Luigi Gubitosi
2 minuti per la letturaNon c’è solo Autostrade (LEGGI). Sono ancora tutti aperti i dossier sul tavolo del governo per celebrare la resurrezione dello Stato imprenditore.
La rete unica, dopo il gran tambureggiare delle settimane scorse sembra uscita dal radar. Sono slittati i tempi previsti dalla lettera d’intenti firmata da Fabrizio Palermo per Cdp e da Luigi Gubitosi per Tim.
Secondo gli accordi era previsto l’avvio della valutazione degli asset Open Fiber e FiberCop entro il 20 settembre. La scadenza è passata senza che sia accaduto nulla. A puntare i piedi è soprattutto l’Enel che non sembra avere fretta. Non c’è nessuna certezza che il consiglio d’amministrazione del 15 ottobre torni a esaminare l’offerta presentata da Macquarie. Francesco Starace, amministratore delegato di Enel ha precisato che servirà almeno un mese.
Vuol dire arrivare a novembre. Un problema per Cdp , che ha firmato l’atto di nascita di AccessCo con la fusione di Fibercop e Open Fiber. Fabrizio Palermo vorrebbe presentarsi alle trattative con Telecom Italia avendo la maggioranza di Open Fiber. Un traguardo, a questo punto, non più raggiungibile in tempi brevi. L’obiettivo di Cdp è quello di poter gestire la trattativa da azionista rilevante di Tim (di cui possiede circa il 10%) e da socio di maggioranza assoluta di Open Fiber.
Per questo sono in corso trattative tra governo, Enel, Macquarie e Cdp per valutare se e come portare l’azionista pubblico almeno al 51% di Open Fiber. Una mossa che sarebbe propedeutica alla creazione di AccessCo e che quindi in prospettiva potrebbe portare Enel a un incasso più alto per la sua partecipazione nella società della fibra. Tutte manovre in costruzione che rendono scettica la Borsa. «Pensiamo che la debolezza del titolo Tim -dicono gli analisti di Equita-, tornato sui livelli di fine luglio, rifletta l’incertezza sul dossier, su cui ci aspettavamo un’accelerazione in queste settimane».
Ma il calvario non finisce qua. È ferma nell’hangar anche la nuova Alitalia. Gli scontri interni al M5s stanno bloccando le nomine dei consiglieri da affiancare al presidente Francesco Caio e all’amministratore delegato Fabio Lazzerini. Una rissa che rischia di avere tempi indefiniti considerando che ormai all’interno del Movimento sembra di vivere in un campo bombardato.
Ma in ballo ci sono anche le poltrone del cfo e, a cascata, quelle dei 20-25 top manager che dovranno pilotare il vettore oltre la crisi. Veti e contro veti che fanno slittare la definizione della squadra di comando mentre Alitalia continua a perdere circa 2 milioni al mese e chiuderà l’anno, a prescindere dall’effetto Covid, con un rosso ben superiore ai 700 milioni. Ma di questo, dello sperpero dei soldi pubblici, non sembra importare a nessuno. Tutto paralizzato da uno scontro politico nonostante sia tutto pronto. Ci sono i soldi, con una dotazione iniziale di dieci milioni e un plafond fino a tre miliardi, una società nuova di zecca, la newco, senza debiti e che avrà 4-5 mila dipendenti, la bad company in cui rimarranno i potenziali esuberi, circa 6 mila.
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