Conte assieme a Ursula Von Der Layen
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La buona notizia dei 170 circa mld sul totale di 750 miliardi (a fondo perduto e a credito) che potremmo ricevere secondo la proposta della Commissione europea in “risarcimento” per lo shock simmetrico che ha colpito l’ UE e con l’ intento di avviare una ripresa vigorosa, fa il paio con la “cattiva” notizia-gemella che l’ Italia passa da Paese contributore netto a Paese prenditore netto, cioè assistito.
LA RIFLESSIONE
Poco male, si dirà se ciò aiuterà a superare la tempesta di questo fulmineo shock che -viene detto ossessivamente- ha colpito tutti. Molto male se, invece, si tradurrà in un placebo che eviterà anche questa volta di misurarci con gli effetti tutt’ altro che passeggeri e invece per noi tragicamente asimmetrici che si annidano nelle pieghe di questa simmetria sfuggendo così a una coraggiosa riflessione su come lavorare a una politica economica di sviluppo.
IGNAVIA DI ANNI
A questo scopo, sarebbe un risultato certamente positivo se nel Paese si facesse una approfondita analisi e ci fosse chiara e condivisa consapevolezza che il dramma di oggi è frutto di ultra ventennale ignavia, presunzione e inefficienza che si scaricano oggi a terra per il corto circuito improvvisamente prodotto dal virus.
Nel merito non è appropriato dire che si è continuato a danzare mentre il Titanic inaspettatamente e rapidamente affonda. L’ iceberg della pandemia non ha, infatti, colpito e affondato una possente, splendida nave Italia. Nel nostro caso è molto più calzante la metafora della discesa nel Maelstrom di Edgar A Poe. In totale sintonia, come i suoi naufraghi, assistiamo alla drammatica accelerazione di un percorso ampiamente annunciato, che prende via, via a correre più velocemente e, oggi, tumultuosamente verso il gorgo.
L’ impatto di questa drammatica accelerazione può condurre ad un ulteriore, fatale arretramento strutturale, a consolidare e aggravare pesantemente il “declino” con il quale ci siamo acconciati a vivere senza nemmeno cercare risposte dal 1998 e a subire dal 2007 quella silente discesa ora in accelerazione. E’ grave il silenzio che domina su come invertire la rotta, né indizi significativi trapelano dai voluminosi decreti elaborati per fronteggiare l’ emergenza.
E qui veniamo al secondo punto problematico che prefigura il sostanziale nostro declassamento da Paese contributore a Paese assistito.
LA DIPENDENZA
Un dato imposto temporaneamente dall’emergenza che rischia di perpetuarsi e di tradursi quindi in una “nuova dipendenza” a drastica conferma dell’ Italia” grande malato d’ Europa”. Quanto rilevante sia il problema lo vedremo, a bocce ferme, a valle del riposizionamento del Paese e -soprattutto- delle sue regioni, a partire da quelle reputate più forti, nella gerarchia europea.
L’ esperienza recente non è certo promettente, ancora di meno la propettiva che le vede al nastro di “ripartenza” con un prodotto lordo in ulteriore debito mediamente di altri cinque punti, rispetto alla media UE.
Se anche domani ci fosse una nostra ripresa sui livelli medi della UE (previsione ottimistica) il distacco prodotto da questo “shock simmetrico” sommato a quello già cumulato e non pienamente recuperato dal 2008 contribuirebbe già da domani a riclassificare tra le regioni in transizione il Piemonte e probabilmente la Toscana oltre alle già transitate Marche ed Umbria.
Non solo, in assenza di un significativo, stabile differenziale di crescita sulle media UE per i prossimi anni, l’ affannosa rincorsa non avrebbe particolari risultati e la “meridionalizzazione” progredirebbe anche nella enclave mitteleuropea di quel Nord molto caro alla Germania. Parlare, prevedere, progettare in sintonia è quello che serve per articolare una strategia che non sia la riproduzione assistita di una esangue crescita che non può curare il grande malato.
LO SVILUPPO
Sarebbe un irrazionale autolesionismo rifiutare di guardare con laica lungimiranza -sia pur con incredibile, colpevole ritardo- a quali siano le articolazioni necessarie per avviare un processo di sviluppo.
Insistendo, con un minimo di fantasia, lo slogan è ancora che solo se corre Napoli può efficacemente correre Milano, non viceversa.
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