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Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, e Maurizio Fugatti, presidente della Provincia autonoma di Trento

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Proprio ieri, dalla sede della Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia è partita una lettera per il ministro Francesco Boccia, responsabile per le autonomie. Il governatore Massimiliano Fedriga manifesta la propria disponibilità ad aprire il tavolo per ridefinire i cosiddetti “patti finanziari” tra Regione speciale e amministrazione centrale dello Stato. Già, perchè tra pochi mesi vanno in scadenza gli accordi sottoscritti due anni fa dallo stesso Fedriga e dall’allora ministro dell’economia e finanze, Giovanni Tria. Il che dimostra come i rapporti tra centro e periferia siano un cantiere perennemente aperto, come stanno dimostrando anche le trattative per ridurre i rimborsi che da Roma vanno verso la periferia o viceversa. Si tratta di una materia molto intricata, che dimostra però come la compensazione delle minori entrate da parte dello Stato o delle Regioni costituisca un problema perennemente aperto. Al punto che i tavoli attivati sono numerosi, visto che c’è sempre un momento in cui uno dei soggetti in gioco chiede all’altro di rivedere la situazione economica.

Il tavolo principale è quello che dalla primavera ad oggi è stato avviato in sede centrale a seguito dell’emergenza Covid. Le Regioni a statuto speciale, con capofila il Friuli e il Trentino, hanno chiesto di non versare più la quota concordata per partecipare al risanamento delle finanze dello Stato. Si tratta di una misura che si era resa necessaria anni fa alla luce della compartecipazione di tutti gli italiani al dimagrimento del bilancio nazionale. La causa è il Covid che ha determinato non solo maggiori spese per le Regioni, ma anche minori entrate legate al blocco economico.

Basti pensare che a maggio Fedriga aveva dichiarato: “Non ho più soldi per fare nulla, neppure per l’emergenza. Adesso chiamerò qualcuno a Roma per informarlo che chiuderò gli ospedali. Da Roma continuano a volere il contributo straordinario da 726 milioni all’anno che ci chiedono dal 2011. Ma noi ci finanziamo con entrate proprie, non possiamo restituire nulla. Anzi, vanno rivisti i patti finanziari con Roma”. Quella era la fase più calda di una dialettica lacerante. Perchè anche dal Trentino Alto Adige, in particolare dal governatore trentino Maurizio Fugatti, era venuta una lamentazione-minaccia più o meno simile. “Non restituiremo niente allo Stato, anzi è lo Stato che deve dare di più a noi”. In qualche modo la situazione si è sbloccata a fine luglio. In seguito a una complessa trattativa in sede di conferenza Stato-Regioni, alla Regione Friuli Venezia Giulia sono stati assegnati 538 milioni di euro, nell’ambito dei fondi destinati alla Regioni speciali. Per questo Fedriga era soddisfatto per l’esito dell’assegnazione di risorse finanziarie alle Amministrazioni regionali per l’emergenza Covid-19.

Quella cifra era un punto di ricaduta per compensare le minori entrate per i bilanci regionali causate dalle pesanti ripercussioni prodotte dall’emergenza sull’economia locale. “Tali risorse sono necessarie per garantire servizi essenziali ai cittadini, tra cui il funzionamento del sistema sanitario regionale, i cui costi gravano interamente sulle casse dell’Amministrazione regionale” aveva dichiarato allora Fedriga. Ed è stato in quella occasione che oltre al miliardo di euro messo in campo col decreto Rilancio, lo Stato si è impegnato a stanziare ulteriori 1,6 miliardi di euro a favore delle Regioni a Statuto Speciale, mentre per il 2020 il governo ha accordato una riduzione del concorso al risanamento del debito pubblico nazionale a carico delle Regioni speciali per complessivi 2,6 miliardi di euro.

Ma se questa è la partita complessivamente più importante, sono i patti finanziari di base la vera ossatura dei rapporti tra Stato centrale e ciascuna delle singole regioni speciali. Ad esempio questi patti per il Friuli stanno per scadere ed è per questo che Fedriga ha scritto al ministro Boccia. Due anni fa era stato sottoscritto un nuovo patto finanziario con lo Stato, che aveva comportato un risparmio di 834 milioni in un triennio da parte della Regione friulana nei contributi obbligatori per il risanamento del debito pubblico. Un miliardo e 938 milioni di euro, invece, era la somma che il Friuli Venezia Giulia deve versare alle casse dello Stato fino al 2021 (671 milioni nel 2019, 671 milioni nel 2020 e 596 milioni nel 2021). Si tratta di vedere come il Covid influirà su questo scenario e su questa nuova trattativa.


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Fabio Grandinetti

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