“La morte di Socrate” di Jacques-Louis David, 1787
4 minuti per la letturaIL FATTO dal quale bisogna partire é la convinzione che le politiche per il Mezzogiorno sono state un fallimento, negli ultimi decenni. La responsabilità di tale andamento va certamente attribuita a molteplici fattori. Le risorse non sono state certamente sufficienti, considerata l’enorme realtà che dovevano contribuire a modificare. Lo stato delle ferrovie, delle autostrade, delle utilities acqua, luce, sono tali da non ingenerare dubbi sulla limitatezza degli interventi.
Certamente un altro fattore si può individuare nella non utilizzazione in tempi opportuni delle risorse che sono state destinate. L’azione della classe dominante estrattiva meridionale, spesso prona agli interessi del Governo centrale, dal quale riceveva mancette per i propri protetti, non ha certamente aiutato ad imporre un nuovo modello di sviluppo.
Ovviamente le scelte operate dalla gente meridionale dei propri rappresentanti, privilegiando l’appartenenza piuttosto che il merito, hanno contribuito ad un degrado complessivo, del quale non si riesce a vedere il bandolo della matassa. In tutto questo il ruolo che dovevano interpretare le università meridionali non è stato probabilmente adeguatamente coperto.
Troppa attenzione a guardarsi l’ombelico, ad accaparrarsi fondi e posti di ruolo per i propri allievi, troppa poca attenzione alle problematiche del territorio, per cui il risultato è stato quello di non avere voce adeguata per indirizzare le politiche sul Sud. Si sono levate invece le voci di alcuni maitre a penser che hanno dominato il dibattito sull’impostazione delle politiche da adottare. Proprio quelle politiche che si sono dimostrate fallimentari per una convergenza di problematiche che non hanno consentito mai il funzionamento di nessuna di essa.
Stranisce pertanto che malgrado un fallimento annunciato ed assodato in realtà spesso sono le stesse voci che continuano a dare indirizzi e ricette, sempre nuove e sempre antiche, per risolvere una questione che invece rimane in tutta la sua dimensione di problema. Ricette che spesso non si confrontano in alcun modo con i numeri che riguardano il Sud. Pochissimi ad individuare nell’esigenza della creazione di oltre 3 milioni di posti di lavoro la dimensione di un problema nazionale.
Pochissimi, aldilà di accuse generiche a carenze di classe dirigente, a mancanza di capitale umano e sociale, ad individuare le branche e i settori che dovrebbero aiutare a dare quel contributo fondamentale a che la soluzione del problema del Mezzogiorno non venga dallo spopolamento del territorio. Per cui vi è un generico riferimento all’esigenza di aumentare le presenze turistiche di un territorio, che con i beni culturali esistenti potrebbe competere con moltissime aree del mondo, senza mai dare una soluzione operativa perché tutto questo avvenga.
Mentre proposte articolate vengono totalmente ignorate, come per esempio quella delle Zes turistiche. C’è spesso in molti intellettuali un generico progetto di crescita culturale complessiva del territorio, che non si capisce bene in quanti anni dovrebbe dare il risultato, senza fare i conti con i 100.000 ragazzi/uomini e donne formati che ogni anno sono costretti ad utilizzare un volo low cost per trasferirsi in altre parti del Paese. E l’attenzione per esempio alle Zes manifatturiere, che dovrebbero essere le chiavi di volta per affrontare quella mancanza di lavoro, che costringe moltissimi a ricorrere al reddito cittadinanza, è assolutamente insufficiente senza peraltro che ve ne sia per altri strumenti che dovrebbero sostituirsi ad esse.
Sembra da parte di molti che piuttosto che avere il problema di individuare soluzioni e percorsi vi sia quello di monopolizzare il dibattito con lo scopo di esserne i protagonisti. In una visione di territorio e di pascoli esclusivi nei quali vi sia il diritto di brucare solo per alcuni. Così come sulle politiche adottate fino ad ora bisognerà fare un’ampia autocritica per capire quali sono le motivazioni di fondo perché non hanno funzionato, la stessa cosa dovrebbero fare i protagonisti che ne hanno ispirato le filosofie piuttosto che proporsi ritenendosi buoni per tutte le stagioni.
Il Mezzogiorno certamente presenta tanti problemi, ma uno di questi che non va sottovalutato e di aver delegato la rappresentanza del suo pensiero ad associazioni, a ricercatori che scevri dal confrontarsi e dal mettersi in discussione, con collegamenti privilegiati con alcuni partiti, si sono arrogati il diritto di essere gli unici rappresentanti culturali di una certa realtà.
È successo con la rappresentanza politica, succede con la sua rappresentanza culturale. Forse si fa sempre più presente l’esigenza di un pensiero eretico che buttando a mare le vecchie ricette, mettendo in discussione i vecchi collegamenti, riesca finalmente a confrontarsi e ad affermare sia a livello governativo che a livello dell’opinione pubblica nazionale, dati e dimensioni, percorsi e progetti, con una visione complessiva, certamente che guardi al Mediterraneo ed alla logistica e che faccia i conti con tempi obiettivi e risultati.
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