Stefano Bonaccini
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L’ASSALTO alla diligenza dei fondi europei è già cominciato. La disputa per mettere le mani sul tesoretto del Recovery Fund, non è solo tra ministeri ma anche a livello territoriale, in uno scontro che rischia di contrapporre Nord e Sud. Da quanto è emerso dalla prima riunione del Ciae il Comitato interministeriale per gli affari europei, scelto da Palazzo Chigi per preparare il piano di riforme chiesto dall’Europa, ci sarebbe stato uno scambio di battute serrato tra il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro.
Il terreno è quello minato dei fondi alla sanità. Il governatore dem avrebbe contestato la legge di assestamento di bilancio, accusando il governo di aver bypassato la Conferenza Stato-Regioni. Bonaccini avrebbe chiesto in sostanza più soldi per la sanità del Nord, chiamando in causa il rispetto di regole e impegni, ovvero che i trasferimenti dei fondi avvengano in base ai criteri in uso. E i criteri in uso sono un maggior flusso di risorse verso le Regioni del Nord. Fraccaro avrebbe rispedito al mittente le accuse scaricando tutta la responsabilità sul ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.
Sono i primi rulli di tamburo di una partita più ampia che si giocherà con il Recovery Fund. Secondo l’ultimo Rapporto Eurispes, nel 2017 un italiano del Centro-Nord godeva di circa 1900 euro di spesa sanitaria mentre un connazionale del Sud si doveva accontentare di appena 1600 euro pro capite. La ripartizione dei fondi per la Sanità, secondo la formula Calderoli definitivamente introdotta nel 2011 durante il governo Berlusconi, tiene oggi conto esclusivamente della spesa storica che sarebbe dovuta durare un tempo brevissimo per garantire con nuovi criteri i diritti di cittadinanza di tutti i cittadini italiani .
IL DIVARIO NELLA SPESA SANITARIA
La differenza della spesa sanitaria, accumulata negli anni, ha scavato un solco tra Nord e Sud tant’è che l’Eurispes sulla base dei dati Cpt rielaborati per primo da questo giornale, ha calcolato che in 17 anni sono stati sottratti al Mezzogiorno 840miliardi di euro. Il sistema Calderoli, doveva essere provvisorio e aprire a interventi che sono rimasti sulla carta, come i Lea (i Livelli essenziali di assistenza), i fabbisogni standard e il fondo di perequazione, cioè un fondo di solidarietà dei comuni che avrebbe dovuto coprire integralmente la differenza tra la capacità fiscale di ogni comune (sostanzialmente i proventi di Imu e Tasi) e il fabbisogno per i servizi ai cittadini. Che succede invece? I Comuni raccolgono meno soldi di quanto sarebbe necessario per coprire i fabbisogni ma lo Stato non ridistribuisce tutto quello che manca per coprire il 100% del fabbisogno. Se lo facesse, al Sud arriverebbero soldi a pioggia.
ANCHE LA RIFORMA DEI LEA PENALIZZA IL SUD
Il nuovo sistema di verifica e valutazione dei Lea, che entra in vigore da quest’anno, prevede criteri più severi per giudicare la qualità e l’efficienza dei sistemi sanitari regionali e, stando ad una simulazione svolta dal Comitato Lea – organo del ministero della Salute – solo 11 Regioni su 21 risultano essere adempienti, quindi sarebbero promosse. Le “inadempienti” sono quasi tutte del Sud: Campania, Calabria, Molise, Basilicata, Sicilia, Lazio, Sardegna, si salvano soltanto Puglia e Abruzzo. E pensare che il ministro Speranza aveva promesso più risorse per la Sanità del Sud. I criteri per valutare la qualità delle cure sono stati inaspriti però continua ad esserci un gap di risorse tra Nord e Sud. Il riequilibrio potrebbe venire dal Recovery Fund. E’ in questa sede che si giocherà la partita tra le due Italie. Il ministero del Sud ha posto sul tavolo un fiscalità di vantaggio a cui riservare almeno 71 miliardi. Una cifra identica dovrebbe andare a finanziare il piano Italia veloce messo a punto dalle Infrastrutture.
LE PROPOSTE DEI MINISTRI
Il ministro Giuseppe Provenzano ha assicurato che il Mezzogiorno avrà un posto di primo piano nel Recovery plan. Dovrà vedersela però con gli altri ministri, ognuno con la sua lista delle priorità. Il piatto è ricco e l’occasione irripetibile. Tant’è che Regioni, Province e Comuni, si sono fatte avanti reclamando una quota del Recovery Fund. Spetterà al premier Giuseppe Conte e al ministro dell’Economia, Gualtieri, fare uno screening delle proposte evitando che i fondi si disperdano in mille rivoli.
I ministeri dello Sviluppo economico e dell’Economia puntano al rafforzamento del piano 4.0 cioè all’implementazione di misure, incentivi e agevolazioni per lo sviluppo digitale delle imprese: tra queste l’iperammortamento, il superammortamento e i finanziamenti agevolati per le start up innovative. Si è parlato di quarta rivoluzione industriale. Secondo un report del Mise le imprese che non utilizzano tecnologie sono l’86,9% del totale. Quelle più innovative sono al Centro-Nord (9,2%), al Sud il 6,1%. La Funzione pubblica ha messo sul tavolo il piano di digitalizzazione dell’Amministrazione che comprende la formazione continua del personale e l’interconnessione tra le banche dati. Il lockdown e lo smart working ha fatto emergere l’arretratezza degli uffici pubblici sull’uso delle tecnologie specie nel Mezzogiorno.
Altro capitolo è quello degli investimenti green. Il ministero dell’Ambiente preme per il cuneo fiscale ambientale e l’apertura di cantieri anti dissesto idrogeologico.
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