Villa Pamphili, sede degli Stati generali dell'economia
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Dagli Stati generali emerge il disagio crescente della società civile, dei sindacati, di Confindustria con severi richiami all’esecutivo posto di fronte alla disarmante evidenza di serissime difficoltà a tradurre in fatti le misure deliberate per l’emergenza economica e sociale. Un’emergenza operativa che segnala quasi l’incomunicabilità tra governo e strutture tecnico-ministeriali che traducano gli atti di governo in azioni operative. A questo assillo del presente si aggiunge una ancor più preoccupante prospettiva che riguarda il futuro: il che fare in termini strategici.
SUD VIA OBBLIGATA
Se cerchiamo risposte nel certosino prontuario del piano Colao sorge una domanda: tanta dettagliata minuzia per che cosa? Ci offre analisi, strumenti, soluzioni? Nel 1918 un manager affrontò il problema di quel tragico “dopo pandemia” in meno di cento schede con la lucida, per molti versi profetica, dettagliata analisi della “economia nuova”. Era un manager – e che manager – e propose una sconvolgente visione – e che visione! – che fa da modello, ancora, con alterne fortune. Oggi diciamo che la pandemia cambierà il mondo, i nostri destini. Nobilissimi proclami privi di analisi e proposte, essenziali per dire su quali basi solide il Paese debba muovere per realizzare da noi una fin troppo necessaria “economia e società nuova”. Preferiamo glissare su oltre trenta e più anni di lento e progressivo declino, ignorare che con questo ulteriore shock il Paese, più spaccato che mai, vede arretrare un Nord in evidenti difficoltà da decine di anni e un Sud relegato al suo destino (l’eutanasia) dalla consuetudine estrattiva del Nord che tornerà a invocare presto autonomia scordando la lezione del 2019. L’Operazione verità vorrà pure dire qualcosa! Passata la linea d’ ombra il Paese non più contributore ma prenditore netto esorcizza il progredire di una sempre meno lenta meridionalizzazione.
Oggi, in assenza di un progetto proprio le “condizionalità” (finalmente virtuose) poste dalla Ue impongono, più che indicare, la strada da imboccare. Ciononostante, non sembra che si ritenga politicamente corretto – in questo governo – dire con chiarezza che il Mezzogiorno rappresenta la via obbligata per avviare la difficile impresa di liberarsi dai più marcati fattori di debolezza strutturale così da porre un argine alla lunghissima crisi del “grande malato d’Europa” drammaticamente più provato dal corto circuito della pandemia.
CARENZE FATALI
Per questo rischia di essere fatale il ritardo e l’insufficienza di analisi in campo che non riesce ad andare oltre la proposta di una manutenzione del sistema, quasi a non volere sciogliere nodi strutturali che stanno portando il Paese ben “oltre il declino”. È del tutto chiaro all’Europa per prima l’urgenza di azioni fortemente interconnesse, articolate in una prospettiva mediterranea idonea a una rinnovata politica attiva di sviluppo: logistica, energie rinnovabili, rigenerazione urbana e ambientale, agroalimentare e agroindustria, governo delle acque, politica industriale, ricerca e innovazione; tanto più ora che l’assestamento dell’economia globale invita decisamente a governare il processo di re-shoring e l’accorciamento delle “catene del valore” che questa crisi sta promuovendo.
Se si vuole finalmente esplicitare una strategia Paese, la priorità va alla progressiva strutturazione di un significativo Southern Range logistico euromediterraneo geneticamente competitivo, green, sostenibile, socialmente inclusivo. Proprio quello che l’Europa DEVE volere per mettersi al riparo – tra l’altro – dalla “invasione” russa e turca nel Mediterraneo. L’istituzione di 4 Zone Economiche Speciali (ancora non operative da oltre due anni) impone il focus sul Mezzogiorno. Certo, si pone il tema del confronto con il finora indisturbato e debordante monopolio del Northern Range rispetto al quale il Quadrilatero del Mezzogiorno ha tutti i numeri per far valere specifici vantaggi competitivi. Una sfida impegnativa, con amplissimi margini per cogliere risultati in linea anche perché è l’unica che può assolvere ai parametri indicati dai vincoli di sostenibilità ambientale e climatica e a quello della lotta alle disuguaglianze che l’Unione pone come condizioni prioritarie.
CAPACITÀ DI PROGETTO
Con il prototipo del Quadrilatero l’Italia deve avviare e strutturare, il tema della transizione posto dal green new deal e avanzare una proposta immediatamente operativa, che ne fa una candidata di prima fila alla recovery strategy dell’Unione in risposta allo shock della pandemia. Affrontare la sfida impone capacità di progetto e di proposta, di muoversi in Europa esigendo con puntiglio la definizione di chiari parametri nei quali tradurre i criteri con i quali vengono declinate le priorità proclamate per assegnare le risorse (sostenibilità ambientale ed energetica dello sviluppo e – in primis – contrasto alle disuguaglianze).
Questa sfida è doppiamente importante perché ci vede agire in sintonia con le “condizionalità” dell’Unione, che di fatto impongono un vincolo finalmente virtuoso e perché è in sintonia con l’obiettivo vitale di dotare il Paese di un quanto mai necessario secondo motore. La integrazione “intelligente” Nord-Sud tra ZES, Zone Logistiche Semplificate (ZLS) è il terreno sul quale iniziare subito ad affiancare il fisiologico impegno per il made in Italy con la prioritaria promozione della logistica a valore a dimensione euromediterranea e, così, dimostrare con i fatti che se corre Napoli, corre Milano; non viceversa.
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