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AUMENTANO i divari tra Nord e Sud in quasi tutti i settori, dalla scuola alla salute: è la fotografia scattata dall’Istat nella decima edizione del rapporto sul “Benessere equo e sostenibile (Bes)”. L’analisi prende in considerazione 152 indicatori suddivisi in 12 macroaree: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi.

LE CIFRE DEI DIVARI

Da una sintetica classificazione regionale degli indicatori emerge un evidente gradiente Nord-Sud: infatti, per il Nord-Est il 60,5% degli indicatori ricade nei livelli di benessere medio-alto e alto e soltanto il 10,1% nei livelli di benessere basso e medio-basso. Per il Sud e le Isole, invece, la maggior parte degli indicatori si trova nei livelli basso o medio-basso (62% per il Sud e 58,1% per le Isole) e solo una minoranza (19,4% per entrambe le ripartizioni) nei due livelli più virtuosi. Sui 131 indicatori Bes analizzabili a livello regionale, 27 presentano una diseguaglianza relativa regionale piuttosto elevata, a indicare una maggiore distanza tra le regioni, in particolare nelle macroaree “Ambiente”, “Paesaggio e patrimonio culturale”, “Benessere economico” e “Sicurezza”.

L’analisi dell’evoluzione delle differenze regionali mostra come, nel lungo periodo, 51 indicatori migliorino a livello nazionale e contemporaneamente le diseguaglianze regionali si riducano, mentre 32 migliorano ma le disparità regionali aumentano. Dei 42 indicatori che peggiorano a livello nazionale, la metà aumenta i divari tra Nord e Sud. Per fare un esempio, nella macroarea “Salute” si consolidano le diseguaglianze territoriali che vedono la Campania con la più bassa speranza di vita alla nascita (80,9 anni), quasi tre anni in meno rispetto a Trento (84 anni). Ma analogo discorso si può fare per la macroarea “Istruzione”: nel triennio 2020-2022, il 29,5% dei bambini tra 0 e 2 anni frequenta i servizi per l’infanzia (1,5 punti percentuali in più rispetto al 2019-2021), eppure, nonostante i progressi, l’inclusione continua a essere più elevata nelle regioni del Nord-Est (35,2% dei bambini di 0-2 anni iscritti agli asili nido) e del Centro (32,2%), scende invece al 20,7% al Sud.

Il Mezzogiorno continua a perdere anche giovani, che si trasferiscono al Nord o nel resto di Europa: nel 2021, il saldo dei giovani laureati è positivo per il Centro e il Nord (+8,7 per mille; +3,4), perché le perdite verso l’estero sono compensate dai trasferimenti dal Mezzogiorno, area che nel 2021 registra una perdita netta di oltre 20mila giovani laureati (18mila migrati al Centro-Nord). Persino per il bene “acqua” ci sono diseguaglianze. Nel 2022 le famiglie che dichiarano irregolarità sul servizio idrico sono il 9,7%, un dato pressoché stabile nell’ultimo triennio, ma permangono forti differenze territoriali: si va infatti dal 3,4% del Nord al 7% del Centro, per arrivare al 18,6% del Sud e al 26,7% delle Isole.

TREND INVERTITI

«Da sempre – scrive l’Istat – le situazioni più critiche sono registrate dalle famiglie della Calabria (45,1%) e della Sicilia (32,6%), dove c’è un serio problema infrastrutturale della rete idrica, che causa una costante scarsa qualità dell’offerta del servizio». La pandemia Covid, poi, ha modificato «in misura significativa» il modo in cui le famiglie percepiscono la propria condizione economica, tanto da invertire il trend positivo che era stato registrato negli anni precedenti per alcuni indicatori. «La quota di coloro che dichiarano di aver visto peggiorare la propria situazione economica – si legge – rispetto all’anno precedente, pari al 25,8% nel 2019, cresce nei due anni di pandemia e continua ad aumentare nel 2022, fino ad arrivare al 35,1%, livello mai raggiunto in precedenza».

