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Gli hacker che hanno attaccato la Regione Lazio anziché essere come si poteva pensare in un primo momento dei sabotatori piu o meno solidali con i no vax, sono molto più probabilmente agenti di spionaggio e di sabotaggio internazionale legati a potenze straniere. Sembra un’enormità, detta così e in fondo lo è. Ma l’enormità sta nel fatto che l’ipotesi è assolutamente realistica. Quale potrebbe essere la potenza straniera interessata a sabotare la sanità della Regione Lazio e a far saltare gli appuntamenti per le vaccinazioni e anche le normali visite di controllo?

Per poter rispondere questa domanda dovremmo immaginarci su una macchina del tempo che ci consentisse di guardare il pianeta terra così com’è abitato oggi nell’agosto 2021 ma con occhi diversi probabilmente provenienti dal futuro. Cosa scopriremmo? Scopriremmo che l’intero mondo e sull’orlo di non una ma almeno cinque possibili scenari di guerra in Estremo oriente, Medio Oriente, Mediterraneo, Ucraina, Bielorussia e persino Polonia ciascuna delle quali potrebbe scoppiare così come potrebbe essere dimenticata. Secondo il grande storico greco Tucidide, le guerre scoppiano quando tutti ne parlano e dicono che sta per scoppiare una guerra. Questo sarebbe secondo l’antico filosofo della storia il trigger ovvero l’innesco delle guerre reali: tutti hanno paura, tutti si armano, tutti vedono nemici, tutti sono pronti alla zuffa e alla rappresaglia di quale le guerre scoppiano.

Ma quale guerra sta per scoppiare oggi? Naturalmente non abbiamo la più pallida idea, se davvero gli hacker hanno attaccato la Regione Lazio seguitano ad attaccarla sono o non sono agenti di guerra: per ora si sa che non ci sono comportati come gli hacker che si impossessano di documenti sensibili e poi si fanno pagare il riscatto attraverso bitcoins ed altre monete virtuali. Per ora quelli che hanno attaccato la sanità laziale non hanno chiesto nulla e seguitano ad agire. Non si sono impossessati dei dati sensibili riguardante la sanità, la situazione sanitaria delle personalità che vivono nel Lazio, compreso il presidente della Repubblica, il presidente del consiglio, ministri e grandi e funzionali dello Stato civili e militari. Per ora non risulta. I nostri servizi segreti sono partiti all’attacco un po’ alla cieca e il Parlamento si accinge a votare per l’istituzione di una specifica branca del controspionaggio che si occupi soltanto degli attacchi cyber. Ma inutile negare che si sta brancolando nel buio. Siamo attaccati, non sappiamo da chi ma peggio ancora non sappiamo perché. Chi potrebbe essere? Guardiamo un mappamondo qual è la zona più calda?

Certamente il mare del Sud della Cina dove la Repubblica popolare cinese dichiara sempre più fermamente la sua intenzione di impossessarsi dell’isola di Taiwan che formalmente fa parte della Cina continentale ma politicamente non lo è fin dagli anni ‘30 quando fu occupata dai giapponesi. Quell’isola è oggi uno dei più grandi produttori di microchip per i telefoni cellulari e per tutti gli armamenti del mondo, è un una spina nel fianco nella Repubblica popolare cinese perché ha instaurato un regime ultrademocratico pacifista e leggermente libertario, così da trarre consensi da ogni parte del mondo mentre la Cina accumula i mezzi necessari per un attacco anfibio che per poter riuscire dovrebbe costituire una mazzata militare di proporzioni sconosciuta delle guerre precedenti. Nel frattempo, il Giappone si è proclamato protettore dell’isola di Taiwan ha dichiarato per bocca del suo governo che considererà un atto di guerra qualsiasi attacco alla antica colonia di Formosa. L’Indonesia sul piede di guerra, il Vietnam comunista è un fermo alleato degli americani contro la Cina, Le Filippine sono ai ferri corti con Pechino e l’Australia sta riesaminando tutte le sue difese contraeree. Direte voi: ma che c’entra tutto questo con l’hackeraggio alla Regione Lazio?

