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Non c’è dubbio che tutto dipenderà dall’andamento dei contagi – il Comitato tecnico scientifico si riunirà ancora il prossimo 29 agosto per verificare l’indice Rt regione per regione e valutare la possibilità di riaperture diversificate – ma a restare indietro su aule, banchi e docenti sarà ancora una volta il Sud. Lo si capisce dall’incontro di ieri tra il Cts e la ministra Azzolina e dalle criticità emerse che, se mettono a rischio tutto il Paese, condannano ancora una volta il meridione a restare molto indietro. I banchi arriveranno con ogni probabilità solo successivamente rispetto al Nord e gli spazi non sono sufficienti a garantire la sicurezza. Ragion per cui, contrariamente a quanto annunciato nelle scorse settimane dalla ministra, la mascherina dovrà essere indossata dai 6 anni in su anche al banco e abbassata solo per l’interrogazione, a mensa, durante le ore di educazione fisica o nei casi particolari di un alunno non udente o con disagi neurologici o psichici.

IL PROTOCOLLO

A conti fatti – 40.000 classi senza ambienti adeguati e oltre 1 milione di alunni “di troppo” – la mascherina diventa indispensabile per tutti, dalle elementari alle superiori, durante tutte le ore di lezione. Riguardo il protocollo da attuare in caso di un ammalato Covid nell’istituto scolastico, si deciderà volta per volta, valutando con le autorità sanitarie locali e secondo le linee guida dell’Istituto superiore di sanità se mettere in quarantena una classe o l’intera scuola. Come anticipato, sul tavolo della Azzolina – riunitasi insieme al Commissario Arcuri e a esponenti di Anci, Upi, Uffici scolastici regionali e sindacati – anche la distribuzione tra le diverse regioni dei nuovi banchi monoposto, che dovrebbero contribuire ad assicurare il distanziamento, ma che per tempi e criteri di consegna penalizzerebbero il Sud. Uno scenario insomma che, nonostante i 3 miliardi stanziati per la scuola, lascia regioni come Puglia, Calabria e Campania non solo alle prese con una scuola di serie B, ma anche con il rischio di nuove chiusure.

BANCHI MONOPOSTO, PRIMA IL NORD

La distribuzione dei primi banchi monoposto – 2 milioni e 8mila nuovi pezzi e 800mila sedute innovative, realizzati da 11 aziende in gran parte italiane – agli istituti che ne hanno fatto richiesta nelle varie regioni comincerà l’8 settembre e dovrà essere completata entro la fine di ottobre, pena sanzioni per le imprese vincitrici del bando che dovessero sforare con i tempi. Il criterio per l’assegnazione riguarderà però il margine di rischio di contagio: più è alto e prima saranno forniti i banchi monoposto. Quindi, si inizierà molto verosimilmente dal Nord. Elemento non così marginale, visto che, in mancanza già dal 14 settembre dei nuovi arredi, quelli in grado di assicurare il metro di distanza, «si dovrà ricorrere necessariamente – secondo il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli – alla didattica a distanza». Ipotesi, quest’ultima, che durante i mesi di lockdown ha lasciato indietro soprattutto il Sud, sia tra gli studenti normodotati che disabili, a causa delle gravi carenze di risorse e infrastrutturali preesistenti. Oltre che per l’insufficienza assoluta di insegnanti di sostegno per ogni ragazzo con disabilità. Solo in Campania, per esempio, gli alunni con disabilità sono oltre 27mila, e poco più di 15mila insegnanti di sostegno in tutta la regione.

MASCHERINE E “CLASSI POLLAIO”

L’uso obbligatorio della mascherina anche al banco è un’eventualità che, oltre ad aver fatto già arrabbiare i presidi di tutta Italia, si profilerebbe come unica soluzione soprattutto al Sud, dove si trova il maggior numero di “classi pollaio”. Quel sovraffollamento che al Sud impedisce da anni l’effettiva realizzazione del diritto allo studio e la possibilità di contare su ambienti di lavoro adeguati, nella gestione dell’emergenza da Covid 19 preoccupa ulteriormente studenti, docenti, personale scolastico e famiglie. Il Ministero stesso certifica che un insegnante del Sud segue 10 studenti in più rispetto a un suo collega del Nord e rileva pesanti differenze anche per il personale non docente. Sul fronte Ata, infatti – tutti coloro chiamati a svolgere sia l’igienizzazione quotidiana che la sanificazione in presenza di casi conclamati – le diseguaglianze riguardo il numero degli addetti sono altrettanto pesanti: al Sud a ogni dipendente corrispondono 57 studenti, al Nord 41. Un tema molto complesso riguarderà anche i “lavoratori fragili”, quei docenti, cioè, per i quali lo stato di salute renderebbe troppo rischioso il ritorno in classe. Un ulteriore danno soprattutto per il Mezzogiorno, dove sarà proprio l’impossibilità di un distanziamento sufficiente a penalizzare ancora di più la categoria.

DOCENTI E SCREENING

In attesa dello screening sul personale (due milioni i test sierologici già consegnati alle Regioni), previsto per il 24 agosto, resta il nodo delle immissioni in ruolo per la copertura di 85mila cattedre vuote. Un’occasione per sperare nell’assunzione a tempo indeterminato, ma a patto di essere pronti a cambiare regione. L’ennesima emigrazione verso il Nord, con il mancato rientro nella propria regione per i residenti del Sud, già costretti da anni alla lontananza da casa e famiglia e ad aggravi di spesa. Condizione legata – come ha fatto notare la ministra a un’insegnante campana costretta a insegnare nel Nord Italia – ai numeri della dispersione scolastica: i soldi pubblici servono per pagare in misura maggiore gli stipendi dei docenti del Nord, perché è lì che il numero di studenti è più alto. Nel Sud servono meno insegnanti, perché in queste regioni l’abbandono in età scolare è doppio. Peccato che la dispersione scolastica sia la malattia, non la cura, e che su una malattia tanto grave quanto ignorata si basino le immissioni in ruolo del prossimo anno scolastico (oltre 19.000 in Lombardia, quasi 9.000 in Veneto e Piemonte, ma 4.500 in Campania e poco più di 1500 in Calabria). Come se non bastasse, la disparità di inquadramento dei docenti: sul totale nazionale, il 39% di quelli a tempo indeterminato è al Nord, mentre il Sud, con il 28,6%, registra molti più precari.


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