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Il Ministro Francesco Boccia

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C’è chi vorrebbe ripartire con l’autonomia differenziata come se non fosse successo nulla. Come se governo e governatori non avessero sfiorato la rissa tutti i giorni, ordini e contrordini nel periodo più critico del lockdown, ingenerando paura e confusione. Litigi culminati in un gigantesco contenzioso. Come se la lezione della sanità privatizzata non ci fosse stata. Come se la lotta per l’accaparramento dei dispositivi di protezione non avesse scatenato un’asta al rialzo su tutto il territorio nazionale. Ecco allora che alla prima occasione post-lockdown, è toccato al ministro agli Affari regionali Francesco Boccia rinfrescare la memoria. Chiarire che nulla sarà più come prima. Che il perimetro in cui il discorso dell’autonomia si potrà ridisegnare ora è un corridoio stretto con una destinazione finale che non è più la stessa. A partire da un punto cardine: senza la definizione dei livelli minimi essenziali (Lep) non ci sarà nessuna autonomia differenziata. Tutt’al più sarà possibile trasferire alle regioni materie di peso minore. Non certo sanità, istruzione e trasporti, come pure vorrebbero Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.

FONDO DI 3,5 MILIARDI PER LA PEREQUAZIONE  

Tutto questo è scritto tra le righe nei due articoli di cui si compone la nuova Legge quadro sull’autonomia che sarà presto al vaglio del Consiglio dei ministri. Un progetto di legge in cui si conferma che Comuni, Città metropolitane e Province entreranno nel processo di devoluzione. E che per la riduzione del gap infrastrutturale tra Sud e Nord sarà previsto un fondo di 3,5 miliardi per gli anni compresi tra il 2021 e il 2030. L’altro punto sul quale Boccia ha molto insistito è la necessità di attingere al Recovery fund per la definizione dei Lep, “vera occasione da 20 anni a questa parte”.   

LE NUOVE RIFLESSIONI

Boccia, mascherina e tono conciliante, si è presentato ieri mattina in audizione, dinanzi alla Commissione parlamentare bicamerale per le Questioni regionali “stimolato da nuove riflessioni”.  In primo luogo, la necessità di potenziare il sistema sanitario. “Vanno costruite reti venute meno”, ha detto il ministro accusando senza fare nomi quei governatori che nel corso degli ultimi anni hanno smantellato a colpi di tagli le strutture sanitarie.

Sarà un caso, ma durante l’emergenza lo scontro Stato-Regioni c’è stato soprattutto sulle materie oggetto di autonomia differenziata, istruzione, sanità e trasporto. In futuro non si potrà non tenerne conto ridisegnando il processo di autonomia.

L’ITER PER LE INTESE: LA PALLA AL PARLAMENTO

Boccia in buona sostanza ha fissato i paletti sui principi su quali non si potrà derogare e rimandato la palla in Parlamento su tutto il resto. Sul tavolo sono rimaste le 3 proposte unilaterali di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.  Dal dicembre scorso una apposita commissione di studio si è insediata e ha continuato a lavorare anche durante il lockdown. Subordinare il trasferimento delle materie alla determinazione dei Lep rimane, come dicevamo, il primo punto. Boccia: “L’emergenza Covid ha messo in evidenza l’asimmetria sul territorio e le differenze di organizzazione su scala regionale. Occorre dunque, sganciare le materie Lep dal corpaccione delle materie immediatamente trasferibili con eventuali intese. Ma senza prescindere dai Lep, non farlo sarebbe una responsabilità per questo Parlamento”.

Il ministro ha chiarito una volta di più che le disuguaglianze non sono tra Nord e Sud ma riguardano anche altre aree del Paese, le zone interne in modo particolare. Non ritiene che sia necessario seguire un iter speciale, nominare un commissario straordinario per i Lep. Se come di recente ha ricordato il Capo dello Stato Sergio Mattarella, è vero che l’autonomia rafforza l’unità nazionale”, ed è altrettanto vero secondo Boccia che il principio costituzionale della sussidiarietà resta un punto fermo. “Quando tireremo la riga sotto il livello essenziale delle prestazioni ci sarà un conto da pagare – ha messo le cose in chiaro il ministro – I vincoli di bilancio hanno spesso condizionato le azioni pubbliche. Hanno compresso anche alcuni diritti universali, tutto questo oggi non è possibile, diritti come salute e scuola non dovranno mai più essere compressi da vincoli.  Quel conto andrà pagato con un metodo condiviso”.

I DUE ARTICOLI DELLA LEGGE QUADRO E L’OCCASIONE DEL RECOVERY FUND

Il primo articolo delle legge-quadro riafferma il concetto che l’unità giuridica ed economica del Paese va salvaguardata”.  Nell’articolo 2 viene dettagliato il percorso che porterà alla stipula delle intese. Il confronto dovrà avvenire in Parlamento e nelle commissioni con procedure scelte da Camera e Senato.  “Non indichiamo ai presidenti di Camera e Senato il percorso migliore, ma ci rimettiamo alla volontà del Parlamento”.

Se prima si pensava di contrastare le disuguaglianze con fondi straordinari, oggi con i 209 miliardi tra finanziamenti a fondo perduto e prestiti in arrivo dalla Ue, il discorso è diverso.  Un ponte tra il lavoro sull’autonomia e il recovery fund, “occasione unica per ridurre le disuguaglianze”.  

REGIONI: RICORSI INAMMISIBILI E 280 IMPEGNI NON RISPETTATI

Cosa è successo in questi sei mesi su leggi regionali e ordinanze?  Una colluttazione continua. “Il governo deve impugnare meno – ha ammesso il ministro – ma questo vale anche per le regioni: l’80% delle controversie in tema di ambiente, pubblico impiego e concorrenza sono inammissibili.  Si impugna per impugnare, ingolfando la Corte costituzionale, bloccando il paese. In quanto alle regioni- ha continuato Boccia – c’è un numero di impegni non rispettati dalle regioni, se si assume l’impegno a modificar una norma e poi non lo fa si vìola il principio della leale collaborazione: dal 2015 ci sono 280 impegni non ottemperati. Scriverò ad ogni regione sugli impegni non ottemperati e ai ministeri sullo stato di infondatezza dei ricorsi”.

I dati dimostrano che durante l’emergenza Covid la Conferenza Stato-Regioni ha moltiplicato la sua attività, configurando un nuovo “regionalismo all’italiana”. Ha emanato ben 182 provvedimenti, mentre quelli emanati dalla conferenza unificata sono 132. Molti riguardavano attuazione di norme che il Parlamento aveva varato in emergenza. Una superproduzione che ha acceso i riflettori su questa “Terza Camera” che il leader leghista Salvini vorrebbe far presiedere da Zaia scalzando il presidente dell’Emilia-Romagna, Bonaccini.  Una sfida tra Supergovernatori.    


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