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La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen e Giuseppe Conte

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FIN QUI tutto bene. Manca il via libera degli Stati, ma la Commissione europea mette sul tavolo una ricetta anti-crisi che premia l’Europa e, con essa, l’Italia. Tante risorse, meno prestiti e più garanzie, con minori oneri per chi riceve i soldi europei. Più coesione, meno tagli alla politica agricola, più risorse per ricerca e immigrazione. Difficile non poter essere soddisfatti di quanto messo a punto dall’esecutivo comunitario che, forte anche delle indicazioni arrivate dalle principali capitali, ha prodotto una risposta positiva. Un totale di 1.850 miliardi di euro sono messi sul tavolo, tra bilancio pluriennale (MFF 2021-2027) e meccanismo per la ripresa (Next Generation EU). I due strumenti finanziari sono collegati tra loro.

OLTRE 1000 MLD

Il budget da sette anni da solo vale 1.100 miliardi, 18 miliardi di euro in più rispetto all’attuale ciclo finanziario, in scadenza a fine anno. Un ammontare extra che ripartito per i ventisette Stati membri non implica uno sforzo eccessivo. Lo strumento per la ripresa, eccezionale perché la pandemia di Coronavirus con la sua recessione tale lo ha reso, ha una dotazione da 750 miliardi di euro, per un terzo prestiti (250 miliardi) e per due terzi garanzie (500 miliardi). “Voglio essere chiara: queste garanzie sono investimento comune nel nostro futuro, non portano alla convidisione del debito”, chiarisce la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Vince l’Italia. Si impone la linea espressa dal governo Conte che chiedeva contributi europei senza l’assillo di condizioni degne della peggiore austerità. La Commissione europea reperirà soldi sul mercato e li presterà agli Stati per fare le riforme di cui hanno bisogno per far ripartire le rispettive economie nazionali. Gli aiuti sotto forma di garanzie non si dovranno restituire, ma occorrerà dimostrare e garantire che le risorse con logica e secondo gli obiettivi di Bruxelles. “Economia verde, economia digitale, infrastrutture chiave come il 5G”, spiega von der Leyen. L’Italia, secondo le stime preliminari di Bruxelles, avrà a disposizione di 172,7 miliardi di euro. Ciò fa dello Stivale il primo beneficiario del meccanismo di ripresa. E’ logico, se si considera che è anche il Paese più colpito dalla pandemia di Covid-19. Non è dunque un bene che si riceva così tanto, perché è indice di peggiore condizioni economica. Comunque di questa fetta circa 82 miliardi di euro saranno il frutto di sovvenzioni a fondo perduto, e circa 91 miliardi di prestiti.

GLI ALTRI MOTIVI

L’Italia può essere realmente contenta per altri motivi. Mettendo insieme le risorse del bilancio pluriennale e quelle di Next Generation EU escono fuori più risorse per le politiche di coesione. Si passa dagli attuali 272,6 miliardi programmati per il periodo 2014-2020 a 373,2 miliardi, 50 miliardi dei quali provenienti dal meccanismo per la ripresa. Vuol dire più soldi a disposizione dello sviluppo delle regioni più svantaggiate. Per l’Italia questo implica maggiori opportunità per il Mezzogiorno. Ancora, più soldi per Erasmus (27, 9 miliardi, +11 miliardi), ricerca (105,8 miliardi, +38,8 miliardi), grandi reti di trasporto, energia, digitale (rispettivamente +2,1 miliardi, +1,6 miliardi, +1 miliardo), immigrazione (12 miliardi, + 9,1 miliardi).

Restano inevitabili ai tagli all’agricoltura, ma la Commissione von der Leyen opera riduzioni minori rispetto a quelle della Commissione Juncker. Per il settennio 2021-2027 si mettono sul piatto 348,3 miliardi di euro per la poltitica agricola comune, 34,5 miliardi in meno rispetto all’attuale ciclo di programmazione. Ma si salvano 24 miliardi di euro. Di questi soldi strappati ai tagli, 15 miliardi arrivano dal meccanismo per la ripresa, gli altri 9 miliardi dal bilancio vero e proprio, che li suddivide in parti pressoché uguali tra pagamenti diretti ai produttori agricoli (4 miliardi) e sviluppo rurale (5 miliardi).

Quello che produce la Commissione è indubbiamente un buon risultato. Non è ancora quello finale, perché servirà il consenso unanime su un tema tradizionalmente divisivo. E divisioni permangono. Il piccolo gruppetto dei quattro cosiddetti “frugali” per non dire altro (Austria, Danimarca, Paesi Bassi, Svezia) restano dell’idea che bisognerebbe avere un bilancio pluriennale più snello, quando la Commissione ha messo 18 miliardi in più. Inoltre non sono contenti della ripartizione sproporzionata di prestiti e garanzie, a favore di queste ultime. Sono pronti a puntare i piedi, e la rappresentanza olandese presso l’UE ha già fatto sapere che “le posizioni su questo file sono molto distanti dall’unanimità” richiesta per l’approvazione, e quindi “i negoziati richiederanno tempo”.

I FRUGALI DEL NORD

A Bruxelles sono invece convinti che si tratti di pre-tattica negoziale. “I frugali chiedevano un modernizzazione del bilancio europeo, e questo bilancio è al 60% orientato a investimenti per politiche moderne” quali digitale, sostenibilità e innovazione. Il tutto “senza arrivare alla condivisione, come richiesto”, taglia corto von der Leyen, convinta che non vi siano ragioni per puntare i piedi. Anche perché gli Stati che chiederanno risorse per la ripresa sulla base di strategia nazionali, “saranno agganciati al semestre europeo”, il processo di riforme economiche comune. I frugali sono dunque accontentati. Ci sono le premesse per un accordo, dunque. Ora spetterà ai leader mostrare la stessa abilità messa dalla Commissione in un compito comunque non semplice, perché complicato di per sé e dettato da urgenza ed emergenza.


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