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Il decreto di maggio con le ulteriori misure di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese in difficoltà per la crisi economica rischia di slittare alla prossima settimana o di arrivare domenica in tarda serata. Questioni politiche e tecniche si intersecano ritardando la definizione degli interventi.
LAVORO E IMPRESE
Mentre il pacchetto su lavoratori e famiglie è a uno stadio più avanzato di elaborazione, il “pacchetto imprese” ha ancora molti nodi non sciolti. Questa l’impressione che hanno avuto anche le associazioni imprenditoriali negli incontri e nei contatti di questi giorni con il premier Conte e i ministri economici. «Buone intenzioni ma idee poco chiare» è la sintesi.
Intenzione dell’esecutivo è di presentare un unico decreto da 55 miliardi, ma qualora la definizione degli interventi per le imprese dovesse richiedere ancora tempo, allora si potrebbe pensare a uno “spacchettamento”, mandando avanti intanto le misure sul lavoro e famiglie. Oltre alla difficoltà di raggiungere un accordo nella maggioranza, per il varo delle misure per le imprese, il governo attende di conoscere l’aggiornamento del temporary framework con le nuove regole sugli aiuti di Stato in tempo di coronavirus. Ma la Commissione europea si sta prendendo più tempo e anche questo potrebbe indurre l’esecutivo a provvedere intanto alla proroga della Cassa integrazione, al bonus per gli autonomi, a quello per colf e badanti che nel”Cura Italia” non figurava, a quello per le baby sitter e i servizi per l’infanzia, al reddito di emergenza.
I MILLE DUBBI
Ormai definiti sono anche gli incentivi alle ristrutturazioni con l’ecobonus (credito di imposta) che può arrivare al 110% con lo sconto in fattura immediatamente fruibile. In pratica il contribuente non paga nulla per l’intervento e il credito (superiore del 10% al costo dell’opera) per l’impresa diventa bancabile. Ma qui nascono i dubbi. Sarà semplice ottenere dalla banca la cifra del credito? Dopo le problematiche sorte per la liquidità, le associazioni delle imprese hanno diversi timori e attendono di vedere concretamente la scrittura della norma.
Un’altra problematica espressa dalle imprese riguarda gli eventuali casi di contagio in azienda e i rischi di cause. A questo proposito il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha dato assicurazione che il contagio da Covid non espone l’azienda al rischio di risarcimento. Nel pacchetto imprese figureranno contributi a fondo perduto per le micro e piccole imprese, in proporzione al calo di fatturato registrato (potrebbero essere fino al 20%) e il rafforzamento del capitale per le medie imprese e quelle di maggiori dimensioni.
Per le realtà produttive tra 5 e 50 milioni di fatturato l’intervento dello Stato avverrebbe attraverso Invitalia, con una quota da parte dell’imprenditore e una cifra analoga pubblica aggiuntiva. Nel caso di grandi aziende sopra 50 milioni di fatturato sarebbe previsto l’ingresso di capitale pubblico attraverso Cdp che costituirebbe un fondo equity ad hoc.
Ma in queste ore sta prendendo corpo un’altra possibile soluzione che riguarderebbe la fascia di aziende tra 5 e 50 milioni. Per evitare o mitigare il rischio di “nazionalizzazione”, inviso in molti ambienti della maggioranza, tra cui Italia Viva di Matteo Renzi, il governo starebbe studiando aiuti alla liquidità attraverso sgravi fiscali. In pratica la quota pubblica verrebbe erogata attraverso la detassazione dell’aumento di capitale operato dall’imprenditore. In questo modo il bilancio beneficerebbe di maggiore liquidità senza l’ingresso dello Stato nel capitale.
RITARDI SUI PRESTITI
Continuano intanto le segnalazioni di ritardi e complicazioni nell’attuazione del decreto liquidità sui prestiti garantiti. Ci sono alcune banche che chiedono l’invio della documentazione attraverso Pec, mentre la norma dice chiaramente che basta una semplice mail. Per i prestiti fino a 25.000 euro garantiti dallo Stato al 100% le banche temporeggiano perché non sarebbero chiare tempistiche e modalità per l’escussione della garanzia.
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