L'impianto Coca Cola di Marcianise
4 minuti per la letturaA Marcianise, centro del Casertano che conta oltre 39mila abitanti, quando si parla dello stabilimento Coca Cola, si sente spesso dire: «Per noi è come la Fiat di Pomigliano d’Arco». Inaugurato nel 1977, per almeno due generazioni, ha rappresentato e rappresenta un caposaldo per l’economia locale, e per quella della Campania, in generale.
Una realtà, in virtù dei redditi di lavoro generati, da cui dipenderebbero (parzialmente o totalmente) 2.100 persone; una realtà che adesso rischia di chiudere i battenti. Il perché lo hanno spiegato i vertici di Coca Cola Hbc Italia, nel corso di un incontro tenuto proprio presso la fabbrica di Marcianise.
Per la multinazionale, se non verrà ridotta la portata delle misure, «sugar e plastic tax significano 180 milioni di euro in nuove tasse. Di questi, 140 per la cosiddetta sugar tax che poi è una misura che colpisce prodotti che non hanno zucchero, che non hanno calorie, e altri 40 milioni per la plastic tax che, pure, colpisce la plastica in ogni sua forma, che sia riciclata o riciclabile». Così si è espresso Giangiacomo Pierini, direttore Affari istituzionali di Coca Cola Hbc Italia.
ACQUISTI ALL’ESTERO
Nell’immediato, quali le conseguenze per la produzione effettuata al Sud? «Prima di tutto la sospensione degli investimenti previsti per il 2020, poi l’acquisto di materie prime all’estero», infine la ripercussione più drastica, vale a dire «la chiusura degli stabilimenti ubicati nel Mezzogiorno».
Pierini ha continuato a snocciolare numeri sullo stabilimento di Marcianise: «Abbiamo investito 50 milioni di euro nel recente passato per renderlo sempre più sostenibile e moderno, ma i 10 milioni previsti per il prossimo anno sono già stati fermati». Tutto congelato, al momento, e migliaia di famiglie vedono il proprio futuro messo a repentaglio dagli effetti di due tasse. Ma a rischiare di chiudere i battenti non sarebbe sono la fabbrica del Casertano, c’è anche quella «di Oricola (provincia dell’Aquila), dove la plastica rappresenta il 100% dei contenitori». Ma restando in territorio casertano, e occupandoci dell’impatto che potrebbero avere sugar e plastic tax sull’economia e sull’occupazione, c’è da rilevare l’incontro che si è svolto in Prefettura. Seduti al tavolo, oltre ai vertici di Confindustria Caserta e dei sindacati, c’erano anche alcuni dirigenti delle aziende di produzione di bibite e di imbottigliamento di acque minerali.
L’IRA DI CONFINDUSTRIA
«Confindustria Caserta, in linea con la Confindustria nazionale, e le organizzazioni sindacali di categoria Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil, chiedono che siano assunte tutte le iniziative idonee e utili a far sì che questo provvedimento, inutile e iniquo, venga riconsiderato dal Governo ed, eventualmente, in sede parlamentare», hanno fatto sapere, attraverso una nota congiunta, sigle sindacali e l’associazione datoriale casertana. «Sui territori della provincia casertana, il settore dà lavoro a mille dipendenti in maniera diretta e a circa 2.500 per quel che concerne l’indotto. Il massimo impatto è sull’industria alimentare italiana, e viene a creare un pericoloso precedente in quanto incide, senza alcuna possibilità di intervento, sull’economia reale.
SFORZI COMPROMESSI
Tale decisione rischia di compromettere gli sforzi profusi, in termini di investimenti ed organizzativi, non solo dei grandi gruppi ma anche e soprattutto di tutte quelle piccole e medie realtà produttive locali che costituiscono il vero tessuto industriale della provincia di Caserta in un momento già particolarmente difficile e di grandi incertezze», è stato sottolineato nel corso della riunione a Palazzo di Governo. Sugli effetti della plastic tax, si è soffermato in particolare, il presidente di Confindustria Caserta, Luigi Traettino: «Il prezzo del Pet (polietilene tereftalato) è di 900 euro a tonnellata, la tassa è di 1.000 euro a tonnellata, questo comporterebbe un aumento del costo della materia prima del 110%».
Ma tornando a quello che significano per il territorio, lo stabilimento di Marcianise e la presenza in Campania della produzione di Coca Cola, è il caso di riportare dei dati che servono meglio a descrivere la situazione.
32 MILIONI DI EURO
Secondo lo studio di Sda Bocconi School of Management, l’azienda, nei dodici mesi considerati, ha distribuito in Campania, un totale di circa 32 milioni di euro di risorse. Dei 32 milioni, 18 sono andati alle famiglie; 13,8 milioni di euro alle imprese; 0,21 milioni allo Stato. Dalla ricerca è pure emerso che sono oltre 2.000 le famiglie che dipendono dai redditi di lavoro generati dalla presenza di Coca-Cola nella regione. A ciò va aggiunto che la Campania, che appunto, vede la presenza dello stabilimento di Marcianise (il più grande insediamento produttivo nel Sud Italia) è da sempre considerata centrale nelle strategie della multinazionale. A testimoniarlo anche gli investimenti effettuati nel 2019: a sostegno della fabbrica casertana quest’anno sono arrivati sette milioni e mezzo di euro di fondi, utilizzati per l’ammodernamento tecnologico.
IL NUOVO IMPIANTO
A questi vanno aggiunti i due milioni destinati «all’installazione dell’impianto di cogenerazione che ne ha migliorato ulteriormente le performance di sostenibilità ambientale», tengono a sottolineare i vertici di Coca Cola Hbc Italia. Adesso le nuove tasse rischiano di compromettere un legame di oltre quarant’anni tra la multinazionale e il territorio campano. Contro sugar e plastic tax, nelle scorse ore si è registrata anche la protesta in Piazza Montecitorio. Oltre 200 tra operai, manager, dipendenti e imprenditori (di Coca Cola, ma anche San Pellegrino, Paoletti, Tassoni, Chinotto Neri e Pepsi) hanno manifestato la loro contrarietà verso le nuove misure ipotizzate dal Governo Conte e che entrerebbero nella manovra. Secondo le stime, sull’intero territorio nazionale, i posti di lavoro a rischio sarebbero cinquemila.
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