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L’ idea è che, in assenza del costo standard, la spesa pro capite di lungo periodo potrebbe costituire una buona proxy a supporto di alcune valutazioni e forse anche al lancio di qualche provocazione.
Le informazioni disponibili da Cpt consentono di ricostruire una proxy del costo medio e dei suoi differenziali fra soggetti, aree e livelli di governo. È evidente che, trattandosi di un valore di spesa effettivamente erogata, si è lontani dal concetto costo minimo, inglobando potenzialmente tale valore le inefficienze locali o molteplici altre determinanti della variabilità (fattori strutturali, fattori istituzionali…), ma si tratta di serie talmente lunghe e con un grado di dettaglio talmente spinto da rappresentare una proxy adeguata.
Il dato principale, certo e incontrovertibile, è che la spesa pro capite nel Mezzogiorno, sia totale che in conto capitale, per i principali servizi pubblici e per tutti i livelli di governo, è storicamente più bassa che nel Centro Nord, certamente anche a causa di inefficienze locali, ma anche a causa dei minori finanziamenti, come costantemente rilevato nei Rapporti annuali Cpt e come finalmente anche il dibattito giornalistico ormai assume.
Se in attesa della definizione di Lep e costi standard si adottasse come proxy di spesa equa pro capite il costo medio (ad esempio la spesa media italiana per gli anni 2000-2017 per ciascun settore o servizio), si genererebbe probabilmente un incremento della spesa a favore del Mezzogiorno, riequilibrandola di fatto al di là di ogni ipotesi di riserva (vedi 34 per cento).
A maggior ragione, sterilizzando la politica di coesione, potrebbe generarsi un auspicabile aumento della spesa ordinaria, riportando le risorse aggiuntive al ruolo ad esse attribuito dall’articolo 119 della Costituzione.
L’esito sarebbe quello di attivare da subito in automatico un percorso redistributivo di graduale riallineamento a favore di fondamentali diritti di cittadinanza nelle regioni del Sud.
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