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Il Governo ha detto che non avrebbe lasciato indietro nessuno. Secondo l’Assonidi, l’Associazione Nazionale di categoria aderente a Confcommercio dei gestori di nidi, dall’inizio del lockdown, nidi e scuole dell’infanzia privati, una realtà che copre la fascia d’età 0-6 anni con circa 13 mila imprese, sono stati la Cenerentola dei provvedimenti Cura Italia e Rilancio Italia.

Così, in un sistema dove i nidi privati sono il 48% delle strutture sul territorio, oltre un gestore su tre rischia di chiudere. «È un imperdonabile errore di approccio culturale: nidi e scuole sono il primo passo verso la crescita educativa del bambino, hanno pari dignità con le scuole di grado superiore, sono servizi pubblici essenziali. Negli altri paesi, come Danimarca, Francia, Germania, Austria e Svizzera lo sanno bene. Infatti, hanno riaperto appena è stato possibile».

Federica Ortalli, presidente di Assonidi, l’associazione che rappresenta i gestori privati, che soltanto in Lombardia coprono il 72% dei posti per i bambini da 0 a 3 anni, ed è molto attiva nel supportare anche regioni come l’Emilia, il Lazio e al Sud, la Calabria, non lascia spazio a equivoci. Si rischia la chiusura del 40% delle strutture, avverte, con un danno sociale enorme su tre fronti: in termini di crescita pedagogica dei piccoli secondo le tappe dell’età; di perdita dell’occupazione delle educatrici; di perdita della possibilità per i genitori – madri soprattutto – di lavorare, anche da casa in smart-working, con bimbi piccoli da accudire continuamente.

«L’Italia nel mondo è un riferimento per la tradizione educativa pedagogica. Se oggi avessimo una vaga idea di quali protocolli attuare – afferma – e quando poter riaprire i nidi e le scuole dell’infanzia, potremmo anche vedere la luce in fondo al tunnel. Invece, ci parlano di organizzare i centri estivi e i servizi integrativi per l’infanzia, che sono servizi sperimentali, ben diversi da ciò che abbiamo lasciato a febbraio».

Mentre il Governo, “emana decreti senza parlare con la parte tecnica che gestisce i nidi ogni giorno, quando avrebbe dovuto metterci in sicurezza fin dal primo giorno, il 24 febbraio, a sue spese”, le preoccupazioni di una crisi senza precedenti nel settore crescono. Le lettere inviate nei giorni scorsi ai Ministri dell’Istruzione, della Famiglia e dell’Economia, oltre che al Comitato Tecnico Scientifico, lo testimoniano. I numeri danno la portata del problema.

In Italia, secondo i dati Istat 2019, nella fascia d’età 0-3 anni sono attivi 5mila 500 nidi privati, circa la metà del totale, con 21 mila educatrici per oltre 100 mila bambini. Solo un bambino su quattro riesce ad accedervi, poiché coprono appena il 24% del potenziale bacino di utenza, con grosse discrepanze tra nord e sud. E delle 23mila66 scuole materne censite dall’Istat, che accolgono complessivamente oltre un milione 500 mila bambini, quelle private sono quasi un terzo, 7mila588.

«Alcuni comuni possono fare affidamento soltanto sugli asili convenzionati», sottolinea la presidente di Assonidi. L’impatto occupazionale è importante. «In media un asilo nido accoglie 18 bambini e almeno tre educatrici, che possono arrivare anche a quattro o cinque. Sono giovani qualificate, che hanno compiuto studi specifici universitari, si sono laureate e hanno fatto i tirocini curriculari. Molte rischiano di perdere il posto di lavoro. I gestori non hanno potuto chiedere le rette alle famiglie, non potendo erogare servizi a distanza e tanti fra loro, oggi, sono in difficoltà». Se quindi, urgono interventi economici, c’è da chiedersi «con quale sicurezza di protocolli sanitari il governo abbia previsto ingenti risorse nel Cura Italia, rinnovandole nel Decreto Rilancio, per il bonus baby sitter alle famiglie, che va da 600 a 1200 euro».

L’uso del bonus anche per i centri estivi e i servizi integrativi per l’infanzia «tranquillizza le famiglie, ma non è una soluzione. Qui si tratta di riaprire nidi e materne con gli stessi rapporti numerici, nel pieno della normativa di sicurezza, magari ad agosto, senza aperture improvvisate, che poi costringerebbero le imprese a chiudere».

Soltanto con un protocollo «realisticamente attuabile, che tenga conto della sicurezza degli educatori e dei bambini, un urgente sostegno economico, più garanzie dal Ministero della Salute, sarà possibile riaprire», conclude Ortalli. Che agli esperti chiede di definire la qualità educativa con cui ripartire. “I bambini, dalla sera alla mattina, sono stati allontanati dalla propria vita quotidiana in asilo, con una rottura improvvisa e senza alcun «rito di chiusura. E in questi mesi a casa molte regole sono saltate».


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