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All’unanimità la Commissione istruzione della Camera ha approvato la risoluzione che modifica il test d’ingresso per la facoltà di medicina. Il numero resta chiuso ma i posti a disposizione, già dal prossimo anno, aumenteranno almeno del 10%, passando dai 14mila e 500 attuali a 15mila. Novità anche sul fronte delle materie: meno cultura generale (talmente vasta da risultare la più temuta) più argomenti di natura tecnica, coerentemente con gli insegnamenti che gli studenti si troveranno ad affrontare durante i successivi sei anni.

Non solo, il ministero dell’Università metterà a disposizione dei candidati anche del materiale per agevolare la preparazione. Il tutto già dal 2022 anche se il nuovo test dovrebbe entrare compiutamente a regime nel 2023. Si amplierà, dunque, in proporzione il numero di laureati in medicina ed è quindi bene che, nel frattempo, si provveda ad accompagnare questa crescita con un sempre maggior numero di posti messi a bando nei concorsi per l’accesso alla specializzazione.

L’alternativa è trovarsi di fronte a un nuovo imbuto formativo, con migliaia di medici laureati costretti all’inferno della precarietà. Un problema che «al momento è stato risolto grazie ai fondi arrivati dal Pnrr che hanno portato a un ampliamento dei posti disponibili» ci spiega la dott.sa Maria Chiara Bernucci, specializzanda in igiene e medicina preventiva all’Umberto I di Roma.

E in effetti, nel giro di poco più di un anno, si è passati da poco più di 10mila posti a oltre 14mila a fronte di 19mila e 400 partecipanti all’ultima edizione del concorso. «Se – avverte Bernucci – questi livelli verranno mantenuti anche nei prossimi anni l’imbuto non si formerà, altrimenti ci si ritroverà nella stessa situazione. Il problema è che, ora come ora, non ci sono certezze…». Come non ve ne sono sulla stessa riforma dell’esame per la specializzazione nel quale «potrebbe rientrare anche quello per l’accesso alla medicina generale, che oggi viene bandito dalle singole regioni. Il sistema non funziona più: siamo arrivati al punto che una regione come l’Abruzzo mettesse a disposizione dei nuovi medici generici solo 29/30 posti».

Insomma, ampliare gli iscritti in medicina va bene – il sistema sanitario ne ha bisogno – a patto che questo venga accompagnato da un’idonea attività di programmazione. Quanto alle nuove materie oggetto di quiz, per Bernucci «è giusto limitare la cultura generale e valorizzare gli argomenti che saranno oggetto di studio negli anni successivi. Anche se, mi chiedo, come si possano sottoporre domande di chimica o fisica di livello universitario a un ragazzo appena uscito dal liceo. Per cui, al di là del test di ingresso, penso sarebbe più utile introdurre una scrematura successiva, sul modello di quanto avviene in altri Paesi, fissando un tot di esami da sostenere e passare ogni anno se non si vuole venire escluso dal corso di laurea». 


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