Il premier Conte con il ministro Gualtieri
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Approvato il decreto liquidità, ci vorrà tempo prima che il beneficio arrivi materialmente nelle casse asciutte delle imprese italiane, in ginocchio per l’emergenza coronavirus. Sulla loro sopravvivenza pesano la burocrazia, meccanismi tortuosi che richiederanno necessariamente tempi non brevi, diversi soggetti che entrano in gioco, passaggi che si moltiplicano. Il rischio è che buona parte degli annunciati 200 miliardi di risorse che potrebbero liberarsi attraverso la garanzia statali sui prestiti rimangano sulla carta.
L’ITER TORTUOSO
Neanche la crisi del coronavirus ha indotto il governo a semplificare al massimo le procedure per consentire alle imprese, grandi e piccole, di usufruire agevolmente delle garanzie statali per accedere ai prestiti in banca. Soltanto in un caso sarà semplice accedere alla garanzia: quello che riguarda i prestiti fino a 25.000 euro. Le piccole e medie imprese avranno in automatico la garanzia al 100% dal Fondo centrale di garanzia che è stato rafforzato fino a 7 miliardi per il 2020. Il raggio d’azione del Fondo, e questa è un’altra novità, viene ampliato ricomprendendo le imprese fino a 499 dipendenti, invece di 250.
Ma per prestiti di maggiore entità la strada da seguire si presenta complicata, sia che la garanzia venga chiesta al Fondo per le pmi, sia che venga chiesta alla Sace, anzi, soprattutto per la garanzia della Sace, che copre i prestiti elevati delle grandi aziende. La società di Cdp concede garanzie tra il 70% e il 90%.
La premessa è che le garanzie sono rilasciate alle imprese che al 31 dicembre 2019 non rientravano nella categoria delle imprese in difficoltà secondo le regole europee e che al 29 febbraio 2020 non risultano esposte con crediti deteriorati.
Il decreto parla di procedura «semplificata» per il rilascio delle garanzie che coprono finanziamenti in favore di imprese con meno di 5.000 dipendenti in Italia e con valore del fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro. L’azienda interessata presenta domanda a una banca o altro soggetto finanziatore, che a sua volta valuta il merito creditizio e, se dà l’ok al finanziamento, manda la richiesta di emissione della garanzia alla Sace. Quest’ultima esamina la richiesta ed emette un codice identificativo del finanziamento e della garanzia.
I LIMITI DI GARANZIA
Per aziende con un maggior numero di dipendenti e un fatturato più elevato, il rilascio della garanzia è subordinato alla decisione assunta con decreto dal ministero dell’Economia, sentito il ministero dello Sviluppo economico, adottato sulla base dell’istruttoria trasmessa da Sace. La valutazione sul rilascio della garanzia dovrà tenere conto del ruolo dell’impresa che beneficia della garanza rispetto al contributo dello sviluppo tecnologico, all’appartenenza alla rete logistica, all’incidenza su infrastrutture strategiche, all’impatto sui livelli occupazione.
Più semplice la procedura per le pmi che accedono al fondo di garanzia, ma l’automatismo del prestito con la garanza al 100% è previsto solo per finanziamenti fino a 25.000 euro. Per prestiti fino a 800.000 euro, invece, la garanzia al 100% del fondo deve passare per la valutazione economico finanziaria (non andamentale) del periodo pre-Covid. Per finanziamenti fino a 5 milioni la garanzia del fondo è al 90%, sempre con la valutazione economico finanziaria.
SNELLIMENTO, UNA CHIMERA
Snellire le procedure, a quanto pare, non è semplice neanche quando a chiederlo è l’unanimità del Parlamento. Ieri hanno chiesto semplificazione il capogruppo dem alla Camera, Graziano Delrio, («vigileremo perché la burocrazia non sia di ostacolo»), il responsabile economia di Fi, Renato Brunetta («il rischio è che non venga erogato nulla»), il capogruppo Iv alla Camera, Maria Elena Boschi («evitare che la burocrazia blocchi la ripartenza»). Si è levata anche la voce di Confapi con il presidente Maurizio Casasco: «Abbiamo bisogno di liquidità immediatamente, anche una parte a fondo perduto – ha detto – e soprattutto accelerare i processi burocratici». Il Consiglio nazionale dei commercialisti, pur riconoscendo la mole di risorse messe in campo dal governo, esprime dubbi su «se e quando queste risorse arriveranno davvero alle aziende».
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