Non lo sappiamo e bareremmo se dicessimo di saperlo. Ma sta di fatto che stanno accadendo nel mondo cose molto gravi molto minacciose di cui non troviamo molte tracce sui nostri giornali e telegiornali, sicché di fatto non ne sappiamo quasi nulla. Ma sono queste le situazioni che potrebbero farci trovare da un giorno all’altro coinvolti in una guerra mondiale combattuta con sistemi del tutto ignoti alle nostre capacità cognitive e alla memoria, di cui l’arma cibernetica che consiste nel disarticolare un intero stato sabotando i suoi computer.

Gli hacker di Stato, ben più potenti di quelli anarchici, hanno la possibilità di non far atterrare gli aerei, non far partire i treni, bloccare gli ospedali, bloccare gli stipendi, le banche, i bancomat e le carte di credito, bloccare le stazioni di servizio, le metropolitane gli ascensori con le persone dentro, ed ogni cosa che elettrica od elettronica. Un bombardamento cibernetico ha una potenza di fuoco infinitamente superiore a quella di un bombardamento fatto con l’uso degli esplosivi e anche delle piccole armi nucleari.

Un eventuale caos inflitto con armi cibernetiche porterebbe automaticamente a centinaia di migliaia di morti e forse a milioni, per l’impossibilità raggiungere persone in pericolo, curare i feriti, semplicemente andare nei luoghi. E di questo che si tratta? Ripeto lo possiamo soltanto sospettare e di fatto è sospettabile. Che cosa vediamo? Alcune novità: la prima è che la Federazione russa di Vladimir Putin ha stretto un nuovo accordo militare con la Cina popolare e in questo momento mentre leggete si stanno svolgendo numerose esercitazioni militari, sia navali che terrestri ed aeree; Naturalmente, cibernetiche. I russi sono formidabili in questo tipo di attacchi. Ma i cinesi non gli sono da meno.

Non sono i Paesi che hanno creato internet, ma sono quelli che lo sanno sabotare in maniera più efficiente e con maggior competenza e determinazione. C’è poi la situazione della Bielorussia, per la quale Putin si dice pronto alla guerra pur di non perdere il buffer state, lo stato cuscinetto che se parla Russia dell’Europa occidentale, per non dire dell’Ucraina che chiede a gran voce di entrare formalmente nella Nato altro evento che il Cremlino considererebbe un casus belli.

L’attuale amministrazione di Washington è molto più spericolata della precedente repubblicana del detestato Donald Trump e anche molto più imprudente. Le iniziative americane contro la Cina sono notevoli e quelle contro la Russia sono ancora più aggressive. Recentemente il presidente degli Stati Uniti ha chiamato il presidente della Federazione russa un killer. Non era mai accaduta una cosa del genere nella storia delle relazioni diplomatiche. Ma non è successo nulla. Putin, intervistato in televisione, disse che aveva trovato la cosa piuttosto divertente dal momento che la parola killer in russo è molto popolare perché è tratta dal linguaggio di Hollywood e quindi se qualcuno dà del killer a qualcun altro in genere lo fa per scherzare come se avesse una Colt 45 e un cappello texano in testa. La realtà non c’è nulla da scherzare. Le sanzioni applicate alla Russia hanno provocato una crisi economica gigantesca in quel paese, in cui non si produce di fatto null’altro che energia da vendere a prezzi di mercato, i quali variano secondo la situazione del Medio Oriente per cui da oltre settanta anni il prezzo del petrolio sale o scende avvantaggio o a svantaggio della Russia secondo lo stato politico militare del Medio Oriente.

Oggi la situazione del Medio Oriente è molto compromessa. La situazione del Mediterraneo è estremamente conflittuale perché il turco Erdogan e decisissimo a prelevare petrolio dalle acque dell’egeo greco e a mantenere la sua presenza in Libia insieme ai russi. L’Iran è fortemente scosso dalle sue dimostrazioni interne e dunque il governo di Teheran e incline a rifugiarsi nel dramma della politica estera per contenere la crisi interna ciò che significa che la le possibilità di una guerra aumentano anziché decrescere. Possono essere questi i retroscena degli attacchi al Lazio? Vorremmo poter assicurare che no, sono tutte sciocchezze, ma invece possiamo e anzi dobbiamo dire che è perfettamente possibile, anzi probabile.


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Fabio Grandinetti

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