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DOVEVA essere un decreto “pesante” per la mole di risorse che sono mobilitate, 55 miliardi come effetto sul deficit, ma smart nell’articolato, per far sì che le risorse giungano agli interessati in tempi rapidi, evitando i meccanismi complicati del decreto Cura Italia e del decreto sulla liquidità. Doveva essere il “decreto di aprile”, così lo aveva definito il governo: invece siamo al 12 maggio e ancora non ha visto la luce e per evitare l’immancabile ironia ha visto cambiare la denominazione. Ora si chiama “dl rilancio”. Riunioni tecniche e politiche ancora non hanno portato alla definizione del testo. Il Consiglio dei ministri è slittato ancora e le attese sono per oggi.

BOZZE INQUIETANTI

Circolano però le bozze. Inquietanti. Quello che si profila è un decreto “omnibus” o meglio “monster”. Più di 250 articoli (esattamente 258, ma alcuni sembrano espunti), circa 450 pagine (comprese alcune relazioni illustrative degli articoli) che affrontano ogni tipo di problema legato al coronavirus, ma non solo. Si va dalle misure per il rafforzamento del sistema sanitario e per la sicurezza alle disposizioni per la tutela del risparmio nel settore creditizio, dalla proroga degli ammortizzatori sociali e aiuti alle famiglie, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, dal sostegno alle imprese e all’economia, alle misure fiscali.

Un capitolo è dedicato agli interventi di settore che riguardano turismo, e cultura, edilizia, trasporti, sport, giustizia, agricoltura, istruzione e università, ambiente. Poi figurerebbe un capitolo sul sostegno pubblico per l’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni. Tra le misure di sostegno all’economia, insieme a quelle per evitare i rincari delle mascherine e degli altri dispositivi di protezione individuale, c’è l’articolo sul voto plurimo nelle società quotate e misure per il rafforzamento dell’ecosistema delle start up innovative.

IL NODO IRAP

Un aspetto che ha fatto discutere e che anche ieri è stato limato riguarda l’Irap. Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, aveva anticipato l’eliminazione del versamento Irap di giugno. Le ultime riunioni tecniche hanno portato alla scrittura di una norma che prevede lo stop al pagamento dell’Irap a giugno per le imprese che nel 2019 avevano avuto ricavi compresi tra 5 e 250 milioni di euro. Queste imprese non versano il saldo per il 2019 e neanche la prima rata dell’acconto Irap 2020. Lo stop al versamento si applica a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi rispetto a quelli di febbraio 2019. A chi ha iniziato l’attività a partire dal primo gennaio 2019 lo stop all’Irap si applica sempre, senza valutazioni sul fatturato.

Quello dell’Irap era uno dei nodi politici da sciogliere e ieri potrebbe aver trovato la sua versione definitiva. Resta da sciogliere il nodo, al momento irrisolto, dei braccianti agricoli che vede lo scontro tra la ministra Bellanova, sostenuta da tutta Italia Viva, favorevole a una regolarizzazione generalizzata, e il M5s, che si oppone a una sanatoria indiscriminata per non fornire uno “scudo penale” a chi fino a oggi ha sfruttato la manodopera straniera. Il punto d’incontro potrebbe essere nella regolarizzazione per sei mesi.

GLI INDENNIZZI

Tra le misure a sostegno delle imprese c’è molta attesa per gli indennizzi a fondo perduto, tanto più necessari in quanto le altre misure previste nel decreto liquidità, con i prestiti garantiti dallo Stato, stentano a decollare. I dati di ieri dell’Istat sulla produzione industriale confermano quanto ci sia bisogno di un sostegno immediato: a marzo si è avuto un crollo del 28,4% rispetto al mese precedente e del 29,3% rispetto allo stesso dell’anno precedente. Sempre ieri Confcommercio ha lanciato l’allarme: 270.000 attività sono a rischio chiusura.

Nella bozza del decreto sono previsti contributi a fondo perduto, erogati dall’Agenzia delle entrate, per le imprese fino a 5 milioni di fatturato (nel 2029), ma a patto che non abbiamo usufruito dei bonus e delle indennità da 600 euro e del reddito di ultima istanza previsti dal decreto cu Italia.


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