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Se, come pare, sono ancora oltre due milioni in lavoratori in attesa dell’assegno di cassa integrazione, allora il presidente del Consiglio, Conte, sarà costretto all’insonnia ancora a lungo. «Sulla Cig non dormirò la notte finché non sarà pagato l’ultimo lavoratore», ha affermato conversando, mercoledì, con cronisti all’ambasciata italiana a Madrid, dopo l’incontro con il premier spagnolo, Pedro Sanchez.
I DATI SULLA CIG
Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Inps, sono 17.574 i lavoratori che da marzo non visto entrare nel proprio portafoglio nemmeno un euro, con le domande per l’ammortizzatore presentate entro la fine di maggio. A questi si aggiungo quelli più “fortunati” che hanno ricevuto almeno la Cig di marzo e aspettano aprile: sono 322.7007 e i loro SR41, ovvero i documenti che contengono gli Iban per il pagamento, sono stati inviati dalle imprese dopo il 31 maggio. In tutto 340.281 persone con le vite sospese e i conti a secco.
Questo il report ufficiale, al 29 giugno, dell’istituto di previdenza che ora si ritrova a gestire anche la cassa in deroga dopo la disastrosa performance delle Regioni – emblematico il caso della Lombardia – ne ha “consigliato” al governo l’affidamento all’Inps, andando ulteriormente a ingolfarne un’attività che di tutto ha dato prova – ritardi, gestione confusa dei dati e una comunicazione pasticciata – meno che di efficienza. Tornando ai dati, accanto a quelli ufficiali, ci sono quelli ufficiosi che contano 1,2 milioni di lavoratori ancora in attesa della Cig. E a questi si sommano anche gli 800mila artigiani, che fanno capo al Fsba, il Fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato, a cui manca ancora la “retribuzione” di aprile. Insomma, la somma è a sei zeri: oltre due milioni di lavoratori allo stremo.
IL CORTO CIRCUITO
Nei giorni scorsi, il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, è tornato a lanciare strali contro l’Inps e il suo presidente, Pasquale Tridico: «Su nove milioni di persone per le quali è stata chiesta la Cig, per quasi 5 milioni è stata erogata dalle imprese», ha affermato, sottolineando che questo è accaduto «con un presidente dell’Inps che si è permesso di insultare le imprese, che ancora ad oggi non ha risolto il problema, e che rimane al suo posto».
La Cna, dal canto suo, ha fatto appello al governo affinché trasferisca subito e per intero le risorse stanziate per il sostegno al reddito dei lavoratori dell’artigianato tramite il Fsba. «Dei 765 milioni assegnati con il decreto Rilancio solo 248 sono stati resi disponibili, dopo quasi 40 giorni, e immediatamente erogati dal Fondo, ma di questo passo si arriverà a Ferragosto per liquidare a 800mila dipendenti gli assegni relativi alle retribuzioni di aprile. Una situazione vergognosa che umilia i lavoratori e mette in grande difficoltà i datori di lavoro artigiani», hanno sostenuto dalla confederazione, sollecitando nuove risorse per 500 milioni necessari per coprire le richieste arrivate fino al mese di maggio. Il decreto Rilancio ha anticipato le 4 settimane di Cig Covid che erano previste per l’autunno, ma per molte imprese le diciotto settimane previste dal governo sono terminate.
«Alcune aziende ora dovranno far ricorso agli ammortizzatori ordinari, sobbarcandosi costi più elevati e procedure più complicate, mentre le altre, tra il divieto di licenziare e l’indisponibilità di integrazione salariale, andranno in cortocircuito», ha affermato Guido Lazzarelli, direttore centrale Politiche per il lavoro e il welfare di Confcommercio. Quanto alla gestione della Cig, Lazzarelli riferendosi in particolare alla cassa in deroga è stato lapidario: «E’ stata la cronaca di una morte annunciata – ha affermato – cui hanno fatto da contraltare le sofferenze dei lavoratori costretti a cavarsela con i propri risparmi o quelli di genitori e nonni. E degli imprenditori, tra l’impossibilità di dare risposte ai dipendenti anticipando i soldi e le tensioni con le associazioni sindacali».
LO STUDIO UIL
Secondo uno studio della Uil due mesi di cassa integrazione – aprile e maggio – hanno “tagliato” le buste paga dei lavoratori dipendenti di 4,8 miliardi netti. Alla Lombardia il primato, con una perdita delle retribuzioni nette pari al 25% del totale nazionale, per un valore di 1,2 miliardi. A fronte di circa 1,7 miliardi di ore di cassa integrazione, autorizzate nei due mesi considerati (rispettivamente 835 e 849 milioni di ore), – «numeri mai raggiunti finora e in un tempo così breve», ha sottolineato Ivana Veronese, segretaria confederale Uil – gli 8,4 milioni di beneficiari hanno perso, mediamente, 569 euro pro-capite nel bimestre, 966 se si considerano i 5 milioni di persone in cassa integrazione a “zero ore”.
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