sembra troppo facile. Da piccoli ci hanno insegnato che l’ozio è il padre dei vizi, e cosa c’è di più ozioso che premere un tasto sulla tastiera del computer (oggi non è più necessario sprecare tempo ed energia per far girare il torchio) e creare soldi dal nulla? Una creazione che sembra usurpare le prerogative del Creatore: la manna dal cielo può solo essere elargita da Qualcun Altro! Eppure, la possibilità di creare danaro è reale ed è un dono, se non della Provvidenza, dell’ingegnosità umana che ha creato la moneta fiduciaria. Certo, è un dono da maneggiare con cura e da usare solo in casi estremi. La solita obiezione: così si crea inflazione, è stata smentita dall’esperienza. L’inflazione non dipende da quanta moneta c’è in giro, ma da quanta voglia di spendere c’è in giro. L’immane creazione di moneta rappresentata nel grafico si è accompagnata a tassi di inflazione vicini allo zero.

IL DOVERE DELLA BCE

Ma torniamo al condono del debito da parte della Bce. C’è già, come detto, di fatto se non di diritto. Se vogliamo essere tecnici, dovremmo parlare d’ora in poi di debito pubblico netto, considerando, cioè, il combinato disposto di Stato e Banca centrale: un’istituzione, quest’ultima, che fa parte anch’essa del settore pubblico. I titoli nell’attivo della Banca vanno a compensare i titoli nel passivo dello Stato. E la Banca centrale non è un creditore occhiuto ed esigente, come può essere il mercato. Quando acquista titoli pubblici nel corso di una grave crisi economica fa semplicemente il suo dovere, fa quello per cui è stata creata. Will Rogers aveva ragione.


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