Gianluigi Paragone, Alfonso Bonafede e Luigi Di Maio
4 minuti per la letturaGiorni fa l’Ufficio statistico dell’Unione Europea (Eurostat), cioè la direzione generale della Commissione Europea che raccoglie ed elabora le informazioni provenienti dagli Stati membri dell’Unione europea ai fini statistici, ha pubblicato i seguenti dati relativi alle Regioni più a rischio di povertà o esclusione sociale; in particolare ha prodotto la seguente graduatoria: E mi sono subito chiesto se questi dati, se questa Tabella era stata sottoposta alla attenzione del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, sì al Ministro che nell’ultimo biennio, nei vari ruoli rivestiti oltre che da Vice Presidente del Consiglio, da Ministro dello Sviluppo Economico, da Ministro del Lavoro, e ultimamente da Ministro degli Esteri e del Commercio con l’Estero, ha più volte ricordato che la grande intuizione strategica del Movimento 5 Stelle, avviata proprio con la Legge n.4 del 28 gennaio 2019 istitutiva del “reddito di cittadinanza”, avrebbe annullato nel nostro Paese “la povertà”.
Sono sicuro che qualora leggesse questi dati e, cosa più difficile, qualora leggesse le considerazioni che farò dopo, dichiarerebbe: “È troppo presto per leggere dei risultati positivi”. Prima o poi il Ministro Di Maio ed il Movimento 5 Stelle dovranno ammettere che questa norma non solo non ha prodotto nulla, non solo non ha minimamente inciso su ciò che definiamo “povertà”.
Ma la cosa più grave ha ritardato il processo di ritorno alla normalità socio – economica di fasce sociali caratterizzate da forme di irreversibile impoverimento come quelle del Mezzogiorno; a tale proposito fa paura che le tre Regioni del Mezzogiorno hanno una percentuale di rischio di povertà superiore al 40%, ricordo che nelle Regioni del Nord non si supera mai il 15%. Né accetto la sistematica precisazione, sempre di esponenti del Movimento 5 Stelle, che il provvedimento è stato essenziale in questa fase della pandemia ed ha reso possibile la sopravvivenza di vaste realtà socio economiche del Paese.
Questo approccio, lo voglio ammettere, annullando la mia carica eccessivamente critica nei confronti del Movimento, testimonia in modo particolare la buona fede e la ingenuità del Movimento 5 Stelle; sì il Movimento ha impugnato la bandiera del superamento della grave tragedia della povertà ricorrendo allo strumento della “elemosina”, di uno strumento che nella realtà ha una caratteristica «mantiene inalterata la povertà e, addirittura, la trasforma da fenomeno congiunturale in fenomeno strutturale».
Sono convinto che il Movimento 5 Stelle, ripeto in buona fede, non immaginava di commettere un simile errore. In realtà la ingenuità ha prodotto una serie davvero inimmaginabile di fallimenti decisionali. Non voglio in proposito infierire elencando, come più volte ricordato, la serie di decisioni prese e dopo pochi mesi annullate e ribaltate. In fondo perché prendersela con uno schieramento politico giovane, con uno schieramento salito al Governo per la prima volta, con uno schieramento che decide e sceglie non a valle di un dibattito interno, non a valle di un confronto parlamentare ma solo dopo aver acquisito la decisione della “piattaforma Rousseau”. Senza dubbio tutte queste sono giustificazioni comprensibili ma, devo essere sincero, non sono più accettabili quando sono forieri e artefici della povertà del Paese, quando denunciano l’innamoramento del Movimento per ciò che mi fa paura solo nominare e cioè “la decrescita felice”. Voglio invocare un esempio che ripeto spesso: 7,5 miliardi di euro all’anno è il costo medio del “reddito di cittadinanza”, se tale volume di risorse venisse investito nel comparto delle costruzioni per realizzare infrastrutture essenziali produrrebbe una crescita del PIL di circa 0,5% ed un contestuale aumento occupazionale; lo stesso volume di risorse assegnato come rata assistenziale non produce nulla, neppure il ritorno in termini di consumi. Le crisi sociali non si superano, ripeto, erogando sussidi ma investendo in attività che generano davvero lavoro.
È solo una illusione temporanea, è solo un modo per ricevere un consenso gratuito ma che dura pochissimo. Sempre ingenuità e in questo caso anche grave incapacità quella di aver fatto ricorso ai cosiddetti “navigator”, cioè essersi illusi che era possibile indirizzare qualcuno al lavoro quando paradossalmente non esistevano le condizioni di lavoro. Il Quadro prodotto da Eurostat e da me riportato all’inizio spero convinca il Movimento a compiere un atto di sana umiltà, sì lo stesso atto fatto nei confronti del nuovo tunnel ferroviario Torino-Lione, nei confronti del centro siderurgico ex ILVA di Taranto, nei confronti della Trans Adriatic Pipeline (TAP), nei confronti del ponte sullo Stretto e annullino il provvedimento che mantiene in vita il “reddito di cittadinanza”; allora forse capiremmo se davvero nel Movimento c’è davvero buona fede.
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L’autore dell’articolo ha commesso tre errori.
1. Critica M5S sulla base di un documento che non ha letto. Perché se lo avesse letto avrebbe scoperto (come ho già osservato qui https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/economia/2020/09/18/rischio-di-poverta-campania-sicilia-e-calabria-le-regioni-piu-esposte-in-europa/ e in calce all’ultimo editoriale del direttore Napoletano, ma il mio commento è ancora in attesa di approvazione da ieri sera https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/gli-editoriali/politica/2020/09/23/leditoriale-di-roberto-napoletano-laltravoce-dellitalia-poveri-al-sud-e-spreconi-al-nord/ ) che i dati dell’Annuario Regionale 2020 Eurostat non includono gli effetti del cosiddetto RdC: The Eurostat regional yearbook is based on the most recent data available, usually for 2018 or 2019 https://ec.europa.eu/eurostat/product?code=KS-HA-20-001.
2. La povertà delle Regioni del Sud sarebbe sicuramente aumentata senza il cosiddetto Reddito di cittadinanza, che peraltro, sotto nomi diversi, esiste in tutti i Paesi UE, per cui non si comprende questa opposizione illogica de Il Quotidiano del Sud al sacrosanto RdC.
3. Il Mezzogiorno, OVVIAMENTE, ha bisogno sia di sviluppo che di assistenza, che – segnalo a Ettore Incalza – rientra tra i compiti istituzionali e costituzionali dello Stato italiano, che eroga parte della spesa sociale (!) a ricchi e benestanti (sic!), senza che nessun solone si scandalizzi.
La misura che li comprende entrambi non può essere il RdC, come blaterano gli agit-prop dei ricchi, lamentandone il fallimento in termini di mancato aumento dell’occupazione (checché ne dica anche M5S), che dipende strutturalmente da un aumento del PIL maggiore del 2%, ma un Grande Piano Pluriennale di Case Popolari di Qualità, estremamente carenti; in Francia (che è al 4° posto in UE per rapporto alloggi pubblici/totale immobili residenziali con il 16%) ce ne sono 5 milioni, in Italia appena 600 mila (1,5%).