Un’incertezza sul futuro che i provvedimenti del governo sono riusciti in qualche modo a tenere in equilibrio visto che «l’indice di disuguaglianza del reddito netto nel 2022 aumenta lievemente rispetto all’anno precedente (5,8 contro 5,7 del 2019)». Un indice che, in assenza dei provvedimenti di supporto alla crisi, sarebbe schizzato al 6,9, sottolinea ancora il Bes. Nonostante nel primo anno della pandemia il reddito delle famiglie sia tornato a ridursi rispetto all’anno precedente sia in termini nominali (-0,9%) sia in termini reali (-0,8%), il rischio di povertà – annota ancora il Bes – pari al 20,1%, rimane nel 2020 sostanzialmente stabile rispetto al 2019. Così come resta stabile anche l’indicatore di sovraccarico del costo dell’abitazione, che rappresenta un peso difficilmente sostenibile per il 7,2% della popolazione. Complessivamente, migliora oltre la metà dei 152 indicatori di benessere individuati dal Bes, ma un terzo si trova a un livello peggiore rispetto al 2019. Se per i settori sicurezza, qualità dei servizi, politica e istituzioni, innovazione e ricerca i progressi sono in aumento, lo stesso non può dirsi per i capitoli relativi al benessere economico. Il lavoro infatti, ma anche l’istruzione e la conciliazione dei tempi di vita, segnano pesantemente il passo in Italia e mostrano una situazione critica soprattutto nel confronto con la media dei paesi Ue a 27.

A “pesare” non è solo la quota di giovani di 15-29 anni che si trovano al di fuori del contesto di istruzione e non sono occupati ( i cosiddetti Neet, che in Italia raggiungono il 19% rispetto all’11,7% della media Ue27) e la quota di persone di 30-34 anni che hanno completato un’istruzione terziaria pari al 27,4% in Italia contro il 42,8% della media Ue27, ma anche il tasso di occupazione italiano nel 2022, di 10 punti percentuali più basso rispetto alla media europea (74,7%), con una distanza particolarmente accentuata tra le donne (55% in Italia rispetto al 69,4% della media Ue27).

FITTO: VALORIZZARE IL SUD

Uno “svantaggio” che si ripercuote in una valutazione critica di alcuni indicatori che compongono la voce “benessere economico” e che parlano di un “rischio povertà”, della grande difficoltà ad arrivare a fine mese o, come al 2020, la disuguaglianza del reddito netto. E la valutazione sul miglioramento o meno degli indicatori di benessere continua a fotografare un’Italia spaccata in due. Emerge infatti, si legge nel report, «un evidente gradiente Nord-Sud». «Dobbiamo mettere in campo elementi che possono sviluppare le grandi opportunità del Mezzogiorno in Italia, non solo nell’obbligatorio miglioramento anche in base al richiamo costituzionale del riequilibrio territoriale, ma soprattutto per cogliere delle opportunità, perché oggi le crisi generano opportunità», ha dichiarato il ministro per gli Affari europei e per le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, intervenendo alla presentazione del rapporto Bes dell’Istat. «In base alla situazione geopolitica, l’Italia è centrale nel Mediterraneo, che è pieno di problemi, a partire dal fronte migratorio ma anche pieno di opportunità – dice il ministro Fitto – Non è un caso che la premier Meloni abbia scelto alcuni Paesi dell’Africa molto rilevanti nelle sue prime viste istituzionali». «Affrontare in modo complessivo e coerente il tema dalla disparità nel nostro Paese – ha aggiunto – ci può consentire di affrontare in modo più efficace anche le altre disparità e le altre differenze su cui si concentra il rapporto dal punto di vista non solamente degli obiettivi della qualità della vita, ma anche dei servizi essenziali, dalla sanità al lavoro all’istruzione».


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